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L'enorme ricchezza dei lasciti testamentari “senza eredi”: oltre 8 miliardi nel 2030

Mariarosaria Marchesano

L’invecchiamento della popolazione e le famiglie senza figli producono una ricchezza che potrebbe essere utilizzata per le comunità e le opere di bene. Ma al momento sono gli animali i principali destinatari delle eredità per beneficenza nel mondo. Un convegno della Fondazione Cariplo

T’amo, o pio bove. L’amore per gli animali è sempre stato un sentimento profondo dell’uomo, come testimoniano i versi di Carducci. Negli ultimi tempi, però, questo amore ha sempre più preso il posto di quello per gli esseri umani: tant’è che gli animali risultano essere i principali destinatari delle eredità per beneficenza nel mondo, come emerge dalla classifica del Chronicle of philantrophy, prestigiosa rivista americana che si occupa di raccolta fondi per scopi filantropici. Gli amati amici dell’uomo, o meglio le cause e le petizioni per riguardano la loro sopravvivenza, cura e protezione, ricevono a livello mondiale il 15,6 per cento delle donazioni da lasciti testamentari, più di luoghi di culto e ospizi-orfanatrofi-ospedali (circa 11 per cento) e il doppio delle iniziative per centri di ricerca sul cancro, strutture mediche e per disabili (nell’ordine, 7,9, 7,2 e 6,4 per cento). In fondo alla classifica si trovano le donazioni per disagi familiari, mentali e diritti umani, con percentuali vicine allo zero. Quella che, però, potrebbe sembrare una tendenza distopica ha, almeno in parte, una spiegazione razionale: le organizzazioni per la difesa degli animali sono più brave a farsi conoscere e a sensibilizzare l’opinione pubblica. Insomma, riescono a comunicare meglio. “E’ un approccio che le organizzazioni umanitarie e il Terzo settore dovrebbero imitare e la mia non è una provocazione – dice al Foglio Gianpaolo Barbetta, docente di economia all’Università Cattolica e coordinatore del laboratorio di ricerca Evaluation Lab – I nostri dati ci dicono che in Italia c’è un’enorme ricchezza potenziale che dai lasciti testamentari potrebbe arrivare al Terzo settore, se questo avrà la capacità di intercettarla mettendo in atto attività di promozione. E un quinto di questa ricchezza riguarda la Lombardia”.

Del tema si è discusso durante un recente convegno promosso dalla Fondazione Cariplo, guidata da Giovanni Azzone, in cui è stato stimato che nel nostro paese il patrimonio “senza eredi” – vale a dire proveniente da persone che non hanno parenti o legittimi eredi -  potrebbe superare 8 miliardi nel 2030 e sfiorare i 36 miliardi nel 2040, secondo un calcolo prudenziale. Una crescita molto sostenuta in soli dieci anni. Come mai? “Quello che sta accadendo – dice Barbetta – è che il cambiamento demografico porta con sé la crescita di questo tipo di eredità che potrebbero rappresentare una possibile fonte di risorse per l’attività del Terzo Settore”. Insomma, grazie all’invecchiamento della popolazione e alle famiglie senza figli c’è una ricchezza che può tornare alla comunità e a opere di bene. Attenzione, però, perché la propensione degli italiani a fare testamento è ancora molto modesta (12 per cento) e sono pochi gli enti che svolgono attività di sollecitazione per i lasciti testamentari. “Se lo facessero aumenterebbero la probabilità di ricevere donazioni”, assicura Barbetta. In realtà, questo tipo di lasciti potrebbe addirittura arrivare a sfiorare 21 miliardi nel 2030 e 90 miliardi nel 2040, nell’ipotesi in cui tutte le persone singole e le famiglie senza eredi devolvano interamente il proprio patrimonio a istituzioni di beneficenza. Nel caso più realistico in cui solo in presenza di testamento una parte della ricchezza disponibile (esclusa la quota legittima) venga devoluta al Terzo settore, ecco che le stime scendono a 8,4 e a 35,7 miliardi, rispettivamente al 2030 e 2040. Si tratta, in ogni caso, di cifre molto importanti delle quali un quinto riguarda la Lombardia, la regione più ricca d’Italia, dove, peraltro, è elevata la propensione delle donazioni testamentarie (intese senso lato) nei confronti delle istituzioni religiose. Conti alla mano, dunque, la Lombardia potrà contare su una ricchezza “mortis causa” di persone senza eredi e destinabile a beneficenza pari a 1,5 miliardi al 2030 e a 7,6 miliardi al 2040. La domanda a questo punto è se nei prossimi anni i lombardi e gli italiani in generale tenderanno ad allinearsi al trend mondiale che predilige gli animali come eredi oppure se l’identità culturale di un popolo fondamentalmente cattolico prevarranno.

Stefano Malfatti, da 25 anni nel management del non profit ed esperto di lasciti testamentari (è il direttore della comunicazione e raccolta fondi del Serafico di Assisi, uno degli enti più attivi in Italia), propone una lettura laica del fenomeno: “Credo che nel fine vita le persone, anche quelle più propense alla beneficenza, tendono a guardare chi si trovano accanto. E’ naturale che se si trovano degli animali siano portati a pensare al loro bene. Gli animali si prestano a una comunicazione più facile e più ottimistica”. E le persone? “Sono d’accordo sul fatto che il Terzo settore debba impegnarsi di più in promozione ma soprattutto dovrebbe stare più vicino alle persone nei momenti del fine vita”.

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