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Un avvocato spiega, legge per legge,  perché il “Salva Milano” serve

Guido Alberto Inzaghi

La misura approvata da Camera e Senato è necessaria per superare i dubbi di legittimità che hanno interessato l’edilizia milanese, legati a una lettura delle norme esistenti in contrasto con la volontà del legislatore. L'unico modo per sbloccare interventi e investimenti a beneficio sia della città che della collettività intera

Pubblichiamo una sintetica spiegazione giuridica relativa al “caso” delle indagini sull’edilizia a Milano. L’autore è fra i più esperti avvocati in materia a Milano e in Italia


 Lo dice la legge (art. 3, comma 1, lett d, del dpr 380/2001) che la demolizione di un edificio e la sua successiva ricostruzione con diversa destinazione d’uso, forma, altezza e anche con volumetria incrementata per le costruzioni green, è un’opera di ristrutturazione edilizia. Chiamiamola demo-ricostruzione infedele. Lo dice la legge (art. 23, comma 1, lett a, dpr 380/2001) che la demo-ricostruzione infedele può essere realizzata mediante Scia, ma non su aree vincolate e neanche nei centri storici. Lo dicono da sempre le circolari ministeriali e le sentenze dei Tar e del Consiglio di Stato che le norme del 1967 (L. 765 integrativa della 1150/1942) e del 1968 (dm 1444) – per cui i nuovi edifici più alti di 25 metri (7 piani) e di una certa densità (più di 3 mc/mq) possono essere realizzati solo dopo l’approvazione di un piano attuativo – costituiscono degli indirizzi che i comuni possono (non debbono) seguire quando fanno i loro piani regolatori. Lo dicono i fatti (e il calendario) che una Scia per demo-ricostruzione, a Milano, prima di diventare efficace passa attraverso una approfondita istruttoria comunale che si conclude – mediamente – dopo circa un anno con un provvedimento espresso. E se invece, come quasi sempre accade, si procede con un permesso di costruire servono anche 18 mesi.

Durante l’istruttoria viene ordinata la bonifica delle aree, imposto il rispetto delle distanze e delle vedute, l’adeguamento del progetto alle norme morfologiche locali e ai vincoli imposti dalla commissione per il paesaggio. Lo dice il piano regolatore (Pgt) che a Milano è possibile rigenerare le aree industriali inquinate e dismesse di superficie inferiore a 20.000 mq senza fare un piano attuativo (che di mesi se prende più di 24) perché il Pgt ha mappato il territorio comunale, individuando i servizi che già ci sono e quelli necessari per tutte le destinazioni d’uso esistenti e da insediare, rendendo così possibile pagare al Comune il controvalore (periodicamente aggiornato e da ultimo triplicato dal Comune) delle aree per servizi che non sia possibile reperire (la rigenerazione si fa spesso su aree completamente edificate), oltre al versamento degli oneri di urbanizzazione più cari di Italia. 


La legge di interpretazione autentica approvata dalla Camera e ora al Senato serve per superare i dubbi di legittimità che hanno interessato l’edilizia a Milano a causa di una lettura delle norme esistenti in contrasto con la loro lettera e con la volontà del legislatore. La legge serve per sbloccare tanti interventi (ben più dei 150 di cui si parla) sequestrati, fermi in istruttoria o pronti per essere presentati per convertire immobili fatiscenti in case, anche convenzionate, studentati, uffici e centri di ricerca e sviluppo di cui Milano ha bisogno. La legge serve per agevolare il (costosissimo) riuso, le bonifiche, il costruire sul costruito e impedire il consumo di suolo vergine. Cose che a Milano stavano funzionando meglio che altrove.

Guido Alberto Inzaghi, presidente del Tavolo urbanistica di Assoimmobiliare Confindustria

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