 
                L'intervista
Il bilancio di Passera: "Bene il 'rigore' di Meloni. Inevitabile la tassa sulle banche. Ma serve di più”
Il banchiere ed ex ministro promuove l'attenzione ai conti del governo, loda l'approccio interlocutorio nella tassazione degli istituti di credito, ma boccia gli interventi sui problemi strutturali del paese: crescita, demografia, immigrazione e processi lenti
“Il contributo delle banche? Era inevitabile. La manovra di Meloni? Rigorosa. Il governo? Deve fare di più sulle sfide strutturali”. Per il banchiere ed ex ministro Corrado Passera la politica economica del governo Meloni è un chiaro scuro. “Saggiamente prudente, ma senza la lungimiranza che serve a costruire il futuro del nostro paese”, dice. Già ad di L’Espresso e Poste, ceo di Intesa e poi Intesa San Paolo, ministro allo Sviluppo economico e alle Infrastrutture con Monti, poi fondatore e ad di banca Illimity, non è un segreto che per Passera la politica sia più di una passione. “Fare una legge di Bilancio prudente, che non mette attenzione negativa sull’Italia, è un atteggiamento corretto”, dice. “Siamo in un momento di grande incertezza in tutto il mondo e dobbiamo tenerne conto. In questi casi bisogna assolutamente evitare di essere considerati, in caso di situazione critica, l'anello debole dello scenario. E questa legge di Bilancio va in questa direzione e permetterà probabilmente all'Italia di uscire dalla procedura di infrazione in linea con gli obiettivi di deficit e di riduzione del debito. Alcune cose – prosegue – possono essere considerate apprezzabili da tutti, come la riduzione del peso fiscale sui redditi medio bassi e le maggiori risorse alla sanità. Positive come direzione, ma non come dimensione”.
La “scala” degli interventi è la nuova ossessione del banchiere. L’esempio perfetto di questo problema “dimensionale” delle misure in manovra, secondo lui, è Industria 4.0. “Il nostro problema fondamentale – dice – è la crescita, e quando non ci sarà più il Pnrr, bisognerà permettere agli investimenti privati di trainare lo sviluppo. Per questa ragione il ritorno a Industria 4.0, una formula semplice di incentivazione agli investimenti che era stata stravolta negli ultimi anni, è una dimostrazione di buon senso. Ovviamente servirebbe di più come quantità, allargando gli investimenti finanziabili a tutte le categorie più innovative – dalla ricerca sperimentale agli impianti, passando per software e Ai –, e soprattutto rendendola una misura strutturale. Solo quest’ultimo punto la renderebbe davvero efficace, perché quando si parla di investimenti l’orizzonte non può essere di uno, due o tre anni”. L’unica cosa della legge di Bilancio che per Passera è davvero indigeribile riguarda è l’”ennesima rottamazione” delle cartelle. “E’ un vero e proprio pugno nella pancia a tutti gli italiani che pagano le tasse”.
E del contributo alle banche, invece, cosa pensa? “Credo fosse diventata una richiesta inevitabile. Sia per i notevolissimi risultati raggiunti dagli istituti per il solo andamento dei tassi di mercato (e relativi maxi dividendi e riacquisto azioni), sia per la critica che viene fatta sulla scarsa remunerazione dei depositi, sia per il calo forte del credito alle imprese, nonostante lo stato abbia offerto garanzie pubbliche. L’importante però – sottolinea Passera – è che questo contributo sia straordinario, temporaneo e non penalizzi le banche italiane rispetto ai loro concorrenti internazionali. Inoltre, bisogna evitare di dare l’idea ai mercati che quando lo stato ha bisogno di soldi cambia le regole e va a prenderseli dove ce ne sono. Le misure allo studio questa volta non sono arrivate come come un fulmine a ciel sereno”.
Nel complesso insomma il giudizio dell’ex banchiere sulla linea di rigore del governo è positivo. Ma, quando si allarga lo sguardo, Passera manifesta una certa delusione per i tre anni di politica economica di Meloni. “Ecco – dice – questo è il vero punto. Dopo tre anni questo governo, che pure ha una chiara e solida maggioranza parlamentare, non è intervenuto in modo deciso sulle principali sfide del paese: crescita, demografia, tempi della giustizia civile. Penso alla demografia – prosegue Passera – che è la legge più precisa del mondo. Noi sappiamo già oggi che entro 15 anni ci mancheranno cinque milioni di persone in età da lavoro, un terzo della popolazione sarà anziana e sola perché molti nuclei sono già oggi monofamiliari. Cosa stiamo facendo per promuovere il lavoro femminile, che in Italia registra uno dei tassi più bassi di Europa? Cosa stiamo facendo per andare a prendere nei paesi terzi le persone che servono al nostro sistema economico? Cosa stiamo facendo per rendere la scuola più adatta a rispondere alle esigenze dell’economia? E per aumentare la produttività visto che dovremo fare molto di più con molte meno lavoratori? E ancora, come ci stiamo preparando per aiutare tutti gli italiani soli?”. Mancano insomma le famose riforme. “Quella parola – risponde Passera – ognuno la interpreta come vuole, io direi piuttosto che mancano interventi che abbiano la dimensione, la struttura e la forza necessaria. Serve promuovere le assicurazioni per la non auto sufficienza, rafforzare davvero la sanità, garantire asili nido e scuole a tempo pieno per tutti, servono non 500 scuole di formazione nei paesi da dove possiamo aspettarci immigrazione utile, ma 5 mila. E’ anche un problema di scala degli interventi”.
 
                             
                                