Foto di Andrea Fasani, via Ansa 

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San Vittore: ferita urbanistica o risorsa civile? Vent'anni di idee

Giovanni Seu

Da dopo l'Unità è rimasto pressoché inalterato. La disputa è: riqualificare il penitenziario o costruirne uno nuovo?

Un po’ perché non si riesce un po’ perché non si vuole capita che anche una città veloce come Milano annoveri un elenco di incompiute. Il nuovo stadio è il miglior esempio, ma quello più delicato, per le sue implicazioni sociali, riguarda il carcere di San Vittore. Pensato dopo l’Unità e inaugurato nel 1879, è rimasto pressoché inalterato nella sua struttura, un aspetto che basterebbe a decretarne la chiusura. A questo si aggiunge il sovraffollamento, ma questo non è colpa dei muri. La situazione, esplosa già negli anni ’80 e ’90, è arcinota ma non ha sortito nessun intervento, solo una disputa su due opzioni: riqualificare il penitenziario oppure chiuderlo e costruirne uno nuovo

 

Va precisato che i soggetti di questa partita sono due: il ministero della Giustizia, titolare del carcere, e il Comune cui spetta di dare l’indirizzo politico. E la posizione di Palazzo Marino in questi 20 anni è cambiata più volte producendo un intollerabile status quo. Chi più di tutti ha cercato di mettere la parola fine a questa storia è stato Gabriele Albertini: “Nel 2001 l’allora ministro della Giustizia Castelli – ricorda per il Foglio – mi espose il progetto che prevedeva la chiusura di San Vittore e la creazione di una cittadella della giustizia nell’ex ospedale militare di Baggio con il tribunale, gli uffici e un carcere per le detenzioni brevi. La mia idea era di replicare la delocalizzazione della Fiera, avvenuta con successo e senza spesa pubblica, trasformando il carcere in un grattacielo e lasciando il suolo a prato: l’architetto Foster, cui proposi la progettazione, ne fu entusiasta. Non se ne fece niente perché la Sovrintendenza pose il vincolo, mi auguro che oggi abbia una posizione diversa, San Vittore è un vulnus all’urbanistica della città”.

 

Secondo l’ex sindaco l’idea di chiudere è ancora valida: “Considero sbagliata l’ipotesi della riqualificazione, in primo luogo perché non sarebbe in grado di assicurare le garanzie previste dalla Costituzione per i detenuti”. 

 

Dopo di lui si è registrata una fase attendista con Letizia Moratti quindi la svolta con Pisapia, che espresse la netta contrarietà al trasferimento. Tant’è che nel nuovo Pgt, uno dei primi atti della nuova giunta firmato dall’assessore De Cesaris, il carcere venne cancellato. Con Sala nuovo ribaltamento: che San Vittore non può più andare avanti. E dopo l’ultima visita nel carcere lo scorso ottobre: “O si investe, si cambia e lo si mette a norma, o è meglio trasferirlo”.

 

L’ipotesi riqualificazione, insomma, è riaperta e sembra trovare una sponda sicura nel centrosinistra. Daniele Nahun, esponente Pd e presidente della sottocommissione Carceri di Palazzo Marino, sta preparando un ordine del giorno sul sistema penitenziario cittadino che dice no al trasferimento: “È sbagliato spostare San Vittore dal centro – spiega – deve essere un simbolo: i detenuti devono essere presenti nella nostra città, non è possibile considerarli come reietti. Al governo chiediamo, oltre all’attuazione di politiche che contrastino il sovraffollamento, l’impegno per ristrutturare il complesso”.

 

Nella stessa direzione si colloca Antonino La Lumia, presidente dell’ordine degli avvocati: “La logistica è un tema residuale, occorre concentrarsi su come rispondere al problema di una struttura troppo popolata e inadeguata a soddisfare l’esigenza di risocializzazione dei detenuti. Poi si può discutere cosa fare ma bisogna ricordarsi che San Vittore ha una sua collocazione storica”.

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