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Il punto
A due settimane dal crollo di Regina Coeli, nelle carceri romane la situazione è "un gran casino", dice la garante
Il crollo di parte del tetto ha causato circa 300 detenuti sfollati, trasferiti in altre strutture come Rebibbia. Dalla cella, Gianni Alemanno dedica la pagina del suo "diario" a questa situazione. Valentina Calderone: "La situazione è in stallo"
"È tutto un gran casino". Non usa mezzi termini Valentina Calderone, la garante dei diritti delle persone private della libertà nel comune di Roma, nel descrivere la situazione nelle principali carceri a due settimane dal crollo di una parte del tetto di Regina Coeli. I fatti: lo scorso 9 ottobre una parte del soffitto del principale carcere della capitale è crollato, nella zona conosciuta come "seconda Rotonda", luogo nel quale transitano ogni giorno centinaia di operatori e detenuti. Nessun ferito, ma l'incidente ha causato la chiusura della zona e lo sfollamento di centinaia di detenuti, inevitabilmente trasferiti in altre strutture.
Da quel giorno il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si è messo in moto, ma i lavori per ripristinare una parvenza di normalità sono ancora lenti e rognosi. "Non so dare tempistiche ma so che il lavoro non sarà terminato in tempi brevi, c'è di mezzo la sovraintendenza", spiega al Foglio Calderone. Eppure il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, precipitatosi sul luogo dell'incidente il giorno stesso, aveva assicurato che i lavori "sarebbero partiti da subito per cercare di ripristinare il prima possibile la cupola oggetto del crollo".
Dopo più di due settimane il buco è ancora lì. E dentro alle carceri scoppia il caos. Dopo il crollo circa trecento detenuti sono rimasti "senza dimora" e sono stati trasferiti in altre strutture. Quella principale è il secondo carcere romano per grandezza, Rebibbia, e da una delle celle l'ex sindaco capitolino Gianni Alemanno oggi dedica una pagina del suo "diario di cella" proprio a questa situazione: "Il sottosegretario Delmastro si è affrettato a minimizzare, ma la realtà è ben diversa: circa 300 detenuti sono stati trasferiti in altri carceri", scrive. E aggiunge qualche numero: "Dal momento del crollo, tutti i nuovi arrestati di Roma (circa 40–50 persone al giorno), invece di finire a Regina Coeli, saranno sistematicamente dirottati a Rebibbia".
"È un macello", commenta Calderone. Un evento imprevisto ma non improbabile ha infatti complicato una situazione già drammatica: "A Rebibbia Nuovo complesso il sovraffollamento è drammatico: ci sono 1.600 detenuti per soli 1.068 posti disponibili", dice la garante.
Con il dirottamento necessario a causa dell'incidente con ogni probabilità si andrà ad aggravare la situazione a Rebibbia, luogo nel quale qualche giorno prima del crollo, il 23 settembre, il sindaco Roberto Gualtieri aveva tenuto un consiglio comunale straordinario proprio per affrontare i temi legati al sovraffollamento nelle prigioni. Un'iniziativa "importante e coerente", aveva detto dopo aver chiuso l'Assemblea, che nel corso della seduta ha approvato sette ordini del giorno "molto concreti". "Bisognava fare qualcosa", aveva detto la presidente Svetlana Celli. Poi l'incidente.
Nel suo "diario", Alemanno tira in ballo il governo e il "piano carceri" annunciato qualche mese fa, che punta a costruire nuove carceri per poter accogliere tutti i detenuti. L'ex sindaco di Roma scrive: "Non aveva ragione Nordio, purtroppo avevamo ragione noi. Il piano e gli altri ‘palliativi' messi in campo non avrebbero risolto il sovraffollamento, ma l'avrebbero aggravato", ha scritto. "I frutti di questo piano devono ancora iniziare a vedersi – continua Calderone – le misure non hanno avuto alcun risultato".
A intervenire sulla questione è stata anche la vicepresidente del Senato e membro della commissione Giustizia del Pd Anna Rossomando: "Nordio risponde solo con interventi annunciati di edilizia straordinaria ed emergenziale, ma da Regina Coeli arriva la dimostrazione che non viene curata neanche la manutenzione ordinaria, con ripercussioni su altre carceri, come Rebibbia", ha detto al Foglio, annunciando un pacchetto di proposte per la manovra che aiutino quantomeno a "attenuare" la situazione.
La fase è quindi di stallo. E mentre il tempo passa si intercettano le storie di persone che di punto in bianco, per colpa di un incidente, si sono ritrovare trasferite in un altra struttura, abbandonando consuetudini, routine e reti sociali costruite nel corso del tempo. E se già di per sé questo rappresenta un trattamento difficile da comprendere, la situazione è ancora più grave per i detenuti indirizzati verso percorsi psicologici importanti, che di punto in bianco si ritrovano a doversi interfacciare con realtà diverse e disorientanti. In questi casi è utile ricordare gli appelli del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che anche nel corso dell'estete ha ricordato come la questione delle carceri oggi rappresenti "una vera emergenza sociale sulla quale occorre interrogarsi".
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