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Spesa per la giustizia e stipendi delle toghe: la Commissione Ue smonta le fake dell'Anm
Nel suo ultimo rapporto, la Commissione europea conferma la lentezza dei processi in Italia, ma rivela anche come la spesa per il sistema giudiziario sia in linea con altri paesi avanzati e come le retribuzioni dei magistrati finiscano per essere le più alte d'Europa
La Commissione europea ha pubblicato nei giorni scorsi il suo rapporto annuale sullo stato della giustizia nei ventisette paesi membri dell’Unione europea. Nonostante lievi miglioramenti rispetto al passato, anche stavolta il rapporto evidenzia la lentezza e l’inefficienza del sistema giudiziario italiano, tanto da collocare il nostro paese addirittura all’ultimo posto della classifica che riguarda il tempo stimato per risolvere una causa civile e commerciale in tutti i gradi di giudizio: occorrono 511 giorni per una sentenza di primo grado, 703 giorni per una sentenza d’appello e persino 1.003 giorni per la pronuncia in Cassazione (i dati si riferiscono al 2023). L’Italia è inoltre il quinto paese nell’Unione europea per il numero di cause pendenti di natura civile, commerciale e amministrativa in relazione al numero di abitanti. Segnali preoccupanti, e in controtendenza con quelli diffusi dal nostro ministero della Giustizia, emergono per quanto riguarda il tasso di smaltimento dei procedimenti civili in primo grado, che secondo la Commissione europea è sceso di nove punti percentuali dal 2014 al 2023 (da 119,3 a 110 per cento). Ma le lungaggini della giustizia italiana sono ormai cosa nota, tanto che gli organi di informazione non hanno dato minimamente risalto al rapporto della Commissione europea. Leggendo integralmente la relazione, però, si scoprono anche alcuni dati altrettanto interessanti ma ignoti ai più.
Due tabelle della Commissione europea, ad esempio, sfatano il mito alimentato dall’Associazione nazionale magistrati secondo cui in Italia lo stato non spenderebbe abbastanza per far funzionare la giustizia. Nessuno mette in dubbio che potrebbero essere stanziate maggiori risorse per far funzionare meglio i tribunali. Eppure, il rapporto della Commissione Ue piazza l’Italia al decimo posto, su ventisette, per la spesa pro capite (cioè per abitante) stanziata per il sistema giudiziario: 108,4 euro. Più di paesi come Francia, Finlandia, Spagna, Danimarca e Portogallo, che di certo non sono da ritenersi nazioni proprio arretrate. L’Italia si colloca al decimo posto anche se si guarda alla percentuale di spesa totale rispetto al pil sostenuta per il sistema giudiziario: 0,33 per cento, in linea con la media europea e davanti a paesi come Francia, Portogallo, Austria, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia e Danimarca. Insomma, lo scenario non è così catastrofico come la magistratura italiana spesso denuncia.
Un altro dato interessante riguarda la retribuzione delle toghe italiane. Leggendo il rapporto si scopre che il magistrato in Italia comincia la carriera con uno stipendio che è quasi il doppio del salario medio nazionale (1,8) e a fine carriera è addirittura sei volte il salario medio nazionale (dato di gran lunga più alto in Europa). I magistrati italiani infatti finiscono la loro carriera percependo circa 220 mila euro, cioè quanto spetta al primo presidente di Cassazione, pur non rivestendo effettivamente quel ruolo ma per semplice anzianità. Chissà se i dirigenti dell’Anm hanno mai provato a spiegare questo singolare meccanismo retributivo ai loro colleghi stranieri per vedere la loro reazione.
Infine, all’interno del rapporto della Commissione europea vengono riportati anche i risultati dell’ultimo Eurobarometro, cioè dei sondaggi svolti periodicamente nell’opinione pubblicata sui vari argomenti. Nelle ultime ore proprio l’Anm sta sbandierando i risultati di un sondaggio commissionato a YouTrend, secondo cui la fiducia degli italiani nella magistratura sarebbe del 58 per cento, superiore a quello destinato al Parlamento (35 per cento) e al governo (34 per cento). Dall’Eurobarometro, invece, emerge che, nonostante i miglioramenti, l’Italia si colloca al diciassettesimo posto (su 27) per la percezione di indipendenza dei magistrati da parte dei cittadini: il 46 per cento ha una buona percezione dell’indipendenza delle toghe, contro il 47 per cento che ha una percezione negativa (di cui il 15 per cento con una percezione molto negativa). Lo stesso risultato si registra per la percezione di indipendenza da parte delle imprese: l’Italia si piazza al diciassettesimo posto su ventisette paesi. Un dato ben diverso da quello presentato ieri dall’Anm, su cui non si è espresso nessun esponente della magistratura associata.
