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Il rebus della Lega non è il green pass, è il rischio frana di Salvini

Fabio Massa 

La preoccupazione vera nel Carroccio è che la strategia generale del Capitano non stia facendo l’interesse di un partito che è, e resta, territoriale

Pompieri in azione, con strepito di campanelle, autobotti e comunicati stampa: non c’è nessun incendio nel quartier generale leghista e Matteo Salvini non è in discussione, dice Luca Zaia, giurin giurello. Eppure sotto la cenere il fuoco cova. Anche se, ogni volta che nella Lega i tizzoni si fanno ardenti, in Lombardia c’è sempre un primo metodo di raffreddamento: no, non in Lombardia no. “I veneti, sempre loro”, allarga le braccia una fonte del Foglio ai vertici del potere lombardo. Del resto la Liga veneta è sempre stata tutta particolare, un Dna differente nella galassia della confederazione leghista, fin dai tempi di Bossi. Ma Attilio Fontana che firma con Luca Zaia un documento per il green pass e pro vaccino? Non importa nulla, ai lombardi, in chiave politica. Rispondono che il green pass semplicemente non è un tema, in Lombardia. “Quando facciamo i comizi qui a nessuno frega niente del green pass. Sono battaglie di altre parti d’Italia, non della Lombardia”, dicono i colonnelli. Non lo è per una popolazione vaccinata all’80 per cento, numeri da record, e interessata solo a tornare al lavoro. E non lo è, di conseguenza, per i leghisti. (Dunque, viene da dire: una battaglia di Salvini, e non del partito, nella sua regione-madre?). Non è sfuggito a nessuno il tweet di Letizia Moratti che esultava per il raggiungimento di quota 80 per cento, e il cinguettio che la Lady del centrodestra stia scaldando i motori per le regionali è sempre più forte. 

(Divagazione in campo avverso: alla festa di Sinistra italiana Beppe Sala ha dedicato più di un passaggio a spiegare come Milano sia il primo passo per la conquista della Regione “governata da trent’anni non dal centrodestra, ma proprio dalla destra”. Parole forti e una fascinazione: Letizia contro Beppe? Ex primo cittadino contro ex city manager? Ex sindaco contro ex sindaco? I bookmaker non sono così scettici, sull’ipotesi. Per capire se sarà realizzabile si guarderà con attenzione a come il Beppe comporrà la giunta in caso di vittoria: se lusingherà il Pd, allora gli aruspici vi leggeranno una fine mandato anticipata, se invece ascolterà solo sé stesso, niente sfida regionale nel suo futuro). 

 

Ma tra via Bellerio e i palazzi della Regione – e di conseguenza anche nei territori e nelle città governate – il problema che i giornali riassumono in “scontro tra Salvini e la Lega dei governatori” esiste, eccome. Ma, per prima cosa: non si gioca sul green pass, quello è un riflesso nazionale: del resto la Lega ha dato via libera al decreto del governo. La preoccupazione vera, e basta leggere i sondaggi per coglierla, è che la strategia generale del Capitano non stia facendo l’interesse di un partito che è, e resta, territoriale. Il vero problema, per la base lombarda, è la possibile mancata abolizione del Reddito di cittadinanza: sarebbe da parte del governo un modo per blandire i Cinque stelle meridionali, proprio mentre a traballare, via Europa, è Quota 100. Ecco, questo sì fa arrabbiare la base. Ma soprattutto l’incubo dei leghisti meneghini è Luca Bernardo: se Beppe Sala non solo vincerà, ma dovesse farlo al primo turno, sarebbe un guaio. Un flop disastroso si ripercuoterebbe sul partito e in primis su Salvini, già alle prese con il caso Napoli (la compagine che sostiene Catello Maresca neanche le liste è in grado di fare, e quella vicina alla Lega è stata esclusa). Che cosa succederebbe se Sala passasse al primo turno e con largo vantaggio? Sicuramente ci sarebbero scossoni nel Carroccio proprio laddove la Lega ha il suo cuore. E Varese? Che cosa succederebbe se nella città di Giorgetti la performance non fosse onorevole? Il candidato Matteo Bianchi pare buono, è sicuramente sostenuto dal partito, ma le urne sono sempre un’incognita. Questa è la situazione, con pompieri e senza pompieri. Ma è chiaro che in Lombardia nessuno insidia la leadership di Salvini, almeno oggi e di certo non sui vaccini. Perché oggi, e in un futuro ragionevolmente non breve, una leadership di ricambio a quella salviniana la Lega non ce l’ha. E Giancarlo Giorgetti, che pure ha forti mal di pancia e lo ha lasciato intendere, battaglie in prima persona non ne combatte mai. E in Lombardia la compagine di governo ha ben altri problemi, da quando è cominciata la pandemia, che mettersi contro il Capitano. (Non è un caso, appunto, che la stella regionale emergente sia la Moratti, così “esterna” ai partiti ma che Salvini potrà nel caso rivendicare come una sua intuizione). La verità è che più che la politica ondivaga sul green pass saranno le scelte per le amministrative a fare la differenza per Salvini. Con un côté velenoso: se Fratelli d’Italia dovesse andare troppo bene a Milano, e vincere a Roma…

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