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GranMilano

Edicole, piazze, palazzi e fiori dappertutto. Così i grandi marchi si prendono Milano

Fabiana Giacomotti

Alla Fashion Week, la moda porta in città un fatturato di 80 milioni. Continuano le sfilate ma il fronte comunicativo è dominato dallo strapotere di TikTok

Come il take over della città? In che senso? Ma non è una cosa della finanza?”, si stupisce il collega uso alle scalate delle aziende, molto meno alla trasformazione appropriativa dei palazzi, delle edicole, dei caselli doganali dei tempi di Napoleone I, dei chioschetti dei fiorai, che è invece quello che sta succedendo in questi giorni di Milano Fashion Week per opera dei grandi ma anche piccoli (anzi “up and coming”) marchi della moda. La moda, per la quale pure si prevede un rallentamento che Brunello Cucinelli ritiene “fisiologico” dopo il rimbalzo post Covid e a dispetto dell’inflazione in crescita in tutto l’Occidente, porta in città un fatturato indotto di 80 milioni, e comunque molto entusiasmo partecipativo. Le sfilate continuano a essere un momento di lavoro, ma lo strapotere di TikTok, almeno sul fronte della comunicazione (no, non si vende con i balletti), hanno convinto quasi tutti i marchi a produrre iniziative e appuntamenti per un pubblico più ampio rispetto a quello di un tempo, se non del tutto libero di sostare e come logico postare a piacimento.

Duemila ragazze sgambettanti per Calzedonia all’Allianz Mico, cinque ore di coda in piazza della Repubblica domenica scorsa per farsi consegnare (“chissà se le avremmo fatte, se non fossero stati loro” sorrideva una ragazza) un barattolo di semi griffato Prada che, nel solco della grande tendenza “fiori” guidata anche dall’altro grande interprete cittadino, Giorgio Armani, stanno vestendo le signore di calendule, graziosamente applicate alle gonne di stagione, e rischiarando di orchidee con un libro favoloso (“Armani flowers”) i tavolini delle case eleganti. Moltissime attese davanti alla giostra vecchio stile montata al casello di Porta Nuova da JJ Martin, ex collega dei quotidiani made in Usa che dopo vent’anni è ormai perfetta interprete della milanesità boho-chic, cioè rigorosa nelle linee ma coloratissima, come piaceva anche a Franca Valeri (no, non è vero che le signore bene del Quadrilatero vestano di nero). Fotografie rapite davanti all’edicola di via Borgonuovo, chiusa da tempo ma in via di trasformazione per opera di Loro Piana, marchio della grande tendenza “lusso discreto” appena passato sotto le cure della comunicazione di Giuseppe Sperandio, ex direttore comunicazione di Dior e Fendi epoca Pietro Beccari, dal quale ci si attendono grandi cose. E poi Gucci.

Il take over che annuncia il nuovo corso creativo del marchio, guidato da Sabato De Sarno che ha chiesto la guida e il supporto di Alessio Vannetti, ex Valentino e Gucci, ma oggi di ritorno come executive vice president e chief brand officer, non sta riguardando solo Milano, ma tutte le capitali mondiali della moda, dove il take over ha riguardato tram, facciate, frontoni di palazzi in rifacimento. Al primo apparire del payoff “Gucci ancora”, qualche storico della moda ha pensato allo pseudonimo cinematografico di Rodolfo Gucci, attore sentimentale degli anni dei telefoni bianchi come “Maurizio d’Ancora”, ma si trattava come ovvio di una falsa pista: l’avverbio si riferisce a un nuovo apparentamento con l’arte, per l’occasione a un libro (non avevate ancora notato che nessuno più della moda produce volumi di pregio?), il primo di una serie, curato da Stefano Collicelli Cagol, direttore del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato e già curatore della Fondazione La Quadriennale di Roma (2018-2021) prima di Gian Maria Tosatti.

Il volume, in cui si incrociano letteratura, musica, cinema, moda e storia, raccontando in alcuni frammenti la storia culturale e artistica della città, dal secondo dopoguerra a oggi, pubblica opere di Cristiano Rizzo, Martino Santori, Noura Tafeche, Valerio Eliogabalo Torrisi, selezionati da Sabato De Sarno con l’Accademia di Belle Arti di Brera, di cui tutti sono stati allievi, e dunque ecco spiegato il take over della strada (già due mesi fa, i residenti di via Fiori Chiari, piazzetta Formentini e dei palazzi che affacciano sulla Pinacoteca e l’Accademia erano stati avvertiti che venerdì 22 settembre la via sarebbe stata chiusa al passaggio per qualche ora, con molte scuse) e l’apertura di una galleria d’arte temporanea. C’è molta attesa, ma ci sono state anche molte critiche per la decisione di azzerare i contenuti dell’account Instagram di Gucci, quasi 53 milioni di follower: moltissimi attendono spiegazioni su questo gesto che, si spera anche in questa epoca di memoria a brevissimo termine, tipica dei tiktoker, non intenda cancellare un heritage così ricco e così solido.