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gran Milano

Metaverso, come? La prima ricerca sulla conoscenza (e l'impiego) da parte delle imprese. Sorprese

Daniele Bonecchi

A Milano, terra d’innovazione, si può aprire una nuova frontiera digitale. L'indagine di The Innovation Group e Web3 Alliance

Parlare di metaverso è come rileggere “Dalla Terra alla Luna”, fantascienza di Jules Verne datata 1865. Oggi non è più fantascienza ma realtà aumentata. Era fantascienza anche ai tempi di Neal Stephenson, che nel 1992 coniò la parola nel romanzo cyberpunk “Snow crash”, uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire. Questo lo sappiamo, ma le imprese, gli innovatori, lo sanno utilizzare?

  
A Milano, terra d’innovazione, si può aprire una nuova frontiera digitale. “Umiltà” è la parola chiave utilizzata da Elena Schiaffino, presidente di Web3 Alliance e co-founder di Engitel: serve umiltà per imparare a entrare nel web3 e nel metaverso. Schiaffino ha promosso una ricerca tra le aziende potenzialmente interessate a questa nuova dimensione digitale, la prima in Italia. “Dalla ricerca di The Innovation Group e Web3 Alliance emerge un elevato livello di conoscenza del web 3.0 nel mondo delle imprese (ben il 75 per cento  degli intervistati). La consapevolezza del fenomeno non si ferma a un livello superficiale, ma viene declinata per ciascuna delle tecnologie, rispetto alle quali si osserva già, nello stesso tempo, la previsione di alcuni utilizzi, soprattutto per l’innovazione di prodotti e servizi e per gli aspetti di marketing e comunicazione. Ma non mancano altre potenziali aree di intervento, come l’onboarding di dipendenti piuttosto che la manutenzione”, spiega. Ma solo il 4 per cento delle imprese fa seguire alla conoscenza un’azione concreta. Il 64 per cento  dichiara di essere in una fase di studio, il 7 ha invece un progetto pilota. Le iniziative che le aziende interessate al metaverso stanno mettendo in cantiere sono gli eventi digitali (l’11 per cento  ha già investito, il 15 per cento  lo farà entro quest’anno, il 36 per cento  entro tre anni), il posizionamento del brand, lo smart working (il 15 per cento  già attivo, il 9 per cento  lo farà entro l’anno, il 30 per cento  entro tre anni), la creazione di prodotti digitali ad hoc.

   
Nello specifico, prendendo in considerazione le singole tecnologie, risulta che il 4 per cento delle imprese sentite non conosce bene l’Intelligenza artificiale, il 39 per cento ne ha una conoscenza limitata, il 46 per cento la conosce bene, ma solo il 12 per cento è conoscitore e utente. 

  
Sulla possibilità di creare valore per il business, prosegue il Report presentato ieri a Milano, per il 52 per cento  delle aziende intervistate il metaverso è un’occasione di ingresso in nuovi mercati, per il 51 per cento  è una modalità di creare un’esperienza diversa per i clienti. Percentuali inferiori, invece, per quanti sono dell’idea che il metaverso costituisca un fattore di differenziazione competitiva (35 per cento), risparmio su tempi e costi per il 31 per cento, salvaguardia dell’ambiente (26 per cento).

 
I principali ambiti di utilizzo, che nei prossimi anni potrebbero interessare le aziende coinvolte nella survey, sono riconducibili alla conoscibilità del brand (45 per cento), al lancio di nuovi prodotti (40 per cento), alla consapevolezza che il metaverso rappresenta il futuro (37 per cento), a ottime opportunità per il business (37 per cento ), all’allargamento della customer base (34 per cento). Ma c’è anche una quota residuale, l’8 per cento, che si mantiene in osservazione prima della partecipazione, in attesa che altre aziende siano presenti. 
D’altra parte, a giudizio di chi sta esplorando questa nuova dimensione, non mancano i freni che rendono la scelta del web 3.0 ancora difficile per le aziende: le tecnologie devono essere ancora affinate, la governance e le regole d’ingaggio ancora da definire. Non ci sono standard di navigazione condivisi essendo i “metaversi” già ora una molteplicità. Che fare allora per affrontare la grande rivoluzione digitale? Per il 78 per cento degli intervistati occorre dotarsi di persone e competenze specifiche, il 54 per cento  indica la necessità di poter contare sull’aiuto di partner esterni specializzati, analoga quota è quella di quanti sostengono che la priorità è l’investimento in tecnologie adeguate, per il 40 per cento  è fondamentale la co-operation con altri soggetti interessati, per il 37 per cento  è necessaria l’identificazione di kpi (indicatori di prestazione) opportuni da monitorare. Per un  prudente 21 per cento  degli imprenditori, sono però da controllare anche i possibili rischi della nuova dimensione digitale.
 

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