Francesco Petrelli (LaPresse)

l'intervista

“Con le carriere separate una giustizia più giusta”. Parla il presidente dei penalisti Petrelli

Ermes Antonucci

"La riforma serve a ottenere una giustizia penale equilibrata e trasparente, perché libera i magistrati dall’influenza delle correnti e perché non sarà più così palesemente ingiusta nei suoi esiti", dice il presidente dell'Unione camere penali, che ha istituito il "Comitato per il sì"

Ogni otto ore un cittadino viene ingiustamente privato della sua libertà personale. Soltanto nel 2024 i casi di ingiusta detenzione sono costati allo stato 27 milioni di euro. Ecco, noi crediamo che la riforma costituzionale serva a ottenere una giustizia penale equilibrata, non più opaca ma trasparente, perché libera la vita dei magistrati dall’influenza delle correnti, e perché non sarà più così palesemente ingiusta nei suoi esiti”. A dirlo, intervistato dal Foglio, è Francesco Petrelli, presidente dell’Unione camere penali italiane (Ucpi), che ieri a Roma ha presentato il “Comitato per il sì” al referendum sulla separazione delle carriere nella magistratura, con tanto di simbolo (fondo blu con la scritta “Vota Sì, è giusto”) e un decalogo che sintetizza dieci buone ragioni per votare a favore della riforma Nordio. Una riforma definita dai penalisti “storica” e “attesa da oltre trent’anni”.

 

Siamo stati noi i primi a ipotizzare nel 2017 una separazione delle carriere che fosse costruita intorno all’istituzione di due diversi Csm, uno per i pm e uno per i giudici”, ricorda Petrelli. “Per far questo siamo scesi nelle strade e nelle piazze. Abbiamo parlato con i cittadini, raccogliendo oltre 72 mila firme, e già allora abbiamo potuto percepire il loro sconcerto per un’asimmetria tutta italiana, nella quale il giudice e il pm, cioè una delle due parti del processo, appartengono a una stessa organizzazione, nella quale condividono le valutazioni di professionalità, la disciplina, le nomine, gli avanzamenti di carriera. La nostra convinzione è che la domanda di riforma venga proprio dai cittadini, nella consapevolezza che la precondizione del giusto processo è che il giudice sia effettivamente terzo, cioè diverso e separato rispetto al pubblico ministero”, spiega Petrelli. 

 

Il presidente dei penalisti smentisce l’allarme dell’Anm secondo cui la riforma ridurrebbe l’indipendenza dei magistrati: “L’articolo 104 della Costituzione viene riscritto ma in modo addirittura da aumentare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, in particolare del pubblico ministero. Questi infatti avrà a sua garanzia un proprio Consiglio superiore della magistratura, che è lo strumento più formidabile di tutela dell’indipendenza e dell’autonomia di un ordine, peraltro presieduto dal capo dello stato”.  

 

Insomma, il dibattito sul referendum è già pieno  di slogan senza fondamento. “Vista la rilevanza del referendum, il dibattito dovrebbe concentrarsi sugli aspetti tecnici della riforma. E invece le argomentazioni che vengono utilizzate e i testimonial che vengono spesi dal fronte per il ‘no’ vanno nella direzione totalmente opposta. Da un lato c’è una radicalizzazione dello scontro, dall’altra una forte ideologizzazione. Di tutto sentiamo parlare meno che dei temi concreti”, dice Petrelli, che si dice pronto a confrontarsi con qualsiasi esponente del fronte del “no”, incluso il pm Nicola Gratteri, un testimonial ritenuto “contraddittorio”: “Il dottor Gratteri si è dichiarato pubblicamente e inequivocabilmente a favore del sorteggio, che l’Anm considera la lesione più grave alla dignità dell’ordine giudiziario e dell’intera magistratura”, nota il presidente dell’Ucpi. 

 

In gioco non c’è solo la riforma della magistratura, ma la necessità di ristabilire un equilibrio fra i poteri: “La storia del nostro paese, da Tangentopoli in poi, è stata caratterizzata da un lato da una forte debolezza della politica e da una posizione rampante della magistratura che ha occupato tutti gli spazi che la politica, volontariamente o meno, ha lasciato a disposizione. La riforma non può risolvere problemi così strutturali, ma è indubbio che avere un giudice terzo, portatore di una cultura fondata sulla legalità e separata dalla cultura di scopo dei pm, costituisce un formidabile strumento di riequilibrio all’interno del nostro sistema”, conclude Petrelli.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]