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Il colloquio
Nordio: “Ecco tutte le fake news sulla riforma della giustizia”
Intervista al ministro della Giustizia: “La legge non indebolisce, ma rafforza l’autonomia delle toghe”. Schlein e sinistra “dimenticano la propria storia”. Dall’Anm “attivismo politico inopportuno”. “Se vince il no, non mi dimetto”
La prima battaglia, quella dell’approvazione della riforma della giustizia in Parlamento, si è chiusa, adesso inizia quella referendaria. Come festeggia il ministro Carlo Nordio? Non con uno spritz, come qualche malizioso potrebbe pensare, ma chiudendo con le proprie mani 1.200 agnolotti. “Li mangerò questo fine settimana con la mia famiglia e i miei amici”. Il ministro risponde al Foglio dalla sua casa di Treviso, esprimendo la sua soddisfazione per il traguardo – atteso da oltre trent’anni – raggiunto giovedì al Senato, ora da confermare al referendum. Difende la sua riforma dagli “slogan senza alcun fondamento” avanzati dalle opposizioni e dalla magistratura associata: “Non c’è nessun assoggettamento della magistratura alla politica”. Si stupisce che a questa campagna di disinformazione, in cui il governo viene accusato di volere “mani libere per prendere pieni poteri”, partecipi anche “una persona seria come Schlein”. Sottolinea il voltafaccia della sinistra su un tema, la separazione delle carriere, che la storia dimostra appartenere alla tradizione politica della sinistra. Evidenzia “l’inopportunità” della creazione di un Comitato del “no” da parte dell’Associazione nazionale magistrati, che rischia di intaccare il principio di imparzialità della magistratura e di politicizzarla ulteriormente. Promette che non risparmierà forze nella campagna referendaria dei prossimi mesi, e avvisa: “Se la riforma non passerà ne resterò deluso ma non mi dimetterò”. Ma non solo.
Inevitabile cominciare proprio dall’accusa rivolta al governo dalle opposizioni e dall’Anm di voler indebolire l’indipendenza della magistratura e prendere “pieni poteri”. “Sono slogan di pura enfasi verbale che non significano nulla. Perché è sufficiente leggere il testo costituzionale per capire che la magistratura mantiene intatta la sua autonomia e indipendenza e che non vi è nessuna interferenza del potere politico”, risponde Nordio. “La separazione delle carriere esiste in tutti i paesi democratici, l’istituzione dell’Alta corte di giustizia rende realmente indipendente la magistratura da se stessa e dalla sua giustizia domestica, il sorteggio libera i magistrati dalle ipoteche delle loro correnti che ne condizionano la vita”.
Partiamo dalla separazione delle carriere. C’è chi sostiene che l’intento della riforma sia indebolire l’autonomia delle toghe perché la separazione tra pm e giudici nei fatti già esiste. “La separazione delle carriere ha poco a che vedere con il transito da una funzione all’altra, ma invece è incentrata sul fatto che attualmente, nello stesso Consiglio superiore della magistratura, i magistrati requirenti, cioè gli accusatori, danno i voti ai giudici, cioè a quei magistrati che devono essere e apparire terzi e imparziali. Tutto ciò non solo è irragionevole ma contrasta con i princìpi elementari del processo accusatorio. Infatti quando provo a spiegare la situazione attuale ai miei colleghi di altri paesi, come Gran Bretagna e Stati Uniti, dove la democrazia è nata, o non mi capiscono o ci ridono dietro”.
La seconda grande novità è l’istituzione dell’Alta corte disciplinare, a cui verrà affidata la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati. Un’altra misura che, per alcuni, mira a ridurre l’indipendenza dei magistrati. “Anche questo è uno slogan che non solo non ha nessuna giustificazione razionale e non è mai stato spiegato, ma è contraddetto dalla stessa legge”, dice Nordio. “Innanzitutto perché l’Alta corte è formata dagli stessi magistrati, che però non vengono eletti dalle persone che devono essere giudicate ma sono indipendenti perché sono sorteggiate. Il sorteggio non avviene tra passanti di strada, ma in un canestro di professionisti, magistrati, avvocati e professori universitari che sono per definizione tutti molto esperti, preparati e onesti. L’Alta corte evita una follia oggi esistente. Nell’attuale Csm esiste una sezione disciplinare che è formata da persone elette da quelli che un domani saranno giudicati. Persone, aggiungo, alle quali gli appartenenti eletti al Csm sono andati a chiedere e qualche volta implorare i voti durante le votazioni del Csm. Per cui è normale che, come accade per esempio in politica, chi ha dato il voto a una determinata persona si senta un domani in diritto o comunque legittimato ad andare a chiedere un favore in cambio. Come tutti sanno, e io lo so perché dopo quarant’anni in magistratura possono ingannare tutti ma non me, si crea una stanza di compensazione in cui le condotte gravi rimangono impunite, e di tanto in tanto viene punito qualche magistrato per dare un esempio formale, magari per ritardi nel deposito delle sentenze, con pene e sanzioni molto morbide come la censura. Mentre episodi gravissimi come lo scandalo Palamara vengono messi sotto il tappeto”.
Terza novità fondamentale: il sorteggio per l’elezione dei componenti dei due Csm. Secondo l’Anm un metodo che toglierà credibilità, e quindi autonomia sul piano istituzionale, ai futuri Csm. “La credibilità del Csm è già stata ampiamente criticata dalle più alte cariche dello stato, che hanno parlato di una modesta etica di molti magistrati. In secondo luogo tutti sanno che il Csm è oggi un’organizzazione di distribuzione di poteri attraverso il sistema correntizio. Non lo dico solo io. L’ha detto anche Di Matteo e in un certo senso anche Gratteri, che è favorevole al sorteggio. L’ex procuratore antimafia Roberti, del Pd, ha detto che era un mercato delle vacche. La magistratura ha raggiunto un terzo della credibilità che aveva ai tempi della lotta al terrorismo e poi di Mani Pulite. Non dipende dagli attacchi della politica, dipende dal fatto che si è screditata da sé. E questo discredito, ripeto, è emerso con lo scandalo Palamara ma soprattutto col fatto che non hanno voluto fare chiarezza e tutto è rimasto come prima. E’ per questo che siamo dovuti intervenire con il sorteggio dei consiglieri”.
Ma se la riforma venisse confermata al referendum, le garanzie dei cittadini nel processo si indeboliranno o si rafforzeranno? “Le garanzie saranno rafforzate al massimo perché finalmente avranno la possibilità di vedere dei magistrati che non saranno vincolati, o lo saranno molto meno, alle correnti, alle quali oggi devono appartenere perché altrimenti non fanno carriera. La prima domanda che fa il cliente quando va dall’avvocato, e questo lo sanno anche i magistrati, è: “Ma il giudice di che corrente è?”.
La segretaria Elly Schlein ha detto come il Pd cercherà di convincere gli italiani a votare “no” al referendum: “Se pensi che i giudici debbano obbedire a chi governa allora conferma la riforma, se invece pensi che anche chi governa, come tutti, debba rispettare la legge e la Costituzione allora vota no”. “Mi stupisco di come una persona intelligente come Schlein possa dire cose che non sono minimamente presenti nella riforma né nello spirito nelle nuove norme”, risponde Nordio. “Sono slogan che non hanno nessun fondamento. Anzi, è previsto il contrario: una separazione delle carriere, con un’Alta corte di giustizia assolutamente imparziale, è il contrario dell’assoggettamento della magistratura all’esecutivo. Poi se vogliono fare un processo alle intenzioni perché non hanno altri argomenti lo facciano pure”.
Uno dei padri della riforma del codice del 1989, Giuliano Vassalli, era socialista e voleva la separazione delle carriere. Alla Bicamerale D’Alema diversi esponenti del Pds proposero la separazione delle carriere. Nel 2019 Maurizio Martina presentò una mozione per diventare segretario del Pd, alla quale aderirono tanti alti dirigenti del partito, che prevedeva la separazione delle carriere. La sinistra si è dimenticata che questa riforma fa parte della sua storia? “Io non sono di sinistra, ma sono un liberale puro e quindi non mi permetterei mai di dare consigli a una persona di sinistra. Posso solo notare che la tradizione culturale della sinistra è proprio quella garantista di difendere il più debole, e davanti al giudice l’indagato-imputato è sempre il più debole, anche se è ricco e potente. Per questo, ripeto, trovo enfatico e anche sorprendente sentire certe affermazioni da una persona seria come Schlein, che non è un grillino analfabeta come ne ho sentiti mercoledì alla Camera. Uno ha confuso il codice penale con quello di procedura penale, un altro ha detto che la rapina deve essere ricondotta tra i reati perseguibili d’ufficio, come se adesso fosse perseguibile a querela di parte”.
L’Anm ha istituito un comitato per il “no”. Ritiene che si tratti di un’iniziativa di carattere politico? “La creazione di un comitato ha sempre un minimo di connotazione politica. Non ho mai detto e non dico che il comitato sia illegittimo. Penso semmai che è inopportuno nell’interesse della magistratura, perché più la magistratura si espone con delle iniziative che vengono necessariamente interpretate come iniziative politiche, e più fa cadere la credibilità della sua imparzialità”.
La riforma è stata approvata senza alcuna modifica rispetto al testo inizialmente licenziato in Consiglio dei ministri. Crede che il governo avrebbe potuto mostrare in Parlamento maggiore apertura al confronto con le opposizioni? “Poiché conosciamo benissimo i tempi che occorrono per una riforma costituzionale, cioè tra i due e i tre anni tra iter parlamentare e referendum, si sarebbe subito dovuto iniziare con un dialogo costruttivo. Diciamo la verità: c’è stato un niet, cioè un no assoluto e pregiudiziale da parte dell’Anm, che ha subito fatto uno sciopero dopo una visita di cortesia. Sul piano politico, ci è stato risposto che sulla separazione delle carriere e sul sorteggio del Csm non ci poteva essere alcuna trattativa. Allora non vedo su che altro avremmo potuto trattare. Che le opposizioni non avessero nessuna intenzione di instaurare un dialogo costruttivo lo si è visto nelle commissioni, dove hanno fatto di tutto per ritardare i tempi. Hanno chiamato in audizione decine e decine di persone per procrastinare i tempi. Fino all’ultimo hanno sperato che questa riforma non si sarebbe fatta e invece noi l’abbiamo fatta”, dice soddisfatto Nordio.
Ministro, nei prossimi mesi sarà chiamato ovunque per dibattere della riforma e del referendum. Ha intenzione di girare l’Italia? “Compatibilmente con gli impegni di governo. Ho accettato questo gravoso incarico, sottraendomi dai miei amati libri, dal mio sport e dalla famiglia, perché volevo realizzare queste riforme. Quindi adesso certo che mi spenderò, compatibilmente ovviamente con gli impegni ministeriali”. Ma se il referendum andrà male e vincerà il “no”, si dimetterà? “Se la riforma non venisse approvata resterei sicuramente deluso, ma non metterei in difficoltà il governo con le mie dimissioni. Come ha detto la premier, e come insisto io, questo referendum non ha e non deve avere un significato politico ‘Meloni sì-Meloni no’. In caso di sconfitta non cambierebbe nulla, salvo ovviamente il mio rammarico personale”.
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