Il sindaco di Milano Beppe Sala. Ha deciso di aderire ai Verdi europei (Ansa)

GranMilano

Effetto Sala sul Pd

Fabio Massa

Per ora malumore e arrocco. Ma un sindaco dei Verdi costringe a rivedere tutto

C’è un dato dell’ultimo sondaggio Swg che la politica dovrebbe compulsare con attenzione. Per il 50 per cento degli ex elettori del Pd, il Pd non ha più una identità politica. Per il 54 per cento degli attuali elettori del Pd il partito ha una forte litigiosità interna. Mixare i due dati ci dà la formula perfetta di un partito liquido, e tossico. Il correntismo che – in modo un po’ troppo sbrigativo (a dirla tutta avrebbe necessitato di ulteriore spiegazione teorica) – Beppe Sala ha indicato come uno dei motivi fondamentali della sua scelta di aderire ai Verdi europei, si sta trasformando in un monolite di irrilevanza. Contro il quale l’avvento di Enrico Letta dovrebbe essere l’ultima, estrema, cura. La scelta del sindaco di Milano di entrare nella politica partitica non va sottovalutata. Al netto della tempestività di scegliere il giorno del sì nazareno a Letta. Non tanto per la traiettoria del primo cittadino, che è tutta personale e che chiaramente improntata al livello nazionale (non è un caso che nell’intervista a Repubblica citi la presenza di parlamentari nel Gruppo misto) ma perché sono le reazioni alla sua scelta a dire molto sullo stato di salute mentale del Pd.

 

Detta in breve: che cosa farà il Partito democratico? Per adesso, si arrocca e si difende. O meglio: difende il proprio operato negli ultimi dieci anni, dicendo che gli assessori Marco Granelli e Pierfrancesco Maran (per bocca della segretaria, Silvia Roggiani), hanno fatto benissimo. E c’è del veleno, perché è noto anche ai sassi che Granelli e Maran non faranno parte della nuova giunta di Beppe Sala. Ma al di là della difesa, il problema vero è che Sala sta provando a importare nella politica italiana (via Milano) esperienze estere, colpevolmente sparite dalla scena nostrana. Non è un caso che parli di Verdi europei. Ed è la seconda volta: quando scrisse il suo libro sul socialismo in mente non aveva le esperienze italiane ma i socialisti europei. “Se parlo su quel divano là con il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, parlo con uno che si definisce socialista – ha raccontato – Se mi confronto con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, parlo con una socialista. La cosa che mi dà fastidio è che c’è questo tabù italiano sul socialismo. Se invece guardi al di là di Chiasso, il socialismo c’è eccome”.

 

Un po’ la stessa cosa che è avvenuta con i Verdi europei. In Italia, e a Milano in particolar modo, i Verdi sono un marchio poco spendibile, quasi uno sfollagente. In Europa no. Dunque, la sfida di Sala è rendere potabile una bevanda fino ad adesso assai amara. Ora si arrocca, ma che cosa farà il Pd, e a Milano in particolar modo? Diventerà ancora più radicale sulla politica green, andando così in una gara di pista ciclabile in pista ciclabile, di divieto in divieto, con il sindaco verde? Oppure, come già inizia a circolare all’interno del partito, nelle segrete stanze, sta elaborando una sua reason why tutta giocata sulla prossima stagione amministrativa? Che non sarà – in base a questa nuova dottrina – giocata sulla difesa dell’ambiente ma sulla difesa dell’uomo, e dunque del milanese, reso più fragile dalla pandemia. Impaurito e impoverito, teso a salvare il proprio posto di lavoro e le proprie condizioni di vita. Per adesso è solo una ipotesi di lavoro, che deve essere verificata poi nelle azioni concrete.

 

Fin qui, la politica alta. E la sua declinazione? Sala continuerà nella sua modalità decisionale e nel suo percorso, coerente e in continuità con se stesso. Ma il partito che cosa farà? Chiederà di convocare vertici di maggioranza, nei quali dall’alto della propria percentuale (15-16 per cento? Di più?) e vorrà non solo più posti, ma più peso nelle scelte? Per chi si occupa di politica, non è un dettaglio. Si rischia la paralisi, o il conflitto interno. Serve una nuova formula, nel bel mezzo di una tempesta che parte da Roma ma che a Milano trova i vertici ulteriormente in crisi per la scelta di Sala, mentre il partito lombardo si attrezzava a riposizionarsi su Letta. In questa tormenta colpisce la scelta di Giuseppe Guzzetti di iscriversi al Pd. Del resto, agli amici lo aveva detto più volte: siamo all’ultima curva della democrazia, dopo non ci sarà più niente.

 

Di più su questi argomenti: