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il caso

La presidenza del Consiglio condannata a pagare 100 milioni di debiti di un comune in dissesto

Ermes Antonucci

Sulla scia di una serie di sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, il tribunale di Roma ha emesso un decreto ingiuntivo nei confronti del governo, condannandolo a pagare l’intero valore del credito vantato da una società nei confronti di un comune in dissesto

Il tribunale di Roma ha emesso un decreto ingiuntivo nei confronti della presidenza del Consiglio dei ministri, condannandola a pagare l’intero valore del credito vantato da una società nei confronti di un comune in dissesto. La cifra non è stata resa nota, ma si avvicinerebbe ai cento milioni di euro. La decisione dei giudici romani segue una serie di sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e costituisce un precedente dall’impatto potenzialmente esplosivo per i contenziosi tra imprese e Pubblica amministrazione, e anche per le casse pubbliche dello stato. La vicenda trae origine da una serie di pronunce della Cedu emesse dallo scorso gennaio, su ricorsi presentati dallo studio legale Ontier, che hanno dichiarato lo stato italiano garante ultimo dei debiti di comuni ed enti locali in dissesto.

 

Le sentenze danno finalmente risposta alle tante imprese che vantano crediti nei confronti di comuni, regioni, enti locali o società partecipate ma che, nonostante questo, spesso anche a causa del fallimento dei soggetti in questione, non ricevono mai indietro le risorse che gli spetterebbero. Per la Corte di Strasburgo, il mancato pagamento dei debiti da parte della Pubblica amministrazione vìola non solo il diritto di proprietà, ma, se già esiste una sentenza, anche il diritto al giusto processo. Di conseguenza, quando le varie articolazioni della Pa non rispettano i loro obblighi (anche in caso di fallimento), la responsabilità ricade comunque sullo stato centrale. 

 

Da gennaio lo studio Ontier ha ottenuto otto sentenze favorevoli della Cedu nei confronti di banche e fornitori della Pa. Lo stato italiano è stato condannato ad assicurare, entro  tre mesi, l’esecuzione dell’intero credito rimasto insoddisfatto a causa della situazione di dissesto dell’ente locale debitore. Poiché nel caso di una sentenza pronunciata a gennaio ciò non è avvenuto, Ontier si è rivolto al tribunale di Roma, che ha emesso un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti della presidenza del Consiglio. 

 

Per l’avvocato Francesco Verri, che con i colleghi dello studio Ontier si è occupato anche di questo ultimo caso, siamo di fronte alla chiusura di un cerchio: “Introducendo un ricorso davanti alla Corte di Strasburgo e ottenendo una sentenza è possibile esigere dal governo il pagamento e recuperare crediti rimasti intrappolati nell’insolvenza della Pubblica amministrazione, degli enti locali e delle società partecipate”, dice al Foglio. “E’ un precedente che può cambiare radicalmente il destino di crediti incagliati o inesigibili che valgono centinaia di milioni di euro e che diventano liquidità grazie alla combinazione tra le decisioni della Corte europea e i provvedimenti conseguenti dei giudici nazionali”.

 

Secondo gli ultimi dati disponibili, sono 120 i comuni e le province in dissesto finanziario in Italia. A questi si deve aggiungere la pletora di partecipate pubbliche, stimate in circa cinquemila, di cui addirittura mille in liquidazione (dati del ministero dell’Economia e delle Finanze). A quanto ammonti il debito maturato da questi enti nei confronti di imprese e cittadini, tuttavia, non è noto, anche se si stima che si sia di fronte a svariati miliardi di euro. 

 

La decisione del tribunale di Roma rischia di assumere una portata storica, aprendo la strada a richieste per centinaia di milioni di euro, così incidendo profondamente sulle prassi di pagamento della Pubblica amministrazione e soprattutto sul bilancio dello stato. Grazie a questo precedente, infatti, imprese e fornitori della Pa potranno rivolgersi ai tribunali italiani e ottenere che il governo centrale paghi al posto degli enti insolventi, trasformando crediti ritenuti “perduti” in liquidità.

 

La presidenza del Consiglio avrà ora quaranta giorni per opporsi eventualmente al decreto ingiuntivo (che comunque è immediatamente esecutivo). Nel caso l’obbligo di pagamento imposto dal tribunale non venisse rispettato, il creditore potrebbe persino avviare una procedura di pignoramento nei confronti del governo e si potrebbero pure ipotizzare responsabilità erariali. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]