i paradossi del centrodestra
La riforma sulla violenza sessuale fa il contrario di ciò che vuole il governo: dare più poteri alle toghe
L'emendamento approvato da FdI in accordo col Pd introduce il "consenso libero e attuale" nel reato di violenza sessuale. "Una riforma necessaria, ma che lascia ai giudici una discrezionalità enorme nell’interpretazione del reato e nella determinazione della pena”, dice al Foglio la giurista Ilaria Merenda
Sostiene di voler ristabilire l’equilibrio fra i poteri, riconducendo la magistratura nei suoi spazi, ma poi approva leggi che continuano ad attribuire alle toghe ampissima discrezionalità nell’attività giudiziaria. E’ il paradosso del centrodestra, emerso di nuovo con l’approvazione in commissione Giustizia della Camera dell’emendamento che introduce il “consenso libero e attuale” nel reato di violenza sessuale. “Una riforma necessaria, ma che lascia ai giudici una discrezionalità enorme nell’interpretazione del reato e nella determinazione della pena”, dice al Foglio la giurista Ilaria Merenda.
L’emendamento, frutto di un accordo bipartisan tra FdI e Pd, modifica l’articolo 609 bis del codice penale, prevedendo che “chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Resta intatta la restante parte dell’articolo, che prevede al secondo comma che la stessa pena si applichi a chi commette violenza sessuale abusando della condizione di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa, e al terzo comma che invece stabilisce che “nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.
L’inserimento del principio del consenso “è in linea con quanto fatto da altri paesi, come Spagna e Francia, e costituisce un passo necessario, visto lo scollamento tra la norma esistente, incentrata sulla costrizione violenta, e la giurisprudenza, che interpreta l’articolo 609 bis in termini consensualistici, cioè prevedendo che anche laddove non c’è violenza, ma manca il consenso, si integra l’ipotesi di violenza sessuale”, spiega al Foglio Ilaria Merenda, docente di Diritto penale all’Università Roma Tre. “Lo scollamento tra il dato normativo e il diritto vivente ha ormai raggiunto livelli difficilmente compatibili con il quadro dei princìpi e delle garanzie fondamentali su cui si fonda la legalità penale, quindi la riforma appare indispensabile”, ribadisce Merenda. Per la giurista, però, il testo approvato in commissione Giustizia alla Camera grazie all’accordo tra Meloni e Schlein è di gran lunga migliorabile.
Innanzitutto “resta indeterminata la nozione di atto sessuale, che oggi viene ricostruita praticamente a piacimento dalla giurisprudenza, che arriva a ricomprendere sotto la comune etichetta di ‘violenza sessuale’ una serie di comportamenti tra loro largamente eterogenei, che vanno dai semplici abbracci, alle fugaci pacche sul sedere, ai baci sulle guance o al collo, fino ad atti sessuali ben più rilevanti come masturbazioni violente e congiunzioni carnali”, sottolinea Merenda. In secondo luogo, “l’emendamento approvato non dice nulla sul tema dell’errore sul consenso. Con l’inserimento del principio del consenso, il legislatore introduce nella fattispecie un criterio di natura oggettiva, che impone al giudice di verificare se l’altrui volontà sia stata espressa o meno in modo tale da poter essere chiaramente intesa dall’uomo. Ciò non toglie che, pur qualora manchi tale obiettiva riconoscibilità, l’uomo potrebbe comunque agire convinto che il partner abbia univocamente aderito al rapporto sessuale”, nota la giurista.
“Il problema è che nel caso di errore sul consenso, non essendo prevista la violenza sessuale colposa, l’autore non dovrebbe essere punito. La giurisprudenza però di regola non lo riconosce quasi mai e dilata il dolo spesso a casi che realmente dolosi non sono”, aggiunge Merenda. “Di conseguenza, sarebbe auspicabile inserire un’attenuante per chi commette violenza sessuale sulla base di un errore sul consenso. L’attenuante rappresenterebbe un giusto compromesso per tutelare le vittime e allo stesso tempo applicare al reo una pena più congrua in relazione al disvalore del fatto commesso (meno grave senz’altro rispetto a una violenza strettamente dolosa)”.
Merenda ricorda che va in questa direzione la proposta di modifica del reato di violenza sessuale avanzata dall’Associazione dei professori di diritto penale. La proposta prevede uno sdoppiamento del reato in due diverse fattispecie (violenza sessuale e aggressione sessuale) a seconda del carattere penetrativo o meno degli atti realizzati. L’emendamento approvato da FdI e Pd, invece, “mantiene una discrezionalità pazzesca nella determinazione della pena – nota Merenda – La pena massima, fissata a 12 anni, può arrivare a 15 nel caso in cui sussistano le aggravanti. Poi però può essere diminuita e arrivare a 2 anni in casi di lieve entità. La discrezionalità del giudice è enorme, perché la cornice edittale va dai 2 ai 15 anni e c’è una definizione dell’atto sessuale non chiara”, evidenzia Merenda.
Insomma, il testo approvato dalla maggioranza è migliorabile sotto diversi aspetti, a partire da quelli che, paradosso del centrodestra, consegnano ai magistrati una vastissima discrezionalità nell’attività giudiziaria.