Ansa
Ma quale consenso?
Mettere il sesso nelle mani dei giudici con leggi vaghe è contro lo stato di diritto
La riforma che introduce il principio del "consenso libero e attuale" non è inutile: sistema delle schifezze semantiche, è vero, ma lo fa in superficie. Si deve vedere come sarà precisata, per adesso bisogna come al solito farsi andare bene il passo avanti simbolico e culturale
Dunque: l’Italia si sarebbe desta. La riforma dell’articolo 609-bis del Codice penale introduce il principio del “consenso libero e attuale” come elemento centrale del reato di violenza: è stupro ogni atto sessuale compiuto senza un consenso espresso o desumibile chiaramente dalla volontà della persona, consenso che deve essere presente nel momento dell’atto e sempre revocabile. La nuova norma allinea l’Italia ai modelli europei, pur mantenendo le ipotesi aggravate tradizionali. In assenza di consenso, la pena prevista resta la reclusione da sei a dodici anni. In Parlamento grandi plausi e un riposante voto ecumenico: strette di mano Meloni-Schlein, tutti contenti. Abbiamo fatto la cosa giusta, si passi all’incasso.
E certo, sulla carta è bellissimo. Il consenso diventa l’asse della definizione. Se il consenso non c’era, è stupro. Fine dell’antropologia. Grande svolta culturale, aggiungono. Chissà cosa cambierà. Non molto, cambierà. Nelle chat del calcetto e padel circola un modello di autocertificazione per “consenso scopata occasionale”. Poi solite battute, solite foto, solite femmine. Ci siamo accorti tutti che esiste (e ubbidiamo a) un automatismo irresistibile di coscienza comune: c’è un problema, scriviamo una legge, si risolve il problema. Mi piace questa fiducia religiosa nella potenza della norma, questa piissima illusione me la tengo anch’io. La riforma sistema delle schifezze semantiche, è vero, ma lo fa in superficie. E tenendosi parecchie crepe sui muri portanti che il parlamento ha preferito ignorare, non sciupiamo vi prego questa bella giornata d’unità nazionale.
Prima cosa. “Consenso libero e attuale”. Sulla carta va bene: chiaro, moderno. Elastico. Vediamo quanto è elastico facendo il crash test con un po’ di domande del demonio. Che significa? Qual è il grado dell’attuale? Tocca ai giudici? E’ ancora la parola di uno contro la parola di un’altra? Per il futuro i ventenni finiranno per regolarsi come già oggi consigliano nei college americani: messaggio al pomeriggio il cui l’interessato alla copula in serata scrive all’altra parte se dopo cena c’è una vaga possibilità. E anche quello può non bastare, ma almeno è un inizio di difesa in ipotesi di denuncia. Fossi un ragazzo, mi abituerei all’idea. Che vuol dire “libero”? Come si dimostra? Come si revoca? Se tacito vale, quando vale? La definizione resta nelle mani dei giudici di merito.
Seconda cosa. Il testo approvato prevede la stessa pena (da sei a dodici anni) per tutto. Bisognava fare così. E’ accordo politico per accontentare e non ragionamento giuridico: se tocchiamo le pene rischia di saltare la norma, quindi non tocchiamo niente. Ma punire allo stesso modo ciò che è diverso porta, nell’esperienza di ogni giurista, perfino quelli scarsi, a un solo risultato: hai sentenze di burro. L’ultimo punto controverso è sui casi di minore gravità, che a me per il momento pare un distillato di arbitrio. L’attenuante “nei casi di minore gravità” resta un concetto di fantasia. Una categoria senza perimetro, affidata alle percezioni del singolo magistrato. Anche qui, rovesciata la ratio della riforma: se mancano criteri chiarissimi, tutto può diventare meno grave. E alcune condotte del primo comma rischiano di essere trattate automaticamente come “fatti seri ma non abbastanza, serie B”. Quello che si era detto di voler superare.
La riforma non è inutile, si deve vedere come sarà precisata, per adesso tocca come al solito farsi andare bene il passo avanti simbolico e culturale. Ricordando però che mettere il sesso nelle mani dei giudici con leggi vaghe alla lunga può essere anche un colpo notevole contro una passione chiamata stato di diritto.