
L'ex difensore di Cesare Battisti chiede all'Italia di estradare Zambelli in Brasile
La Corte suprema brasiliana ha chiesto l'estradizione della deputata di destra: il presidente è Luís Roberto Barroso, l'avvocato del terrorista che si opponeva alla sua estradizione dicendo che "la democrazia italiana era più truculenta della dittatura brasiliana”
Probabilmente dopo il caso Almasri e la sentenza di ieri della Corte di giustizia dell’Ue sui paesi sicuri, Giorgia Meloni non ha la volontà né le energie per aprire un ulteriore fronte politico-giudiziario. Per questo il caso Zambelli viene trattato dal ministero della Giustizia dal punto di vista squisitamente tecnico.
La deputata brasiliana di estrema destra Carla Zambelli, condannata a dieci anni in Brasile per aver hackerato il sistema informatico del Consiglio nazionale di giustizia, secondo quanto deciso ieri dalla Corte d’appello di Roma dopo l’udienza di custodia cautelare, resta in carcere mentre le autorità italiane ne valutano l’estradizione. Ora il ministro Carlo Nordio ha dieci giorni di tempo per dare o meno corso alla procedura giudiziaria di estradizione, che è stata richiesta dalla Corte suprema del Brasile (Supremo Tribunal Federal), attualmente presieduta dallo storico avvocato dell’ex terrorista Cesare Battisti.
Si tratta di Luís Roberto Barroso che, tra il 2009 e il 2011, fu insieme al presidente Lula il protagonista della mancata estradizione dell’esponente dei Proletari armati per il comunismo (Pac), condannato in Italia a due ergastoli, ma ritenuto dalle autorità brasiliane un “perseguitato politico”. Barroso sostenne davanti alla Corte suprema, che ora presiede, l'innocenza del suo assistito: “Signor presidente, Cesare Battisti è il capro espiatorio di un complotto” affermò per supportare la concessione di “rifugiato politico” decisa dal governo Lula. “Non ha commesso alcun reato efferato – disse nell’arringa difensiva –. Non vi è stato alcun atto di terrorismo. [...] Lui e la sua organizzazione sono accusati di quattro omicidi contro agenti controrivoluzionari nemici del proletariato”.
Questi temibili nemici del popolo, in realtà, erano un gioielliere (Pierluigi Torregiani), un macellaio (Lino Sabbadin), un agente della polizia penitenziaria (Antonio Santoro) e un agente della Digos (Andrea Campagna). La tesi è che Battisti era stato condannato senza un giusto processo e per pregiudizio politico da un regime autoritario. Barroso è arrivato a sostenere che negli anni 70 e 80 “la democrazia italiana era più truculenta della dittatura brasiliana”, che ha ucciso e fatto sparire centinaia di dissidenti e violato sistematicamente i diritti umani dal 1964 al 1985.
Non è la semplice linea difensiva di un avvocato che fa il suo lavoro. Barroso assunse la difesa di Battisti pro bono, su richiesta di Fred Vargas, la scrittrice francese autrice del pamphlet La vérité sur Cesare Battisti che guidava la rete di scrittori e intellettuali di sinistra a protezione della latitanza di Battisti. Vargas ha continuato a sostenere l’innocenza di Battisti persino dopo che lui stesso ha confessato gli omicidi. Analogamente, Barroso ha difeso l’ex terrorista per convinzione anche dopo che la presidente Dilma Rousseff, la delfina di Lula, cioè la parte politica che ha protetto Battisti, lo ha nominato giudice della Corte suprema.
Diversi anni dopo, quando era già diventato giudice del Tribunal Supremo, in un’intervista alla Fondazione Getulio Vargas sulla História Oral do Supremo, Barroso arrivò a sostenere che Battisti “era stato perseguitato politicamente a causa di una strategia di Silvio Berlusconi”, pertando l’estradizione sarebbe stata come “mandare un uomo a morte, che era il destino di Cesare in un carcere italiano”. Barroso ha quindi difeso la scelta politica del presidente brasiliano di proteggere Battisti dicendo che “Lula ha salvato la vita di quest’uomo”. Le affermazioni del presidente della Corte suprema brasiliana sono totalmente infondate dal punto di vista storico, giuridico e politico, come ebbe a spiegare in una lettera inviata a Lula l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che è stato uno dei massimi esponenti della storia del Pci.
Il governo Meloni si trova quindi a dover decidere su una richiesta di estradizione che arriva dai due protagonisti dell’umiliazione politica inflitta all’Italia sul caso Battisti, Lula e Barroso. Di fronte a istituzioni guidate da persone così ideologicamente orientate, farsi qualche domanda in più sull’estradizione di un’oppositrice di Lula come Zambelli è di per sé doveroso, a maggior ragione considerando che l’asserita vittima del reato di hackeraggio è un giudice della Corte suprema brasiliana appena sanzionato dagli Stati Uniti (Alexandre de Moraes) perché secondo l’Amministrazione Trump starebbe perseguitando politicamente l’ex presidente Jair Bolsonaro. E soprattutto ricordando il ruolo di Lula e Barroso nella delegittimazione delle istituzioni e della democrazia italiana nel caso Battisti.