William Graziosi (foto LaPresse)

il caso

"Processatemi, vi prego". L'incredibile storia di William Graziosi, da sei anni in attesa di giudizio

Ermes Antonucci

L'ex sovrintendente del Teatro Regio di Torino è indagato dal 2020 per corruzione, ma il processo non è mai iniziato. Le udienze sono sempre state rinviate: la prossima al 2026. "Vorrei soltanto dimostrare la mia innocenza, rinuncio anche alla prescrizione. Intanto non ho più potuto lavorare nel pubblico, le accuse mi hanno distrutto", dice

“Vorrei soltanto essere processato e dimostrare così la mia innocenza. Vorrei che la giustizia facesse il suo corso, invece sono sei anni che aspetto inutilmente che il processo cominci. Nel frattempo la mia immagine è stata distrutta e a causa delle accuse non ho più potuto rivestire alcun ruolo in ambito pubblico”. A parlare, intervistato dal Foglio, è William Graziosi, dal 2018 al 2019 sovrintendente del Teatro Regio di Torino, uno dei più importanti enti lirici a livello internazionale, con circa 400 dipendenti e un bilancio di 38 milioni di euro. Graziosi venne scelto dall’allora sindaca del M5s, Chiara Appendino. Nel maggio 2020 Graziosi viene indagato dalla procura di Torino nell’ambito di un’inchiesta denominata “Spartito”, con l’accusa di corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Si apre così una vicenda giudiziaria paradossale. 

 

Secondo le ipotesi d’accusa avanzate dal procuratore aggiunto Enrica Gabetta e dal sostituto Elisa Buffa, Graziosi avrebbe danneggiato la fondazione del Regio con la sua gestione, in particolare scritturando artisti di una società svizzera in cambio di denaro. Un meccanismo esportato, sempre secondo le accuse, anche in altri teatri italiani con cui Graziosi collaborava, tra cui il “Pergolesi” (storico teatro della città di Jesi) e la Fondazione Pergolesi Spontini, di cui è stato per molti anni amministratore delegato. Per queste connessioni, nel settembre 2021 l’indagine viene spostata ad Ancona per competenza territoriale. Il 6 luglio 2023 Graziosi è rinviato a giudizio insieme ad altri imputati per alcune accuse, in particolare corruzione e abuso d’ufficio. 

 

Il processo è iniziato il 14 marzo 2024 davanti al tribunale di Ancona, ma in realtà non è mai cominciato: da allora sono state fissate soltanto quattro udienze e tutte e quattro sono state sempre rinviate dal tribunale per l’impossibilità di svolgerle. L’ultima era stata fissata lo scorso 19 giugno, ma anche questa udienza è saltata. Arrivederci a gennaio 2026, sempre che nel frattempo non ci sia un nuovo rinvio.

 

Con una lettera  al tribunale di Ancona, il legale di Graziosi, l’avvocato Mauro Minestroni, ha avanzato richiesta di urgente fissazione udienza, facendo notare che la durata del procedimento è ormai tale “da sembrare ex se una condanna anche nei confronti di un cittadino innocente”, considerata anche “la personalità dell’imputato e il ruolo professionale svolto (sovrintendente di teatro lirico) che a tutt’oggi risulta inibito nella sua professione a causa delle infondate, false e infamanti accuse”. Il tribunale ha risposto in maniera imbarazzata (e imbarazzante): non è possibile celebrare prima l’udienza perché tra magistrati trasferiti, in maternità o impegnati in procedimenti a trattazione prioritaria non c’è sufficiente personale a disposizione. Così, dopo cinque anni e mezzo il processo deve ancora iniziare. 

  

“Si tratta di un metodo barbaro con cui si uccide una persona, senza permetterle di essere giudicata da un tribunale”, si sfoga Graziosi. “La mia immagine è stata distrutta. Ero conosciuto nel mondo della lirica sul piano internazionale, ma con un’accusa così pesante come la corruzione sei morto. I pm hanno avanzato nei miei confronti sette capi d’accusa, depositando cinquemila pagine  e sette faldoni. Sono stato sputtanato in tutto il mio ambiente professionale”, aggiunge il manager. Che racconta cosa significa passare cinque anni e mezzo da accusato (senza processo): “Sono stato condannato da un’indagine. Alle 7 del mattino del 28 maggio 2020 cinque finanzieri da Torino si presentarono a casa mia. Dopo due ore la notizia era già sulla stampa nazionale e in televisione. Da allora non ho più potuto lavorare in ambito pubblico. Solitamente infatti i bandi pubblici prevedono l’impossibilità di partecipare alla selezione per chi ha pendenze penali in sospeso. Sono riuscito a lavorare in ambito privato soltanto grazie alla disponibilità di alcune persone che mi conoscono da anni e conoscono la mia onestà”. 

 

Graziosi si dice certo: “L’inchiesta è nata perché ho disturbato il sistema politico che teneva in mano la città di Torino. Ho disturbato il conducente. Quando Appendino mi chiamò per ricoprire l’incarico al Teatro Regio mi parlò di un buco di due milioni di euro. Quando cominciai a lavorare scoprii che il buco era di oltre 40 milioni ed era responsabilità di chi negli anni precedenti aveva governato la città”. “Io mi fidavo di Appendino – aggiunge Graziosi – ma persino i Cinque stelle una volta che hanno preso il potere hanno cominciato a chiedere favori e prebende. Mi sono opposto e così sono stato fatto fuori”. 

 

Ora l’ex sovrintendente non chiede altro che giustizia: “Non accetterò mai la prescrizione. Sono innocente e voglio che i magistrati mi giudichino. Pretendo che la giustizia faccia il suo corso”. Ma persino questa, in Italia, sembra una richiesta indecente.
 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]