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GranMilano
Ma dove stanno i riformisti a Milano? Solo la sinistra anti Sala ha delle idee
Gli unici con un’idea precisa, condivisibile o meno, sono i Monguzzi e i Fedrighini. Tutti gli altri rincorrono. Il centrodestra è fermo sulla sicurezza, il Pd prigioniero del proprio passato. E mentre le scelte vere devono ancora arrivare, la sinistra della sinistra è già in campagna elettorale
Un’idea forte e per nulla confusa. Che sia discutibile oppure sbagliata, può anche essere un dettaglio. Però a sinistra, la sinistra che pure è in carica, ma sembra un altro pianeta, gli unici che hanno un’idea precisa di quello che vogliono (e soprattutto non vogliono) per Milano sono i Monguzzi e i Fedrighini: il mondo che ha avversato il SalvaMilano, che fomenta la caccia giudiziaria all’urbanistica, che spera nel flop dello stadio e delle Olimpiadi, e di tutto ciò che è stato impostato negli ultimi 15 anni. La piattaforma programmatica è semplice: è tutto da rifare, perché è tutto sbagliato, tutto corrotto. In più, un nemico preciso, che questa volta non è Letizia Moratti (la fischiarono persino quando sfilò, un 25 aprile, assieme al padre partigiano) ma Beppe Sala. Ufficialmente uno di loro, ma ora molti ex che furono imbarcati con lui preferiscono ricordarlo come l’ex direttore generale di Letizia Moratti. Tutto si tiene e non manca la coerenza. Perché per la costruzione di un consenso politico questi sono gli ingredienti: un’idea forte, una formale coerenza e soprattutto una narrazione convincente. E media che spingono su una tesi univoca. Bravi. E in anticipo su tutti gli altri.
Perché a oggi ogni altra area politica è assai indietro. Nel centrodestra le idee sono impantanate nel solo perimetro della sicurezza. Problema sicuramente sentito, ma endemico e privo di soluzioni definitive. Cosa potrebbe proporre di diverso un sindaco di rispetto all’assunzione di più polizia locale, o di più telecamere? Le elezioni non si vincono sulla sicurezza, ma sui topic di sviluppo della città. Verticale od orizzontale? Chiusa nel centro oppure policentrica? Turistica e vocata al leisure (hotel, bar, ristoranti, maison e negozi), oppure alla fornitura di servizi alle imprese? E, ancora di più, con il sogno di diventare una piccola Londra, con la zona centrale costosissima ed elitaria e i sobborghi residenziali, oppure di recedere allo status di meno ambiziosa città italiana, quindi dalle caratteristiche più vivibili ma meno attrattive per fondi ed economia globale? Una piattaforma programmatica non c’è, per il centrodestra che vuole prendere il posto del Pd al governo della città. E non c’è da parte della Lega, che amministra la Regione, né da parte di Fratelli d’Italia, che per adesso percorre la linea di proporre Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, come uomo di esperienza e visione che la città la conosce. Ma se la destra ha per lo meno una linea tracciata, che è quella di opporsi alla sinistra e pure alla sinistra della sinistra che avversa il governo cittadino, il tema vero è quello che farà il Partito democratico, fu area del riformismo. Il cui compasso d’azione s’è ristretto. Non può proporre la stessa ricetta applicata perché è invecchiata, lo sentono tutti, e non può proporre una ricetta che sconfessi l’esperienza ideata e sostenuta. Poco cambia che il candidato si chiami Pierfrancesco Majorino, che si chiami Emmanuel Conte o Mario Calabresi (chiamato tra pochi giorni a dialogare di comunicazione e Giubileo dall’arcivescovo Delpini, e che ha lasciato il ruolo di ceo di Chora: segnali?). Il punto resta.
Pietro Bussolati, ex segretario metropolitano ai tempi di Expo e della vittoria di Beppe Sala, la stagione riformista che oggi il Pd di Schlein sente come una macchia sull’onore, si dice preoccupato solo e unicamente se le scelte saranno fatte con logiche romane: “Se facciamo come vuole Roma, finisce come a Roma, dove al governo c’è la destra – abbozza, sornione, con il Foglio – La verità è che i bivi politici saranno inevitabili da qui ai tre mesi dopo le Olimpiadi. E saranno i bivi su cui si formerà la nuova coalizione di sinistra. Come si esprimeranno le forze della sinistra su San Siro? E sull’urbanistica? Le Olimpiadi sono il grande spartiacque, anche perché che Milano abbia raggiunto un livello per il quale la crescita non può essere impetuosa come in passato è qualcosa che fa il paio con domande chiare da parte dei cittadini su lavoro, casa, costo della vita. Domande che hanno risposte politiche, che si dovranno incarnare in una persona”. Insomma, la mancanza di un’idea forte è solo dovuta al fatto che le scelte che determineranno chi ci starà e chi no, nella coalizione futura, s’hanno ancora da fare e passeranno da scelte amministrative chiare. “Poi c’è il referendum, ma anche su questo mi viene da dire che Milano dovrebbe fare per i fatti suoi. Valeva ai tempi di Renzi, dovrebbe valere anche oggi. Non penso che sarà determinante per unire o spaccare il Pd. Il quale però deve iniziare a lavorare sui dossier per una proposta chiara su sicurezza, spazi e servizi pubblici di qualità qui a Milano”.