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retroscena
La capa dei gip di Milano vuole che tutti i giudici diano ragione ai pm sull'urbanistica
Dopo la decisione di una gip di non convalidare il sequestro di un cantiere, la presidente dell'ufficio dei giudici per le indagini preliminari di Milano, Ezia Maccora, ha convocato una riunione a gennaio di tutte le toghe affinché non ci siano "orientamenti diversi" da quelli della procura. E poi c’è chi sostiene che la separazione delle carriere tra pm e giudici non serva
I giudici per le indagini preliminari devono assecondare la posizione della procura di Milano nella maxi inchiesta sull’urbanistica: è con questo intento che la presidente dell’ufficio gip di Milano, Ezia Maccora, ha convocato una riunione a gennaio di tutti i 30 gip milanesi. Lo apprende il Foglio da fonti qualificate del tribunale di Milano. La premessa è questa: quasi tutte le richieste di sequestro o di misure cautelari avanzate dai pm finiscono sul tavolo dell’accomodante gip Mattia Fiorentini (che proprio la scorsa settimana ha detto sì all’ennesimo sequestro, stavolta del cantiere “Unico-Brera”, per presunti abusi edilizi), ma non tutte. Lo scorso 22 novembre la gip Sonia Mancini non ha convalidato un sequestro d’urgenza disposto dai pm di un palazzo in viale Papiniano. Ebbene, con un tempismo significativo, dopo la decisione di Mancini, la presidente Maccora (storica esponente della corrente di sinistra di Magistratura democratica) ha convocato una riunione di tutti i gip facendo sapere di non gradire che nell’ufficio ci siano “diversi orientamenti”, e cioè che in sostanza ci siano letture diverse da quella della procura. Il fatto che l’ufficio gip abbia diversi orientamenti, infatti, secondo Maccora non darebbe “una bella immagine esterna dell’ufficio”. Una concezione paradossale, che vorrebbe tutti i gip schierati sulla stessa posizione, aderente a quella della procura. E poi c’è chi sostiene che la separazione delle carriere tra pm e giudici non serva.
Come abbiamo evidenziato nei giorni scorsi, il pool di pm che sta portando avanti la maxi inchiesta sull’urbanistica nel capoluogo lombardo (Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano) sta utilizzando un metodo “caro” alla procura di Milano, giacché è lo stesso che venne usato ai tempi di Mani Pulite: i pm hanno creato un cosiddetto “fascicolo contenitore”, cioè un unico procedimento penale (il n. 7523/2024) in cui convogliare tutti i filoni di indagine incentrati sui presunti reati di abusi edilizi e lottizzazione abusiva realizzati a Milano, anche se le notizie di reato spesso sono fra loro molto lontane nel tempo e riguardano vicende prive di reali connessioni. Questo espediente comporta la titolarità dell’indagine agli stessi pm e anche il riferimento a un unico giudice per le indagini preliminari.
Se nel 1992 il pool guidato da Francesco Saverio Borrelli consegnava tutte le sue richieste di misure cautelari, che puntualmente venivano accolte, al gip Italo Ghitti, oggi i pm milanesi, grazie al “fascicolo contenitore”, si rivolgono al gip Mattia Fiorentini, che nel tempo ha dimostrato di condividere la tesi di fondo della procura milanese sull’esistenza di “un consolidato sistema di corruttela e commistione tra interessi pubblici e privati” nel settore urbanistico. E infatti è stato il gip Fiorentini ad accogliere, il 7 maggio 2024, la richiesta di sequestro del cantiere “Giardino Segreto Isola”, poi il 7 novembre 2024 il sequestro del complesso immobiliare “Scalo House”, poi il 5 marzo di quest’anno l’arresto di Giovanni Oggioni (ex dirigente del comune di Milano), il 26 marzo l’interdizione per un anno dai pubblici uffici e dalla professione nei confronti dell’architetto Marco Cerri, il 31 luglio sei arresti (uno in carcere, cinque ai domiciliari) nei confronti di funzionari del Comune di Milano e imprenditori di primo piano (nelle settimane successive tutte e sei le misure cautelari sono state annullate dal Riesame), infine la scorsa settimana il sequestro del cantiere “Unico-Brera” nella centralissima Via Anfiteatro.
Non proprio tutte le notizie di reato, però, possono essere fatte rientrare nel fascicolo contenitore, in particolare quelle frutto di esposti da parte di associazioni o comitati cittadini. Capita, dunque, che a esprimersi su alcune richieste della procura debba essere un gip diverso, come di norma richiederebbe il principio di rotazione dell’assegnazione degli affari ai giudici, e di conseguenza quello del giudice naturale. E’ ciò che è accaduto il 22 novembre, quando la gip Sonia Mancini non ha convalidato un sequestro d’urgenza disposto dai pm di un palazzo in viale Papiniano. Una decisione che non è piaciuta alla procura di Milano, né alla presidente dell’ufficio gip di Milano, Ezia Maccora, che ha deciso di convocare a gennaio una riunione di tutti i giudici dell’ufficio. Secondo Maccora l’esistenza di visioni diverse sulle questioni giuridiche al centro della maxi inchiesta non darebbe “una bella immagine esterna dell’ufficio”.
Eppure è proprio il contrario: sapere che la presidente di un ufficio gip, dopo la decisione di una giudice non in linea con i desiderata dei pm, convoca una riunione perché vuole che tutti e 30 i gip abbiano un unico orientamento (che poi sarebbe quello dei pm) dà un’immagine esterna della magistratura a dir poco discutibile. Confermando che la tendenza dei gip ad appiattirsi ai pm esiste, e che la riforma della separazione delle carriere tra queste due figure va nella giusta direzione. Il perfetto spot per il Sì al referendum.