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Come va la rivoluzione elettrica a Milano

Daniele Bonecchi

Mentre sulle barricate della mobilità cittadina è ancora calda la trincea di Area B (che il Comune non voler modificare), nelle retrovie s’avanza la città elettrica, guidata da A2A spa – azienda pubblica tra Milano e Brescia, fiore all’occhiello del municipio – che guida la lunga marcia di Milano verso la smart city. “Abbiamo iniziato da tempo a infrastrutturare Milano, dal punto di vista elettrico”, spiega al Foglio Fabio Pressi, ceo di A2A E-Mobility. Un impegno anche economico, coi 300 milioni del piano industriale, anche se “va tenuto conto che, sul mondo delle auto elettriche ci sono molti incentivi pubblici, mentre le infrastrutture possono contare solo sulle risorse delle imprese”, aggiunge Pressi. “Stiamo lavorando per identificare la risposta giusta anche per il futuro, fino a oggi abbiamo pensato alle colonnine da 22 kilowatt, ma per le città occorre una soluzione capillare che dia la possibilità di ricaricare a chi non possiede un box. Oggi abbiamo più di 100 colonnine di ricarica insediate, un 20 per cento del totale. A Milano sono oggi circa 500”. La dimensione migliore parla di una colonnina ogni mille abitanti. “Naturalmente le ricariche si intrecciano, non ci sono solo quelle dei privati ma anche le altre, sulle quali stiamo puntando, all’interno di luoghi più frequentati come i supermercati, dove basta mezz’ora per un ‘pieno’ e i cinema. Anche queste soluzioni concorrono alla realizzazione di una rete funzionale per la città. L’infrastruttura di ricarica deve essere capillare, a bassa potenza nei box, integrata da strutture ad alta potenza e velocità per una ricarica occasionale. La ricarica si paga in ragione della velocità, oggi la soluzione migliore è un mix di tecnologie”.

 

La strada c’è ma è ancora lunga. E a proposito dei costi dei veicoli, ha qualcosa da dire Simonpaolo Buongiardino, presidente di Assomobilità: “Ormai da 2, 3 mesi la vendita di auto elettriche è in calo, nell’ordine del 30 per cento, a causa soprattutto dei costi troppo elevati e dei redditi in affanno. Anche lo sharing elettrico ha problemi a causa dei pochi punti di ricarica accessibili, anche se Milano – che ha un numero significativo di vetture elettriche – li sta moltiplicando. Oggi se non hai un box dove ricaricare l’auto sei in difficoltà. Siamo impreparati come paese alla transizione. E’ un azzardo puntare sull’elettrico anche perché arriveranno nuove tecnologie, forse l’idrogeno, più facile nell’utilizzo sui mezzi pesanti e poi i carburanti sintetici, bio, che non hanno impronta carbonica”. Ragionamento a parte merita il trasporto merci (i veicoli commerciali immatricolati in città sono quasi 70 mila, poi ci sono quelli in transito). “Solo i piccoli furgoni possono usare l’elettrico, per il resto non si può fare trasporto merci. E in prospettiva c’è l’idrogeno”, dice Buongiardino.

 

A2A punta anche sulle flotte aziendali che si muovono in città, “è in atto una trasformazione della logistica verso l’elettrico, al di là dell’investimento iniziale che può essere più alto, il fatto di avere molta meno manutenzione premia il veicolo elettrico. Abbiamo installato 1.200 punti di ricarica su 90 delle sedi A2A, per 700 veicoli. Stiamo uniformando tutta la nostra flotta. Le aziende poi sono le prime a offrire al personale, ai dirigenti auto elettriche, perché è innegabile il vantaggio”. La diffusione dei veicoli elettrici, presto o tardi, dovrà misurarsi anche col problema della produzione delle batterie che – grazie al litio che, oltre a essere caro, si trova solo in alcuni paesi (Cina, Australia, Bolivia) invoca un’attenta opera di riciclaggio. “Il problema delle batterie è centrale per tutto il mondo elettrico – conclude Pressi – ci sono investimenti colossali da parte delle case automobilistiche. I materiali rari sono molto contesi, tutto il settore sta guardando alle potenzialità del riciclo di questi materiali, essendo un fenomeno globale e oggi stanno emergendo ricerche che potrebbero rendere il litio superfluo. Va certamente avviata la filiera del riciclo delle batterie”.

 

Chi spinge sulla mobilità elettrica, senza indugi, è l’Atm. Una scelta che il sindaco Beppe Sala ha fatto già nel suo primo mandato. Oltre alle 5 linee della metropolitana (la 4 partirà a giorni) e ai numerosi tram che viaggiano grazie all’energia elettrica, c’è l’intera flotta dei bus da trasformare. Ad oggi sono in circolazione 177 bus elettrici su 11 linee, ai quali si aggiungono 154 bus ibridi e 3 bus a idrogeno. Il piano è stato avviato a dicembre 2017 per la conversione all’elettrico dell’intera flotta dei 1.200 bus in circolazione. Prevede un investimento di 1,5 miliardi di euro per veicoli e infrastrutture. La completa riconversione della flotta porterà a una riduzione del consumo di gasolio pari a 30 milioni di litri all’anno e a un taglio delle emissioni di C02 pari a 75 mila tonnellate all’anno. C’è poi il tema delle infrastrutture di ricarica per i bus elettrici. Sono state impiantate 165 colonnine nei depositi di San Donato, Sarca e Giambellino e a maggio 2021 sono inoltre entrati in servizio i primi charger hi-tech (oggi sono 14), postazioni tecnologicamente avanzate per la ricarica rapida degli e-bus ai capolinea. Funziona in modo molto semplice, col bus che si ricarica grazie al pantografo comandato via wi-fi (bastano 5 minuti). Capitolo a sé meritano i sette depositi dei bus. Tre (San Donato, Sarca e Giambellino) sono stati riconvertiti con 25 colonnine di ricarica e presto anche il deposito di Palmanova sarà dotato degli stessi impianti. Tre saranno invece costruiti ex-novo. Le aree individuate al momento sono in viale Toscana, dove sorgerà il primo deposito in Italia completamente sotterraneo, e in viale Triboniano (Cimitero Maggiore). La riconversione del trasporto pubblico cittadino procede rapidamente. Ma la strada che per la smart city è tutta in salita.

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