esondazioni giudiziarie
Olimpiadi nel mirino: l'indagine creativa contro la fondazione Milano-Cortina 2026
Contro il precedente dei Giochi invernali di Torino 2006, contro la giurisprudenza comunitaria e pure contro il decreto del governo Meloni, la procura milanese sostiene che la fondazione incaricata di organizzare le Olimpiadi invernali di febbraio ha natura di organismo pubblico
Dopo l’urbanistica e il diritto del lavoro, la magistratura milanese vuole fare giustizia creativa anche sulla qualifica degli organismi di diritto pubblico. Nel mirino è finita la fondazione Milano-Cortina 2026, il comitato organizzatore delle Olimpiadi invernali che si terranno il prossimo febbraio. Nella primavera del 2024 la procura di Milano ha aperto un’indagine nei confronti di sette persone, tra cui l’ex amministratore delegato della fondazione, Vincenzo Novari, e vari imprenditori, ipotizzando i reati di corruzione e turbativa d’asta. Al centro delle accuse ci sono in particolare due appalti relativi ai servizi digitali legati alla manifestazione. Il punto è che, fin dalla sua istituzione nel 2019, la fondazione è stata concepita come ente di diritto privato, incaricato di occuparsi di tutte le attività di gestione, organizzazione, promozione e comunicazione degli eventi sportivi relativi ai Giochi. L’ente opera in assenza di finanziamenti pubblici e in regime di concorrenza sul mercato. Alla fondazione si affianca un’altra società, la Simico, di natura pubblica, che invece si occupa di realizzare le opere strutturali e infrastrutturali indicate dal governo. Di conseguenza, non avendo natura di organismo pubblico, non è possibile ipotizzare ai danni dei manager della fondazione e degli imprenditori i reati di corruzione (che implica la presenza di un pubblico ufficiale) né di turbativa d’asta (che implica l’esistenza di gare d’appalto secondo specifici criteri).
Lo schema non è nuovo, anzi è esattamente lo stesso usato nel 2006 per le Olimpiadi invernali di Torino. Anche all’epoca venne creato un ente privato (il Toroc) con la funzione di organizzare le Olimpiadi operando in regime concorrenziale, affiancato da una società pubblica (l’Agenzia Torino 2006) per la realizzazione delle opere necessarie allo svolgimento dei Giochi.
La procura di Milano è di diverso avviso e sostiene che la fondazione Milano-Cortina 2026 abbia in realtà natura di organismo pubblico, perché avrebbe una governance formata da soggetti pubblici (governo, regioni, comuni e Coni), una finalità di interesse generale e assenza di rischio di impresa, perché in caso di deficit il bilancio finale è coperto da stato ed enti territoriali. Di fronte all’insistenza dei pm, il governo si è spinto nel giugno 2024 ad adottare un decreto di interpretazione autentica della legge, che ribadisce che la fondazione Milano-Cortina non riveste la qualifica di organismo di diritto pubblico. La procura non si è data per vinta e ha sollevato questione di legittimità costituzionale contro il decreto del governo, richiesta accolta nei giorni scorsi dalla gip Patrizia Nobile, che ha rinviato il giudizio alla Corte costituzionale.
L’interpretazione fornita dalla procura di Milano appare al momento sganciata dai precedenti e dalla giurisprudenza anche comunitaria in materia. Nel 2004 il Tar del Piemonte, richiamando anche la giurisprudenza europea, chiarì che al Toroc (soggetto assimilabile alla fondazione Milano-Cortina) non poteva essere attribuita natura di organismo di diritto pubblico. In precedenza, anche la Commissione europea aveva fatto lo stesso (deliberazione 1576 del 17 luglio 2002). La specifica natura giuridica della fondazione Milano-Cortina è invece stata affrontata con quattro pareri emessi tra il 2020 e il 2021 dall’Avvocatura generale dello stato, in cui si evidenzia la natura privatistica della fondazione. Ed è difficile credere che l’Avvocatura dello stato non sia al corrente dello sviluppo della giurisprudenza comunitaria in materia.
Nel mirino dei pm milanesi è finita soprattutto la disposizione del contratto firmato dalla fondazione Milano-Cortina con il Comitato olimpico internazionale che prevede che gli enti territoriali siano responsabili in solido con la fondazione dell’eventuale deficit di bilancio da questi maturato al termine della sua attività. Una disposizione, anche questa, già prevista per il Toroc all’epoca dei Giochi del 2006, che per i pm milanesi rappresenterebbe una “vera e propria forma di finanziamento indiretto dell’ente”, ma che invece secondo i giudici amministrativi è soltanto una forma di “rafforzamento della posizione creditoria del Cio, attraverso il tipico istituto della solidarietà passiva tra i più debitori, che facilita l’escussione del credito e ne rafforza la garanzia patrimoniale”.
I Giochi invernali del prossimo febbraio non corrono rischi: la decisione della Consulta non arriverà di certo prima di febbraio 2026. Ma l'immagine del comitato organizzatore, a causa dell’inchiesta creativa milanese, intanto è già stata danneggiata a livello internazionale.