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Il provvedimento

Cosa salvare del Dl Sicurezza

Riccardo Carlino

Dalla procedura d’urgenza per il recupero degli immobili occupati alla tutela legale degli agenti sotto processo, fino alle norme antiterrorismo. Girotondo di opinioni con docenti, penalisti e magistrati critici

Tra proteste e sit-in in Aula, mercoledì è stato approvato definitivamente il decreto Sicurezza. Tra le norme del provvedimento, lo abbiamo raccontato spesso, si trova un po’ di tutto. Dall’aggravante per chi commette reati (come furti, rapine, ma persino violenze sessuali o omicidi) all’interno o nelle adiacenze delle stazioni ferroviarie o metropolitane, fino al nuovo reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”, una condotta (l’occupazione di immobili) già sanzionata dal codice penale, che adesso prevede una pena della reclusione da due a sette anni.

Ma in mezzo agli undici nuovi reati, altrettante aggravanti e diversi aumenti di pena, forse qualcosa di salvabile c’è. Fra tutti, il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo, ma anche la trasformazione in illecito penale del blocco stradale e l’introduzione di una procedura d’urgenza, sul piano penale, per il rilascio di un immobile occupato abusivamente. Abbiamo chiesto a giuristi ed esperti, che finora hanno espresso le proprie critiche verso questo pacchetto di norme, di provare a individuare al suo interno alcune disposizioni positive, o comunque con un sapore non troppo vicino al “marketing securitario” che caratterizza gran parte del provvedimento. 

 

       

    
“Pene elettorali, ma sull’antiterrorismo qualcosa si salva”

“Alcuni le chiamano ‘pene elettorali’: servono a far pensare all’elettorato che siano utili a risolvere il problema”, dice al Foglio Rocco Maruotti, segretario dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), sottolineando tuttavia come sia “scientificamente provato che gli aumenti di pena non abbiano alcun effetto di deterrenza, soprattutto quando si tratta di reati commessi per necessità”. Come ad esempio il caso delle occupazioni abitative. Fra gli svariati interventi, spicca l’introduzione del reato di materiale con finalità di terrorismo, che comprende istruzioni per preparare congegni bellici, armi o materiale esplodente, lasciando intendere l’intenzione di mettere in piedi atti terroristici. “E’ una fattispecie che anticipa di molto la tutela penale”, spiega Maruotti, secondo cui, almeno in linea teorica, “è chiaro che chi si procura istruzioni per realizzare materiale esplodente di particolare portata si sta accingendo a commettere qualcosa di molto grave. Il nostro codice è molto sensibile ai delitti di attentato, come questo”. Eppure, prosegue, “attualmente non mi sembra ci siano ragioni di urgenza per questo tipo di reati, ma può essere pure che il governo si sia dotato di strumenti che siano utili per il futuro”. In particolare, il rischio di una norma simile è che “anticipando di molto la soglia di punibilità si vada a criminalizzare comportamenti che non hanno offensività”. Una metafora, per rendere tutto più chiaro: “E’ come quando il pescatore utilizza una rete troppo fitta: peschi il pesce che avresti preso comunque, ma ne prendi anche tanti altri che non ti servono”.

 

Maruotti (Anm): “Gli aumenti di pena non creano deterrenza. Anticipare troppo la tutela porta dei rischi”

       

Tuttavia, nonostante questo tipo di rischio, qualche misura del decreto appare più a fuoco delle altre: “L’introduzione di una sanzione a carico degli esercenti di attività di noleggio di veicoli senza conducenti, in caso di omessa comunicazione dei dati identificativi del cliente, intercetta un fenomeno che esiste. Chi pone in essere reati legati alla criminalità organizzata e sul filone del terrorismo spesso si muove con macchine prese a noleggio, non sempre riconducibili a una persona fisica, oppure si affida a persone pagate ad hoc per noleggiare trenta auto in un giorno con i propri documenti e usarle per far commettere reati da altri. A volte capita anche che vengano usati documenti di persone ignare per noleggiare autovetture con il concorso dell’esercente, il quale non verifica che colui che sta noleggiando il mezzo non corrisponde a chi è raffigurato nel documento”.

 

“C’è una sola norma garantista (ma inadeguata) sulle misure di prevenzione”

Il corpus normativo in questione ha destato dubbi sin dal suo iter di approvazione. “Per l’ennesima volta si è fatto un abuso della decretazione d’urgenza sulla materia penale, scegliendo di prelevare l’oggetto intero di un disegno di legge – per altro già in discussione al Senato – e trasformarlo in un decreto, sottraendolo di fatto alla discussione parlamentare”. Ce lo spiega Francesco Petrelli, presidente dell’Unione  delle camere penali italiane (Ucpi), che proprio per protestare contro l’adozione di “politiche securitarie e carcerocentriche inutili e inique” ha svolto tre giorni di astensione, dal 5 al 7 maggio, con una manifestazione nazionale a Roma. Passando al merito, “si spaccia l’intervento come una serie di norme che dovrebbero incrementare la sicurezza dei cittadini, mentre invece gli aumenti di pena e la formulazione di nuovi reati non hanno alcun effetto deterrente – dice Petrelli – anzi, contribuiranno ad aumentare il già drammatico fenomeno di sovraffollamento carcerario”. 

Nel maxi pacchetto approvato mercoledì dal Senato è prevista anche la trasformazione in illecito penale (e non più amministrativo) del blocco stradale attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo. Tale condotta, almeno fino a due giorni fa, era punita con una multa, che i manifestanti ammettevano spesso di non pagare. “Credo sia sempre un errore criminalizzare il dissenso quando si manifesta con modalità pacifiche e non violente. Le sanzioni amministrative – afferma Petrelli – sono una parte fondamentale e funzionante del nostro ordinamento, e se non risultano efficaci in singoli settori serve potenziarle affinché rispondano alla loro funzione”. Lo strumento penale, dunque,  “diviene inutile e perde di credibilità, se viene usato in maniera inadeguata”.

 

Petrelli (Ucpi): “La legge aumenterà il sovraffollamento in carcere. Novità positive sulle misure di prevenzione”

 

Per trovare qualche nota positiva, occorre spulciare fra le misure più apparentemente burocratiche. “L’unica norma garantista presente nel decreto è quella che prolunga i termini di impugnazione dell’applicazione delle misure di prevenzione”, concede il presidente. Sotto il profilo processuale, nel dettaglio, il termine di impugnazione passa da 10 a 30 giorni: “E’ un tempo più ragionevole, ma appare comunque un rimedio minimo rispetto a quella che dovrebbe essere una riforma complessiva del sistema, che oggi è lesivo dei diritti fondamentali della persona”. D’altronde, “è una norma che chiediamo da quando esiste il codice antimafia. Abbiamo sempre pensato che il termine fosse assolutamente inadeguato, e dopo anni di insistenza finalmente è arrivata questa modifica, sia pure in maniera ridotta”. Infatti, osserva Petrelli, “irragionevolmente la riforma dei termini di impugnazione in materia di prevenzione vale per il solo l’appello, e non per il ricorso in Cassazione, per il quale resta il termine di dieci giorni”. Dunque, anche da questa novità apparentemente utile, traspare una certa inadeguatezza.

 

           

 

“Tutela legale per le forze dell’ordine? Bene, ma non basta”

Per gli appartenenti alle forze di polizia, vigili del fuoco e forze armate indagati o imputati per fatti connessi alle attività di servizio, lo stato potrà corrispondere fino a 10 mila euro per sostenere le spese legali in ciascuna fase del procedimento. “Si tratta di misure già ben conosciute dalla nostra normativa”, spiega Petrelli. Chi viene sottoposto a processo vedrà rimborsate le spese legali all’esito del processo (se verrà assolto). Qui invece il meccanismo viene ribaltato: “Prima c’è l’anticipazione della somma, e poi se ne chiede la restituzione nel caso in cui l’imputato venga riconosciuto colpevole”. Di conseguenza, la carica innovativa dell’intervento è poca: “Cambia solamente la sua logica, che appare molto più accattivante che risolutiva del problema concreto”. 

“Sicuramente questa tutela porterà aspetti positivi per chi ne beneficerà”, ci dice Gian Luigi Gatta, docente e presidente dell’Associazione italiana dei professori di diritto penale. “Sarebbe stato meglio, però, avere previsto interventi strutturali di sostegno pubblico alla difesa per i meno abbienti”. Tuttavia,  “la misura non appare irragionevole su tutti i fronti, perché viene tutelato chi si trova a subire un processo per un fatto commesso nell’esercizio delle proprie funzioni”. La protezione, osserva Gatta, “si rivolge in modo unidirezionale su una sola categoria e questo sbilanciamento è un po’ la cifra complessiva dell’intero testo”. Potrebbe rappresentare un primo passo verso una tutela estesa ad altre categorie professionali sensibili? “Si, ma il problema sta sempre nei finanziamenti disponibili”, risponde il docente. 

Scorrendo il decreto fino alle pagine conclusive, qualche altro elemento da salvare si trova. “Nella parte finale ci sono alcune disposizioni che riguardano il lavoro in carcere e l’apprendistato professionale”. Le misure, spiega Gatta, “non prevedono stanziamenti finanziari, ma collaborazioni con il mondo dell’impresa volte a cercare di aumentare le opportunità di lavoro, e quindi di rieducazione professionale in carcere. Questo è sicuramente positivo in linea di principio”. A ciò si aggiunge poi “lo stanziamento di più di 20 milioni di euro per l’acquisto di bodycam per le forze dell’ordine. Forse la normativa non è proprio perfetta per come è stata scritta, ma può essere qualcosa di utile, in quanto si tratta di una tecnologia utile per raccogliere elementi di prova, come già avviene negli Stati Uniti, ma anche per orientare il comportamento degli stessi agenti delle forze dell’ordine. Inoltre, potrebbero migliorare il rapporto dei cittadini con gli agenti”. Per Gatta, dunque, “sarà interessante vedere che effetto avranno le bodycam rispetto alle normali attività di polizia”, anche se, tiene a specificare, per quanto riguarda tutto il corpus varato dal governo “il piatto della bilancia pende comunque di più sulle norme che pongono problemi, rispetto a quelle da valutare positivamente”.


“Il giusto principio dietro le misure contro le occupazioni abusive”

Il decreto introduce, come anticipato, una procedura d’urgenza volta ad accelerare la reintegrazione nel possesso dell’immobile occupato, qualora lo stesso risulti l’unica abitazione effettiva di chi denuncia. “Può essere positiva se si tiene conto che difficilmente il cittadino può riuscire a ottenere un effetto utile dal processo penale, la cui durata è mediamente lunga”, spiega Gatta. “Quindi questa forma di intervento per rigarantire il possesso può avere una sua utilità”. Si potrebbe prestare invece a potenziali abusi “la clausola di non punibilità che prevede che se l’occupante ottempera all’ordine di allontanamento non risponde del reato. In un calcolo costi-benefici si potrebbe infatti pensare che sia più conveniente occupare un immobile e poi lasciarlo senza avere conseguenze quando qualcuno chiederà di andarsene via. Non basta dunque la sola norma, serviranno dei controlli effettivi sulla sua applicazione”.

In linea astratta, il principio portato avanti da questa procedura accelerata sembra apprezzato anche da Enrico Grosso, costituzionalista dell’Università di Torino che, insieme ad altri 236 colleghi, ha firmato un appello contro il decreto Sicurezza, giudicato come “l’ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere”. “Non si possono prendere tutte le norme contenute in questo decreto e dire che sono tutte per definizione da condannare”, dice al Foglio Grosso, secondo cui “le disposizioni sulle occupazioni abusive di case popolari hanno una loro plausibilità, in quanto nel nostro paese c’è effettivamente un problema di questo tipo”. Il problema, semmai, è che prese nel loro complesso, tali misure “sono messe tutte insieme in una narrazione di ossessione securitaria”. La norma sulla procedura d’urgenza per il rilascio dell’immobile occupato “sposta la questione dal civile al penale, e non so se porterà effettivamente un miglioramento in termini di efficienza, dato che la giustizia penale non è che funzioni splendidamente”. Riassumendo, “la norma in sé contiene un messaggio condivisibile e comprensibile, non è fra quelle che condanno. Ma che questo strumento funzioni meglio di quello precedente è tutto da vedere. È una scommessa”.