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La Camera scuda il governo sul caso Almasri. Nordio attacca le toghe ed è scontro con l'Anm

Ermes Antonucci

Rigettata l'autorizzazione a procedere nei confronti di Nordio, Piantedosi e Mantovano per la vicenda del generale libico. Il Guardasigilli: "Tribunale dei ministri ha fatto strazio delle norme del diritto". Insorge l'Associazione nazionale magistrati

Passeggiando verso l’ingresso dell’Aula della Camera, a inizio mattinata, alcuni deputati non avevano nascosto il timore di un colpo di scena (“Oggi siamo sulle montagne russe”, il sussurro di un onorevole), ma alla fine il richiamo alla “presenza obbligatoria” inviato dai vertici dei partiti della maggioranza ai propri membri ha avuto effetto (tanto che a Montecitorio si è vista persino Marta Fascina): la Camera ha votato contro il processo nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario Alfredo Mantovano per il caso della scarcerazione del generale libico Almasri. Ad avanzare la richiesta era stato il Tribunale dei ministri, attivato dopo un esposto ricevuto dalla procura di Roma. Tre votazioni distinte, tutte a scrutinio segreto, sotto lo sguardo vigile della premier Giorgia Meloni, arrivata in conclusione della discussione e poi fuggita via dopo il voto senza rilasciare alcuna dichiarazione. Con una sorpresa in senso opposto rispetto a quanto preventivato: la presenza di franchi tiratori nell’opposizione.

 

A votare contro la richiesta di autorizzazione a procedere, infatti, alla fine è stato un numero di deputati superiore a quello della maggioranza di governo (242): 251 voti per Nordio, 252 per Mantovano e 256 per Piantedosi. In favore del ministro dell’Interno aveva annunciato il proprio voto favorevole solo Italia viva. “C’erano alcuni assenti nella maggioranza, quindi avevamo calcolato di arrivare a 235: ci sono stati 15-20 franchi tiratori tra le opposizioni”, ha spiegato il capogruppo di FdI a Montecitorio, Galeazzo Bignami, dopo la votazione. Un dato politico non irrilevante, che consente a Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento, di rivendicare “la compattezza straordinaria della maggioranza”, che ha preso persino “più voti del previsto”.

 

E’ stata accolta così la linea tracciata dalla relazione predisposta da Pietro Pittalis (FI), anticipata su queste pagine nei giorni scorsi: sul caso Almasri i ministri Nordio, Piantedosi e il sottosegretario Mantovano agirono “per la tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante” e per perseguire “un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo”, in particolare “tutelando la vita e l’incolumità dei numerosi italiani residenti in Libia”, che secondo fonti qualificate dei servizi segreti sarebbero stati esposti a un rischio concreto di ritorsioni da parte della milizia libica Rada in caso di trattenimento in Italia di Almasri. La relazione della maggioranza non risparmia dure critiche all’operato del Tribunale dei ministri, accusato di scorrettezze giuridiche non da poco, come l’aver utilizzato le informative rese al Parlamento dai ministri Piantedosi e Nordio come “versione difensiva degli indagati”.

 

Ancor più netto è stato Nordio in Transatlantico, subito dopo aver ottenuto il “no” dell’Aula al processo ai suoi danni: “Da modesto giurista lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati”, ha detto il Guardasigilli. Parole che hanno generato la dura reazione dell’Associazione nazionale magistrati: “Stupisce e rammarica che il ministro della Giustizia, che ha un alto compito istituzionale, decida invece di venir meno a ogni principio di continenza, rispetto e misura, aggredendo in maniera scomposta dei colleghi, peraltro sorteggiati per far parte del Tribunale dei ministri, contraddicendo il più volte decantato intento di abbassare i toni”.   

 

La vicenda Almasri, comunque, non può ancora essere archiviata del tutto. Resta aperto il capitolo che riguarda Giusi Bartolozzi, capa di gabinetto del ministro Nordio, indagata dalla procura di Roma per false informazioni rese al Tribunale dei ministri proprio sul caso del generale libico. Il Guardasigilli ha auspicato che “il capitolo su Bartolozzi si chiuda così come questo”, ma la strada da percorrere appare più complessa. Nella relazione di Pittalis si sottolinea la “connessione teleologica” tra le contestazioni mosse a Nordio, Piantedosi e Mantovano e l’ipotesi di false informazioni ravvisata nei confronti di Bartolozzi. Si sostiene, quindi, che anche nei confronti di Bartolozzi dovrebbe essere applicata la disciplina prevista per i ministri, con la richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento. Una lettura radicalmente diversa da quella offerta dalla procura di Roma, e che dovrebbe portare la Camera a sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]