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L'intervista

Riforma Nordio e separazione delle carriere, i pregi del modello portoghese

Marcello Sacco

“Il procuratore generale viene proposto dal premier, ma una volta ricevuto l’incarico è totalmente indipendente dal potere politico", mentre per l'Italia i problemi risalgono a Mani pulite: “I grandi partiti sono scomparsi, e i pm sono diventati ministri”. Colloquio con l'avvocato Manuel Magalhães e Silva

Lisbona. Nel dibattito sul ddl Nordio, la riforma della separazione delle carriere dei magistrati è diventata sbrigativamente la “riforma portoghese”, perché creerebbe un sistema simile a quello vigente in Portogallo. Chi si oppone – come l’Anm – dice che quel sistema finirà per sottomettere il pubblico ministero all’esecutivo, ma le notizie che arrivano dal Portogallo parlano di un paese in cui gli esecutivi cadono sotto i colpi di inchieste giudiziarie non sempre ineccepibili. Ne parliamo con Manuel Magalhães e Silva, avvocato da oltre 50 anni, ma anche membro dal 2016 al 2019) del Conselho Superior do Ministério Público, l’organo di amministrazione della magistratura requirente portoghese (quello che da noi dovrebbe essere il Csm dei pm con la riforma Nordio).

 

               

È d’accordo con chi dice che le carriere separate sottomettono i pm ai governi? “Qui la separazione delle carriere fu una conquista della rivoluzione democratica. E’ vero che il procuratore generale viene proposto dal premier, ma è nominato dal presidente della Repubblica e, una volta ricevuto l’incarico, è totalmente indipendente dal potere politico. Il nostro sistema non è l’unico possibile e non so dire quale sia l’opzione migliore per l’Italia, perché il diritto comparato non è una mera comparazione tra leggi, ma una comparazione tra come le leggi vivono in un paese e come possono andare a vivere in un altro. Ciò che posso dire sull’Italia, per quello che uno straniero come me riesce a vedere, è che avete un problema che risale a Mani pulite, un’inchiesta che ha suscitato profonda riflessione anche fuori d’Italia”. Di che tipo? “Le conseguenze sul sistema politico italiano, secondo me, sono state negative: non solo i grandi partiti italiani sono scomparsi, ma i più notevoli pm di quelle inchieste sono diventati ministri. Visto da fuori, dà l’idea che la separazione tra giustizia e politica sia meno chiara che altrove”

Ma la tensione tra giustizia e politica ora è forte anche in Portogallo. “Noi non abbiamo un problema di politicizzazione dei pm. La loro volontà di potere non va a favore di questo o quel partito, ma è pur sempre un progetto di potere, perché molti si considerano guardiani delle virtù della Repubblica. Ciò ha provocato degli abusi. L’arresto, nel 2014, dell’ex primo ministro José Sócrates lo fu. Tutto quel che sappiamo oggi sulle indagini ci dice che esistono fortissimi indizi per condannarlo, eppure non c’erano fondamenti giuridici per motivare quell’arresto. Non funziona così lo stato di diritto”. 

Cosa possiamo dire dell’operazione Influencer, che ha fatto cadere il governo di António Costa? “Conosco bene le carte in quanto avvocato di uno degli indagati (l’imprenditore Lacerda Machado, amico personale di Costa, ndr). In quattro anni d’intercettazioni non è emerso un unico indizio. Quell’inchiesta si basa sulla criminalizzazione di un atto politico-amministrativo, perché ci sono cose che un pm non capisce. Immaginiamo che io sia primo ministro e abbia la possibilità di attrarre nel mio paese un investimento di 35 miliardi di euro. Se devo modificare delle leggi, è ovvio che io quelle leggi le modifico. Se l’investimento, come in effetti si prevede per il data center di Sines, crea 6-7 mila nuovi posti di lavoro, c’è una situazione urbanistica delicata. I piani regolatori dei tre comuni interessati in quella zona non permettono di dare una risposta adeguata a quella valanga demografica; quindi, bisogna creare un ente che riunisca i tre comuni e coordini la risposta. Tutte cose incomprensibili per un pm. Eppure, l’Expo ‘98 a Lisbona si poté fare in questo modo”. E questi investimenti sono più importanti, riguardano il futuro digitale ed energetico del paese.

Cosa è cambiato nella cultura giuridica portoghese dal 1998 a oggi? “Manca quell’elemento di prevedibilità che in ambito giuridico è essenziale. Mi spiego: prima di una sentenza noi abbiamo delle aspettative, perché esiste una giurisprudenza. Grazie a questa, noi sappiamo quali sono gli orientamenti dei tribunali rispetto a un certo tema. C’è bisogno di qualcosa di simile anche nella magistratura requirente. Ciò che un pm sta per fare dev’essere prevedibile. Questa prevedibilità è un diritto dei cittadini”. 

Qual è la responsabilità dei giornalisti in tutto ciò? “I giornalisti hanno l’obbligo di dare le notizie, su questo non c’è dubbio. Ciò che è in causa è colui che fa trapelare notizie coperte da segreto istruttorio. Ma oggi il problema non sono neanche i giornalisti, roba del secolo scorso. Oggi sono le reti sociali, veicolo privilegiato dell’indifferenza tra verità e menzogna”.