
Editoriali
Cosa salvare delle sentenze della Consulta sui figli con due madri e fecondazione assistita
La Corte costituzionale ha stabilito che, anche nel caso di fecondazione eterologa avvenuta all’estero, oltre alla madre naturale, anche la sua compagna ha diritto al riconoscimento. Una decisione saggia
La Corte costituzionale ha stabilito che, anche nel caso di fecondazione eterologa avvenuta all’estero, oltre alla madre naturale, anche la sua compagna ha diritto al riconoscimento. In un’altra sentenza, la Consulta ha riconosciuto il diritto del Parlamento di vietare l’inseminazione di una donna single. L’insieme di queste due sentenze dice che una volta nato, quale che sia la procedura seguita per metterlo al mondo, il bambino è titolare di diritti, a cominciare da quello di vivere in un ambiente famigliare il più sereno possibile, che, nel caso di una coppia di donne omosessuali, è quello rappresentato dalla coppia che ha deciso di vivere insieme.
Naturalmente la Costituzione non poteva prevedere le evoluzioni (o le involuzioni) delle tecniche riproduttive, quindi per deliberare su problemi che nascono in una situazione nuova è necessario ricorrere ai princìpi generali, che peraltro talora confliggono, il che richiede di stabilire delle priorità. La Consulta ha scelto di dare il primato al principio dei diritti del minore, che non possono essere limitati dalle forme specifiche della procreazione. Ovviamente, come accade quando si tratta di bilanciamento di diritti e di doveri, la scelta è sempre opinabile. In questo caso, però, la scelta sembra ragionevole: giuste o sbagliate le scelte precedenti della madre biologica, non possono incidere negativamente sulle condizioni del bambino, che vanno tutelate. Da questo punto di vista, effettivamente, la legge 40, nella parte che è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, aveva alcuni limiti, appunto perché faceva ricadere sul figlio le “colpe” della madre e la circolare del ministero dell’Interno che, di conseguenza, vietava il riconoscimento anagrafico della seconda madre, è stata cassata.
Cade così quello che in sostanza rappresentava un caso di discriminazione del minore, perché il mancato riconoscimento di entrambe le madri pregiudica il “diritto a essere mantenuto, educato, istruito, assistito moralmente dai genitori”. Non si tratta però di una censura alla proibizione della inseminazione artificiale per le donne single, che per la Consulta non è “manifestamente irragionevole o sproporzionata”, il che significa che non si è presa una decisione politica ma si è fatto prevalere un principio di tutela del minore.