Diego Della Valle (foto LaPresse)

il caso

La crociata dei pm di Milano contro l'alta moda continua: altra indagine su Tod's

Ermes Antonucci

Con un tempismo a dir poco curioso, proprio il giorno in cui la Cassazione le ha dato torto per la terza volta, la procura di Milano ha aperto un filone penale contro l'azienda di Della Valle per caporalato. E intanto il Pd usa la vicenda per diffondere fake news

La procura di Milano, col pm Paolo Storari, ha alzato il livello della sua crociata contro il presunto sfruttamento dei lavoratori realizzato da alcuni brand dell’alta moda (come Loro Piana, Valentino, Alviero Martini, Armani, Dior e Tod’s). Con un tempismo a dir poco curioso, proprio il giorno in cui la Cassazione ha dato torto per la terza volta alla procura di Milano nel procedimento di prevenzione avviato contro Tod’s (stabilendo la competenza ad Ancona per la richiesta di amministrazione giudiziaria), Storari ha deciso di aprire un procedimento penale, stavolta per contestare ai manager di Tod’s una responsabilità non colposa, bensì addirittura dolosa, di caporalato

 

La procura di Milano aveva chiesto nei mesi scorsi di sottoporre il colosso della moda Tod’s ad amministrazione giudiziaria per un anno per presunto sfruttamento dei lavoratori da parte di alcuni subfornitori cinesi nella filiera produttiva. La società guidata da Diego e Andrea Della Valle è l’ultima a finire coinvolta nella campagna lanciata dal pm milanese Paolo Storari contro il caporalato nel settore dell’alta moda. L’accusa è sempre la stessa: “agevolazione colposa” dello sfruttamento di lavoratori nei laboratori impiegati dalle aziende fornitrici. Nel caso di Tod’s il presunto sfruttamento sarebbe avvenuto addirittura da parte di subfornitori di secondo livello nella catena dell’appalto che vede la Tod’s come committente. Anche per queste ragioni sia il tribunale di Milano sia la Corte d’appello avevano già respinto la richiesta di applicare una misura così pesante come l’amministrazione giudiziaria, decisione confermata mercoledì anche dalla Cassazione, alla quale la procura era ricorsa per l’ennesima volta. 

 

La notizia del triplo schiaffo subìto dal pm Storari è però stata oscurata da una notizia ben più pesante: l’apertura, da parte dello stesso magistrato, di un filone penale in cui risultano indagati Tod’s e tre manager dell’azienda per responsabilità dolose (non colpose come nel procedimento di prevenzione) per caporalato. Secondo la procura, i manager della società sarebbero stati informati negli anni con decine di audit delle presunte violazioni e dello sfruttamento dei lavoratori negli opifici, ma avrebbero ignorato sistematicamente queste segnalazioni. La procura ha anche chiesto al gip di disporre per il brand della moda il divieto di pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi.

 

La nuova iniziativa giudiziaria della procura milanese è subito diventata oggetto di strumentalizzazione politica. Il Partito democratico, con la responsabile Lavoro della segreteria nazionale, Maria Cecilia Guerra, e con il capogruppo in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, ha citato la vicenda per attaccare la maggioranza, chiedendo che non venga approvato “lo scudo penale introdotto nel ddl sulle piccole e medie imprese, che ‘assolve’ i committenti da qualsiasi responsabilità rispetto a quello che accade nella filiera produttiva delle aziende della moda”. Per il Pd l’emendamento, approvato al Senato e ora in discussione alla Camera, “va fermato”. Peccato che non esista nessuna riforma che introduce uno “scudo penale” per le grandi aziende della moda.

 

Il partito di Schlein si riferisce a una serie di norme approvate al Senato su proposta della maggioranza e rivendicate dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che semplicemente istituiscono  un sistema volontario di certificazione di conformità della filiera della moda. L’elemento innovativo è l’obbligo per le imprese di inserire nei contratti di filiera clausole che assicurino anche da parte dei subfornitori il rispetto della disciplina  giuslavoristica, fiscale, previdenziale e di salute e sicurezza del lavoro. 

 

L’emendamento prevede però che a dover garantire il rispetto di questi impegni non siano le società capofila, ma le imprese di filiera, contrariamente alla linea che la procura di Milano sta cercando di far passare con le sue inchieste. Ma, soprattutto, l’inserimento di un’azienda nel registro non comporta alcuno “scudo penale”, come paventato dal Pd. Che, pur di apparire vicino ai pm, diffonde palesi fake news.
   

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]