
Il quarto grado di Davigo: riperde il ricorso in Cassazione, andrà alla Cedu?
Dichiarato inammisibile anche il ricorso straordinario alla Corte suprema. Ora la condanna dell'ex pm di Mani pulite è molto definitiva, ma resta sempre la possibilità di ricorrere a Strasburgo (come Berlusconi)
Quarto grado per Piercamillo Davigo. Non si tratta della partecipazione al talk-show di cronaca nera, ma dell’ultima sentenza che rende ormai la sua condanna irrevocabile per rivelazione del segreto nella famigerata divulgazione dei verbali di Amara sulla fantomatica loggia Ungheria. Ricorso inammissibile.
Dopo la condanna in primo grado a Brescia, quella in appello e la sentenza definitiva in Cassazione, l’ex pm e consigliere del Csm aveva infatti presentato un ricorso straordinario in Cassazione. Si tratta di un istituto recente, introdotto con la riforma del 2017 su sollecitazione della Corte costituzionale, che quasi mette in discussione il principio dell’intangibilità del giudicato. Ma solo in casi eccezionali. Si può impugnare una sentenza irrevocabile solo per rimediare a un “errore materiale o di fatto” dei giudici supremi. Ed era questa, in sostanza, l’argomentazione del ricorso presentato dagli avvocati di Davigo, Davide Steccanella e Franco Coppi: l’errore della VI sezione penale della Cassazione sarebbe stato, in sostanza, il non aver considerato che se Davigo avesse usato i canali legali avrebbero inevitabilmente portato il consigliere del Csm Sebastiano Ardita a conoscenza dei verbali che lo riguardavano. Di fronte a un ostacolo insuperabile, l’uso delle vie illegali era l’unico possibile. Ma la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.
La strada era davvero stretta. E’ molto raro che i giudici di Cassazione dicano che i colleghi di un’altra sezione abbiano preso fischi per fiaschi. I dati dell’annuario statistico 2024 della Corte di Cassazione, su 47 mila procedimenti definiti i ricorsi straordinari sono stati appena 431 (lo 0,9 per cento), e di questi appena 25 sono stati accolti con sentenze di annullamento (con o senza rinvio). Pochi di più (32) sono stati rigettati, ovvero respinti nel merito, mentre il resto è stato dichiarato inammissibile. Il ricorso di Davigo è uno di questi casi: ora la sua condanna è certamente passata in giudicato. Naturalmente bisognerà attendere le motivazioni della sentenza, ma era davvero difficile che il giudizio definitivo venisse rimesso in discussione perché le argomentazioni sollevate erano state sviscerate a lungo nei tre gradi precedenti e avevano prodotto tre giudizi conformi. Ora c’è anche il quarto grado, a dissipare ogni eventuale dubbio.
Non è però detto che anche questo sia l’ultimo grado. In teoria ce ne potrebbe essere un quinto: il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Anche per questo sarà necessario attendere il deposito delle motivazioni, sulla base delle quali gli avvocati dell’ex pm di Mani pulite potranno valutare se fare un ulteriore ricorso alla Corte di Strasburgo. Recentemente la Cedu ha ridotto il termine entro il quale un ricorso deve essere presentato da sei a quattro mesi dopo la sentenza definitiva a livello nazionale. Se il calcolo parte non dal giorno della condanna definitiva (4 dicembre 2024), ma da quello della sentenza di inammissibilità di due giorni fa, Davigo avrà tempo fino a settembre per presentare il ricorso alla Cedu: il tentativo estremo che fu pure di Silvio Berlusconi, a cui andò male, o di Bruno Contrada, a cui invece è andata bene.
I giudizi di Davigo per questo stesso processo non sono comunque finiti. Prossimamente ci sarà infatti il nuovo appello su un pezzo della stessa vicenda, dato che la Cassazione aveva sancito come definitiva una parte della condanna per una rivelazione del segreto, mentre aveva rinviato per un nuovo appello un’altra parte della condanna per altre rivelazioni del segreto (sì, le diffusioni del contenuto dei verbali secretati da parte di Davigo sono state tante). Ciò vuol dire che, qualora anche l’appello-bis dovesse andare male, Davigo potrà presentare un altro ricorso in Cassazione. E, in caso di conferma, eventualmente un altro ricorso straordinario in Cassazione.
C’è in questa storia una nemesi. Non solo la figura del magistrato moralizzatore, che in tv predicava contro i politici anche solo indagati, che si ritrova pregiudicato. E’ anche una lezione sull’importanza delle garanzie e delle procedure. Davigo è stato il personaggio televisivo che per anni ha spiegato ai cittadini, con una retorica molto convincente, che uno dei principali problemi della giustizia italiana è l’eccessivo numero di ricorsi: “In Italia viene proposto un numero di impugnazioni che non ha equivalenti, perché tutti gli altri paesi scoraggiano le impugnazioni pretestuose” diceva nei talk show, riferendosi ai ricorsi in appello che tutti fanno automaticamente perché “in Italia nel processo penale impugnare conviene perché non si corrono rischi”. I ricorsi erano descritti come una manovra dilatoria, o quasi come un intralcio alla giustizia, da parte dei “colletti bianchi” che vogliono “farla franca”. Davigo si riferiva ai ricorsi in appello, ritenuti appunto soverchi. Il punto di vista, però, è cambiato con il passaggio di funzione da magistrato a imputato. Non solo Davigo ha fatto come tutti ricorso in appello (a lui ora toccherà anche l’appello-bis), ma ha presentato come pochi ricorso in Cassazione e come pochissimi ricorso straordinario in Cassazione. Tutti persi. Ma nessun ricorso è stato inutile: l’importante è che nessuno potrà dire che Davigo non è stato condannato oltre ogni ragionevole dubbio.