Guido Bertolaso (foto LaPresse)

GranMilano

La guerra (tutta politica) di Fratelli d'Italia a Bertolaso e i guai irrisolti. Caso privati

Daniele Bonecchi

Il motivo di facciata della lite tra La Russa e Bertolaso sarebbe stavolta il protocollo della Regione con i Carabinieri dei Nas per controllare le liste e i tempi di attesa per esami e visite mediche, voluto dall’assessore al Welfare

Caccia grossa al Pirellone. E’ la premiata ditta La Russa (il fratello Romano) a puntare “la volpe” Guido Bertolaso. I motivi sono arcinoti: i 23 miliardi del bilancio della Sanità che fanno gola, la pioggia di nomine sulla quale Bertolaso non ha usato il bilancino dei partiti ma il suo approccio professionale. E poi il carattere: l’assessore al Welfare non è uno che le mandi a dire e gli scontri in giunta con gli assessori di Fratelli d’Italia, che criticano praticamente tutto ciò che riguarda la Sanità, sono settimanali.

 

Un paio di giorni fa sono volati gli stracci e solo la pazienza di Attilio Fontana ha evitato le dimissioni di Bertolaso che, interrogato ieri durante il convegno “Il Tour della Salute 2025”, ha commentato: “Dimissioni? Non ne so nulla”. C’è chi spiega che Fontana starebbe pensando a un sostituto, ma il sospetto è che si tratti di un tentativo dei “cacciatori”. Fontana ha sempre rinnovato la fiducia a Bertolaso, perché dovrebbe cedere ora? Il motivo di facciata della lite tra La Russa e Bertolaso sarebbe stavolta il protocollo della Regione con i Carabinieri dei Nas per controllare le liste e i tempi di attesa per esami e visite mediche, voluto dall’assessore al Welfare.

    

La Sanità lombarda intanto resta un gigante dai piedi d’argilla. Esprime grandi potenzialità sul versante della ricerca, mettendo a segno risultati importanti. Niguarda è uno dei migliori ospedali al mondo, secondo la classifica World’s Best Hospitals, di Newsweek su 2.400 ospedali di 30 paesi. Un riconoscimento di grande valore per l’ospedale pubblico, che sale al primo posto in assoluto nella classifica italiana. Non è da meno il Gruppo ospedaliero San Donato (che comprende il San Raffaele), apprezzato anche a livello internazionale per la sua attività clinica, didattica e di ricerca. E’ il primo gruppo ospedaliero privato in Italia e tra i primi in Europa. Ma benché non manchino i punti di forza la Sanità regionale non riesce a dare le risposte che i cittadini vorrebbero, anche se 180 mila pazienti arrivano ogni anno negli ospedali lombardi dal resto del paese, dimostrando che le strutture sono le migliori. Ma non basta. Le giornate di Bertolaso sono lunghe e viaggiano sulle montagne russe: carenza di personale, ruolo e deficit dei medici di famiglia (ne mancano 1.500), liste d’attesa, poche risorse, case e ospedali di comunità da realizzare.

   

Ogni giorno un guaio da risolvere in fretta. E ora si aprono nuovi fronti: con le strutture private convenzionate e col mondo universitario. Nei giorni scorsi Aiop (Associazioni italiana ospedalità privata) Lombardia, con le altre associazioni di categoria (Aris, Confindustria Sanità e Anisap), ha scritto al governatore Fontana per lamentare la gestione dei finanziamenti, la mancanza di trasparenza e il presunto favoritismo verso alcune strutture, facendo capire che, senza un’intesa, potrebbero interrompere l’offerta di visite ed esami. In ballo infatti c’è la convenzione con la Regione che dovrebbe essere rinnovata ad horas. Le strutture private – ma l’impressione è che a protestare siano le più piccole – lamentano difficoltà “nell’interlocuzione programmatoria e negoziale” con la Regione. La minaccia è di non rinnovare i contratti con il Servizio sanitario regionale che scadono oggi, interrompendo l’offerta in convenzione. “Domani (oggi per chi legge) abbiamo convocato tutti i responsabili della sanità privata convenzionata – taglia corto Bertolaso – e ragioneremo insieme a loro. E’ buffo però che la sinistra ci accusi di essere succubi dei privati e poi la sanità privata scrive protestando e dicendo che non li tuteliamo. Qualcuno deve  mettersi d’accordo”. L’altro nodo da sciogliere riguarda le università. Giorni fa la direzione Welfare ha informato gli atenei che dal 14 aprile “non verranno autorizzate nuove convenzioni per l’affidamento di funzione assistenziale a personale universitario in attesa della ridefinizione del protocollo d’intesa tra Regione Lombardia e le università lombarde, sedi delle facoltà di Medicina e chirurgia”. In soldoni: tocca anche a Palazzo Lombardia e non solo agli atenei decidere quando i professori universitari debbano dirigere i reparti ospedalieri. Fino a ieri spettava alle università, in accordo con i direttori generali, scegliere nomi e ruoli. Un accordo del 2022. La rettrice dell’università Statale (che fa la parte del leone sul versante sanità) Marina Brambilla getta acqua sul fuoco: “La collaborazione è solida e impostata nel solco della trasparenza e dei comuni interessi. Il mondo sanitario potrà trarre beneficio da questa collaborazione, auspico si arrivi al protocollo d’intesa tra atenei e Regione, dopo aver definito il perimetro delle singole competenze”.

Di più su questi argomenti: