Paolo Storari (foto LaPresse)
il caso
“Supplisco, confesso”: il pm milanese Storari ammette l'esondazione dalle proprie funzioni
Il magistrato rivendica il ruolo di supplenza svolto con le indagini sui lavoratori sfruttati, cioè lo strabordamento della procura di Milano in ambiti istituzionali non propri
“Supplisco, confesso. Però supplisco oggettivamente forse a fin di bene”. Sono le parole pronunciate lunedì dal pm milanese Paolo Storari a un convegno organizzato da Magistratura democratica a Milano, riferendosi alle tante indagini da lui avviate negli ultimi mesi contro imprese della logistica, della grande distribuzione e dell’alta moda, accusate di appoggiarsi a cooperative che sfruttano i lavoratori e omettono di versare le tasse. Storari si è vantato dei risultati ottenuti con queste inchieste, fatte a colpi di sequestri preventivi e amministrazioni giudiziarie: “Le aziende hanno internalizzato 50 mila lavoratori e pagato 600 milioni di euro. Mi proporrei come navigator moderno”, ha detto, rivendicando il ruolo di supplenza svolto dalla magistratura rispetto ai soggetti che dovrebbero verificare i presunti illeciti. Una confessione discutibile.
Dal pm Storari è giunta un’esplicita e problematica confessione della funzione di supplenza svolta dalla procura di Milano: poiché lo stato, attraverso le sue agenzie di controllo (in particolare Inail, Agenzia delle entrate e Inps), non è in grado di effettuare i dovuti controlli sul rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, regolarità fiscale e contributiva, allora ci pensiamo noi magistrati. Come? Addebitando direttamente alle aziende il compito di svolgere questi controlli.
Da questo ragionamento hanno preso avvio le inchieste molto creative lanciate dal 2020 dal pm Storari contro diversi giganti del settore della logistica, della grande distribuzione, della sicurezza e della moda, come Dhl, Esselunga, Carrefour, Gls, Brt, Uber, SicurItalia, Lidl, Gxo, Amazon, Fed Ex, Armani, Dior, Alviero Martini, e in ultimo Tod’s. Tutti accusati di aver stipulato contratti di appalto per servizi con diversi consorzi e cooperative che, in realtà, avrebbero agito come “meri serbatoi di manodopera”, sfruttando i lavoratori e omettendo di versare correttamente l’Iva, oltre che i contributi previdenziali e assistenziali dovuti. In questo modo, la procura di Milano addossa alle imprese un obbligo di controllo nei confronti delle società fornitrici che la legge non prevede e che invece dovrebbe essere svolto dallo stato.
Non solo la supplenza è estranea alle funzioni della magistratura, ma è anche il metodo impiegato a preoccupare. A spiegarlo è stato sempre Storari al convegno di Md: “Facciamo processi all’impresa di carattere non sanzionatorio. Nel momento in cui assume, versa al fisco e modifica la sua organizzazione ci fermiamo”. L’obiettivo individuato dalla procura milanese viene infatti portato avanti attraverso la massiccia richiesta di applicazione di sequestri preventivi nei confronti delle aziende, se non addirittura dell’amministrazione giudiziaria. Parliamo di sequestri da decine di milioni di euro: 146 milioni a Brt, 121 ad Amazon, 86 a Ups, 84 a Gxo, 48 a Esselunga, 47 a Dhl, 43 a Rhenus Logistics e così via. Altre aziende, come Loro Piana, sono invece state sottoposte ad amministrazione giudiziaria su richiesta della procura, per favorire un percorso di “bonifica” della propria filiera produttiva.
Formalmente, come afferma Storari, siamo di fronte a misure non sanzionatorie sotto il profilo penale, ma nella sostanza questi provvedimenti determinano danni reputazionali (e quindi economici) di dimensioni molto importanti a carico delle aziende coinvolte. Conseguenze che poi inducono le stesse aziende a venire a patti con la procura. I magistrati avviano così delle trattative con i vertici aziendali che terminano con accordi attraverso cui le società si impegnano ad assumere direttamente parte dei lavoratori impiegati dai fornitori, a versare somme all’erario e a rivedere la propria organizzazione interna, in modo tale da prevedere forme di controllo sull’attività dei fornitori. Raggiunto l’accordo, la procura archivia autonomamente la contestazione dell’illecito amministrativo mossa con il procedimento previsto dal d. lgs. 231/2001.
In questo modo le inchieste di Storari hanno indotto le aziende ad assumere 50 mila lavoratori precedentemente in servizio nelle presunte “società serbatoio” e a versare oltre 600 milioni di euro all’Agenzia delle entrate. Insomma il metodo del pm Storari è quello del bastone (sequestri e amministrazioni giudiziarie) a cui segue la carota (la non punizione nei confronti delle aziende sul piano penale).
Lo scorso maggio su queste pagine scrivemmo, ironizzando ma non troppo, che Storari con le sue inchieste ha trasformato la procura di Milano in una gigantesca agenzia tributaria e del lavoro. Lo stesso magistrato sembra esserne consapevole. Non solo, rivendica la supplenza svolta dal suo ufficio, cioè lo strabordamento della procura in ambiti istituzionali non propri. Una confessione della strumentalizzazione della funzione giudiziaria.