il trappolone

Le forzature del Tribunale dei ministri che hanno portato all'indagine contro Bartolozzi

Ermes Antonucci

I magistrati non hanno chiesto l'autorizzazione a procedere anche per la capo di gabinetto, nonostante abbiano definito centrale il suo ruolo nella vicenda Almasri. I costituzionalisti Ceccanti e Curreri: "Decisione dei giudici incoerente"

Il trappolone. A servirlo è stato il Tribunale dei ministri, che ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione a procedere nei confronti di Nordio, Piantedosi e Mantovano per il caso Almasri, ma non ha fatto lo stesso con il capo di gabinetto del ministro della Giustizia, Giusi Bartolozzi, pur sottolineando il ruolo centrale ricoperto da quest’ultima nell’intera vicenda. Risultato: la procura di Roma ieri ha iscritto Bartolozzi nel registro degli indagati per false dichiarazioni rese al Tribunale dei ministri. Una mossa che appare irrazionale a diversi costituzionalisti. Per Stefano Ceccanti, “l’autorizzazione parlamentare va richiesta per qualsiasi imputato laico, cioè non ministro, che ha commesso presunti reati in regia con i ministri”

 

Tra questi soggetti, spiega Ceccanti, ex parlamentare del Pd, rientra appunto Bartolozzi, che “viene descritta dai magistrati del Tribunale dei ministri come facente parte di un sistema. In alcuni passaggi la capo di gabinetto viene rappresentata come una figura che ha persino rivestito un ruolo più importante dello stesso ministro Nordio”. “Di conseguenza, il tribunale ha commesso un’incoerenza interna nel non avanzare la richiesta di autorizzazione anche per Bartolozzi. Avrebbe dovuto valutare il suo ruolo facendo prevalere il profilo sistematico e chiedere l’autorizzazione a procedere”, aggiunge il costituzionalista.

 

Sulla stessa linea anche Salvatore Curreri, costituzionalista e docente all’Università di Enna, secondo cui “è evidente che il Tribunale dei ministri per cercare di colpire solo Bartolozzi, prevedendo la richiesta di autorizzazione nei confronti degli altri tre, doveva separare il più possibile l’ipotesi di reato contestata alla capo di gabinetto. In altre parole, doveva mettere in luce che Bartolozzi ha commesso un reato autonomo, da perseguire in via autonoma, senza dover passare per l’autorizzazione parlamentare”. Così è avvenuto: il Tribunale dei ministri ha contestato a Bartolozzi di aver fornito una versione “inattendibile e mendace”, soprattutto per quanto riguarda i passaggi che hanno portato Nordio a non prendere in esame il provvedimento che era stato preparato dai propri uffici e che avrebbe consentito di evitare la scarcerazione del comandante libico Almasri. False dichiarazioni, appunto. 

 

Un reato a prima vista autonomo rispetto a quelli contestati dal Tribunale dei ministri agli esponenti del governo (favoreggiamento per tutti, peculato per Piantedosi e Mantovano, omissione di atti d’ufficio per Nordio). In realtà, sottolinea Curreri, “da quanto è possibile leggere dalla relazione del tribunale, Bartolozzi risulta coinvolta in modo centrale nella vicenda Almasri e ha agito tenendo sempre informato il ministro. Non a caso lo stesso Nordio ha detto che tutte le azioni di Bartolozzi sono state esecutive dei suoi ordini e si è assunto tutta la responsabilità politica e giuridica su quanto avvenuto”. 

 

Anche per Curreri, dunque, il Tribunale dei ministri avrebbe dovuto ragionare in termini sistemici e chiedere l’autorizzazione a procedere anche per Bartolozzi, anche se quest’ultima non era inizialmente indagata dalla procura di Roma: “Il Tribunale dei ministri non agisce sulla base delle indicazioni della procura. Una volta che incrocia un reato che ritiene possa essere stato commesso dal ministro, la procura si arresta subito e trasmette gli atti al Tribunale dei ministri, che svolge tutta l’attività di indagine e ogni valutazione senza alcuna perimetrazione del proprio ambito di intervento”. 

 

La via del “reato autonomo” per sottrarre Bartolozzi allo “scudo” parlamentare risulta dunque una forzatura non da poco da parte del Tribunale dei ministri, immediatamente accolta con favore dalla procura di Roma guidata da Francesco Lo Voi. 

 

E ora? Per Ceccanti “il caso dovrebbe essere integrato con la richiesta di autorizzazione anche nei confronti di Bartolozzi. La Giunta delle autorizzazioni della Camera potrebbe chiedere al Tribunale dei ministri di integrare la sua richiesta. In assenza di risposta, la Camera potrebbe promuovere un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale”. 

 

Per Curreri “è prevedibile che la procura di Roma non chiederà al Parlamento l’autorizzazione a procedere nei confronti di Bartolozzi e si arriverà così a uno scontro istituzionale. A quel punto la capo di gabinetto potrebbe sollevare un’eccezione a difesa della sua posizione individuale nel corso del procedimento penale, oppure la Camera potrà sollevare un conflitto di attribuzione contro la procura per la mancata richiesta di autorizzazione a procedere”. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]