Giovani donne della minoranza cristiana in Pakistan in preghiera. Asia Bibi non ha mai ucciso nessuno, ma per la giustizia del suo paese ha fatto di peggio: si è macchiata di blasfemia

Asia Bibi come Maria Stuarda

Giulio Meotti
Dieci milioni di pakistani vogliono uccidere la ragazza che da duemilacinquecento giorni vive in carcere con una condanna a morte soltanto perché cattolica e perché aveva sete – di Giulio Meotti

La condanna a morte di Asia Bibi è come la nube tossica di Chernobyl, contamina chiunque gli stia intorno. Dopo il suo arresto, il marito Masih e i figli sono andati a nascondersi e da allora hanno vissuto come cani in fuga, cambiando casa quindici volte nell’arco di cinque anni. Non potevano neppure andare in tribunale per assistere alle udienze del processo alla moglie. Troppo pericoloso. Dal loro villaggio di Ittanwali si sono trasferiti a Lahore, ma anche lì sono stati riconosciuti e minacciati di morte. Per nascondersi, il marito ha dovuto smettere di lavorare. E’ minacciato anche l’avvocato, Saiful Malook .

 

I sostenitori di un gruppo islamico pakistano hanno appena chiesto l’esecuzione immediata di questa donna cristiana che si trova nel braccio della morte da 2.500 giorni. I timori sulla sicurezza di Asia Bibi, la prima donna cristiana in Pakistan condannata all’impiccagione per “blasfemia”, sono cominciati a crescere dopo l’esecuzione di Mumtaz Qadri, l’assassino del governatore musulmano Salman Taseer, ucciso come il ministro cattolico Shahbaz Bhatti per aver parlato a sostegno di Bibi e aver chiesto la riforma della legge sulla blasfemia in Pakistan. Bhatti andò a visitarla più volte dopo la nomina a ministro e ottenne che Asia Bibi cambiasse cella, provvedendo anche a fare installare una telecamera per controllare che non subisse violenze. Un impegno fatale.

 


Asia Bibi


 

Un commando di uomini armati un giorno blocca la macchina di Bhatti, appena uscito dalla casa della madre, e lo uccide in pieno giorno nel cuore di Islamabad. Un’esecuzione preparata da tempo con cura e, soprattutto, effettuata con estrema facilità. Tutti sapevano che, in mancanza di una protezione, la condanna a morte prima o poi sarebbe stata eseguita. A partire dallo stesso Bhatti, che non volle tirarsi indietro abbandonando alla loro sorte i veri “fuori casta” del Pakistan: i cristiani.

 

Adesso proteste di piazza si susseguono da quando Qadri è stato giustiziato per impiccagione il 29 febbraio 2016, per aver ucciso il suo capo. Dietro le proteste contro Asia Bibi c’è il Jamaat-e-Islami, il più vecchio partito politico islamico del Pakistan, nato con il paese, dopo la divisione del 1947. Un alto funzionario del governo del Punjab ha confidato alla stampa pakistana che la sicurezza della signora Bibi è stata aumentata dopo i rapporti di intelligence secondo cui i gruppi islamisti stanno cospirando per ucciderla dentro al carcere per vendicare l’impiccagione di Qadri. Attivisti e organizzazioni per i diritti umani chiedono che l’appello di Asia Bibi, sempre rimandato, si svolga in cella e fra imponenti misure di sicurezza, perché i timori per la vita della donna sono sempre più fondati. Il trasferimento di Asia Bibi dovrebbe rimanere segreto, perché i fondamentalisti sarebbero pronti a sfruttare qualsiasi opportunità per ucciderla. Per questo andrebbe spostata in elicottero.

 

Asia Bibi attualmente si trova in una cella da sola ed è controllata a vista da due guardie, mentre due telecamere la riprendono notte e giorno. Le sue compagne di prigionia sono quasi tutte accusate di adulterio. Inoltre il cibo che le viene somministrato è rigidamente controllato. Asia deve prepararsi da mangiare da sola, per evitare che qualcuno la avveleni. Le portano gli alimenti crudi e lei li cucina, nella sua unica gavetta. La vita di Asia Bibi va avanti così da cinque anni.

 

Persino i secondini la odiano. A svegliarla di soprassalto è sempre Khalil, che apre la porta della cella per portarle il rancio: Khalil le dà il cibo trattandola peggio di un cane. Un giorno sogghigna e le urla in faccia: “Il tuo angelo custode è appena stato assassinato per colpa tua. Finalmente il tuo adorato governatore, Salman Taseer, quel traditore dei musulmani, è affogato nel suo sangue. Per aver preso le tue difese, è stato ammazzato con venticinque pallottole, a Islamabad. Ce lo siamo tolto dai piedi! Hai tutto l’interesse a startene tranquilla!”. Poi la porta della cella si chiude. I secondini si divertono a tormentarla: “Sta’ attenta! Non perché stai chiusa qua dentro sei al sicuro…”.

 

Nel suo buco senza aperture sul cielo, Asia Bibi non vede né sente ciò che accade fuori. Da quando è in isolamento, Asia Bibi non esce mai dalla cella e nessuno è autorizzato a entrare per pulirla. Deve farlo da sola. La prigione non le dà nessun prodotto per la pulizia. Nella piccola cella, che misura tre metri per due, accanto al letto c’è quella che i secondini, per deriderla, chiamano la “stanza da bagno”. E’ un tubo dell’acqua che sporge dal muro e un buco nel terreno. Ma il buco non è molto profondo e non va a finire da nessuna parte, e Asia non ha niente per coprire i propri escrementi.

 

Questa “detenuta speciale” deve arrangiarsi anche con i vestiti, lavandoli da sola. Ma nella sua minuscola cella senza finestre né ventilatore non è possibile asciugarli. Il solo punto in cui Asia Bibi può appenderli è il letto, che è anche il solo posto in cui può sedersi, se non vuole sedersi per terra nella polvere. Durante il giorno, dopo avere ben strizzato la veste, la stende sulla branda, lasciando libero un angolino dove sedersi. Ma la notte è costretta a dormirci sopra, non avendo altri posti in cui appenderla. E siccome nella cella fa sempre freddo e c’è umido, Asia finisce per asciugarsi addosso i vestiti.

 

Nel carcere ogni giorno Asia Bibi sente “una mistura di disinfettante e grasso bruciato”. Quando la convocano in tribunale i suoi passi echeggiano sul pavimento gelido del corridoio, composto da una ventina di celle per lato. Un intonaco giallastro cade a pezzi sul cemento. E’ come la cripta di un cimitero. Dalle spesse porte giunge spesso come una voce d’oltretomba: “Sei fottuta, Asia, è la tua ora. Stai per morire…”. E’ diventata come una cantilena. A oggi pare impossibile fissare la data del prossimo dibattito della Corte suprema sul caso. Si parla di tre anni d’attesa. E molti sono convinti che la posticipazione del suo caso sia voluta dalle autorità pakistane nel tentativo di sovvertire la giustizia attraverso il decesso prematuro della cristiana. Se verrà riconosciuta innocente e riuscirà a lasciare indenne l’aula di tribunale e il carcere, Asia Bibi non continuerà a vivere in Pakistan. E’ comunque condannata a lasciare la sua terra natia.

 

Intanto gli islamisti si portano avanti con il lavoro. E’ stata appena alzata la taglia sulla testa di Asia Bibi a cinquanta milioni di rupie (quattrocentomila euro). Il suo avvocato le ha spiegato che molti cristiani accusati di blasfemia non fanno in tempo neppure ad arrivare in giudizio, perché vengono uccisi nella loro cella prima ancora di potersi presentare al processo. Da qui l’esigenza di una taglia. Qualcuno ha paragonato la sorte di questa piccola donna pakistana a quella di Maria Stuarda, la regina inglese condannata a morte perché cattolica in un paese che aveva scelto la fede protestante. Asia Bibi non ha mai ucciso nessuno. Ma per la giustizia del suo paese ha fatto di peggio: si è macchiata di blasfemia.Il crimine dei crimini, l’oltraggio più assoluto. La si accusa di aver parlato male del Profeta. Un’accusa con cui si può togliere di mezzo chiunque, quali che siano il suo credo religioso, il suo status, la sua ricchezza o le sue idee. Il tribunale di Nankana non si è limitato a gettarla in una cella umida e fredda, le ha anche tolto il diritto di vedere i cinque figli.

 

I delinquenti, gli assassini, gli stupratori sono trattati meglio di chi è accusato d’avere “insultato il Corano” o Maometto. Fra le molte persone uccise a causa di questa legge vi fu un altro Bhatti, il giudice islamico Arif Iqbal Bhatti, che avendo prosciolto due cristiani falsamente accusati di blasfemia venne assassinato da fanatici islamici nel 1996. I due cristiani vennero bruciati vivi davanti all’Alta corte di Lahore dove affrontavano il processo per blasfemia. Il giudice di Asia Bibi è avvertito. Guai ad assolverla! Secondo i media nazionali, dieci milioni di pakistani sarebbero quindi pronti a uccidere Asia Bibi con le proprie mani. Ma qual è la sua vera colpa? Aver bevuto dell’acqua proveniente da un pozzo di alcune donne musulmane usando il loro bicchiere, quando c’erano quaranta gradi di temperatura. Condannata a morte perché aveva sete. Perché ha usato lo stesso bicchiere delle musulmane.

 

“Sei solo una lurida cristiana” le dicono. “Hai contaminato la nostra acqua. Cagna, lo sai almeno che Gesù è un bastardo, perché non ha un padre legittimo? Maometto sì che aveva un padre che lo ha riconosciuto. Si chiamava Abdullah. Ti dice qualcosa, Abdullah? Gesù è impuro, come te”. Asia commette l’affronto di ribattere: “Non è vero”. Le donne la aggrediscono: “Puoi fare solo una sola: convertirti all’islam per riscattarti dalla tua sozza religione”. Asia fa un profondo respiro per riempirsi i polmoni di coraggio e replica: “Non voglio convertirmi. Io credo nella mia religione e in Gesù Cristo. E perchè dovrei essere io a convertirmi e non voi?”.

 

Il suo destino è segnato. L’8 novembre 2010, dopo appena cinque minuti di camera di consiglio, la sentenza si abbatte su di lei come un fulmine. Asia Noreen Bibi, ai sensi dell’articolo 295 del codice pakistano, viene condannata alla pena capitale per impiccagione. La folla esulta per il verdetto. Asia scoppia a piangere. Di fianco a lei ci sono due poliziotti visibilmente soddisfatti.

 

Fuori i manifestanti acclamano il giudice Naveed Iqbal. “A morte, a morte! Allah akbar!”. Nei giorni successivi 50 mila persone a Karachi e in 40 mila a Lahore scendono per strada per brandire un’immagine di Asia Bibi con la corda al collo. Per questa donna minuta e coraggiosa nessuno in Europa è sceso per strada chiedendone la liberazione. Per lei non si scrivono editoriali. E neppure Papa Francesco si è speso troppo.

 

L’emblema di questa reticenza è nei dodici secondi del faccia a faccia che il Papa ha avuto in piazza San Pietro, il 15 aprile di un anno fa, col marito e la figlia più piccola di Asia. Francesco appena sfiora i due. Benedetto XVI aveva invocato pubblicamente che ad Asia Bibi fosse restituita la vita e la libertà. Adesso su questa regina pakistana vige soltanto un silenzio mortale. Ma lei, come Maria Stuarda, cui nessuno poteva togliere il sangue reale e la religione cattolica, non abiurerà e continuerà a lottare finché avrà respiro, anche se la terranno rinchiusa in quella fossa. La guerra contro i “blasfemi” ha riverberi profondi anche in Europa, dove non si contano più casi di giornalisti, vignettisti e scrittori minacciati di morte per lo stesso “crimine” di Asia Bibi: l’offesa all’islam, vera o presunta. La liberazione e il riscatto in nome della verità di questa madre analfabeta non riguarda soltanto il lontano Pakistan o i suoi derelitti cristiani. Riguarda tutti noi.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.