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La strategia del centro destra per salvare Bartolozzi nel caso Almasri

Ermes Antonucci

La maggioranza chiede chiarimenti alle toghe sulla capo di gabinetto. Ma punta al ricorso alla Corte costituzionale

Prima la manifestazione di leale collaborazione (la carota), poi il ricorso alla Corte costituzionale (il bastone). E’ questa la strada scelta dalla maggioranza per sciogliere il nodo legato al ruolo di Giusi Bartolozzi nel caso Almasri. Oggi la Giunta per le autorizzazioni della Camera ha approvato la richiesta avanzata dal centrodestra di chiedere alla procura di Roma e al Tribunale dei ministri chiarimenti in merito alla posizione della capo di gabinetto del ministro della Giustizia Nordio, esclusa dalla procedura di autorizzazione a procedere che coinvolge il Guardasigilli, il ministro Piantedosi e il sottosegretario Mantovano per la vicenda del rimpatrio del generale libico. Nell’atto approvato in Giunta si chiede innanzitutto “una interlocuzione, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra poteri dello stato”, con la procura di Roma, in merito all’iscrizione di Bartolozzi nel registro degli indagati. 


L’ipotesi di reato a carico di Bartolozzi, secondo quanto appreso dagli organi di informazione, è false informazioni rese al Tribunale dei ministri. E’ stato quest’ultimo, nella sua relazione sul caso Almasri, a definire come “inattendibile e mendace” la versione fornita ai giudici dalla capo di gabinetto, soprattutto attorno alla questione della mancata sottoposizione al ministro Nordio della bozza di provvedimento che avrebbe consentito di evitare la scarcerazione e poi il rimpatrio di Almasri. Alla luce delle notizie di stampa, ora la Giunta per le autorizzazioni chiede alla procura di Roma delucidazioni rispetto alla “effettività dell’iscrizione nel registro degli indagati” di Bartolozzi e “in merito alla data nella quale sarebbe avvenuta tale iscrizione, del luogo di commissione del reato e dell’eventuale capo di imputazione”. Simile richiesta di chiarimento viene rivolta dalla Giunta al Tribunale dei ministri: “Poiché nella relazione del Tribunale dei ministri non sono presenti riferimenti in ordine alle determinazioni conclusive assunte dallo stesso Tribunale nei confronti della dr.ssa Bartolozzi, nonostante i ripetuti richiami contenuti nella relazione stessa e negli atti trasmessi alla Giunta, si chiede una interlocuzione con il Collegio per i reati ministeriali, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra poteri dello stato, al fine di conoscere la posizione giuridica della dr.ssa Bartolozzi e l’eventuale configurazione nei confronti della stessa del reato di cui all’art. 371-bis c.p. a suo carico”.

Il reato in questione è appunto quello di false informazioni. Un reato autonomo rispetto a quelli contestati a vario titolo agli esponenti del governo (Nordio, Piantedosi e Mantovano), cioè favoreggiamento, peculato e omissione di atti d’ufficio. Ciò ha indotto il Tribunale dei ministri ad avanzare richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento nei confronti degli esponenti governativi ma non anche della “laica” Bartolozzi. Una linea criticata dalla maggioranza, secondo cui, come si legge nell’atto approvato dalla Giunta, “ci si troverebbe di fronte a un’ipotesi di connessione teleologica tra il delitto contestato alla dr.ssa Bartolozzi e quelli contestati al ministro Nordio e, quindi, a una vis attractiva di questo reato alla competenza della Camera dei deputati”. Di conseguenza, la convinzione della maggioranza è che il Tribunale avrebbe dovuto includere anche Bartolozzi nella richiesta di autorizzazione a procedere, come avvenuto in passato in occasione di altre vicende che hanno coinvolto, oltre a ministri, anche figure non governative. 


E’ nel ripetuto richiamo alla “leale collaborazione tra poteri dello stato” che va rintracciato il cuore della strategia adottata dal centrodestra: chiedere chiarimenti a procura e Tribunale dei ministri in merito alla posizione di Bartolozzi, per poi –  una volta ricevute le risposte, ovviamente insoddisfacenti – sollevare, tramite la presidenza della Camera, un conflitto di attribuzione tra poteri dello stato di fronte alla Corte costituzionale, sostenendo che il Tribunale dei ministri avrebbe dovuto includere anche Bartolozzi nella procedura. Il tutto indossando “l’abito” elegante di chi si rivolge alla Consulta soltanto dopo aver mostrato uno spirito di dialogo e collaborazione tra le istituzioni. La decisione della Giunta di chiedere chiarimenti a procura e Tribunale dei ministri è stata contestata dalle opposizioni, ma non inciderà sull’iter parlamentare di esame della richiesta di autorizzazione a procedere a carico di Nordio, Piantedosi e Mantovano. La prossima settimana Federico Gianassi (Pd) presenterà la sua relazione sul caso, ovviamente favorevole all’autorizzazione a procedere contro gli indagati. La relazione sarà votata, e prevedibilmente respinta, il 30 settembre. A quel punto sarà nominato un nuovo relatore (stavolta di maggioranza), che presenterà le sue conclusioni contrarie all’autorizzazione a procedere direttamente all’Aula della Camera con una propria relazione.

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]