il decreto forca

“Nel decreto Sicurezza norme repressive incostituzionali e inutili". Parla Petrelli

Ermes Antonucci

"Nessuno dei nuovi reati e nessuno degli spropositati aumenti di pena contenuti nel decreto modificheranno qualcosa sotto il profilo della sicurezza reale", dice il presidente dei penalisti: "Dal governo un uso simbolico del diritto penale. Il sovraffollamento carcerario aumenterà”

Nessuno dei nuovi reati e nessuno degli spropositati aumenti di pena contenuti nel decreto Sicurezza modificheranno qualcosa sotto il profilo della sicurezza reale. Con un provvedimento che appare violare numerosi princìpi costituzionali (come proporzionalità, ragionevolezza, offensività e tassatività), il governo incide sulla sicurezza percepita, ammettendo la propria impotenza rispetto al controllo dei fenomeni criminali, ben sapendo che non sono certo gli aumenti di pena a dissuadere gli autori dei reati”. Lo dichiara, intervistato dal Foglio, Francesco Petrelli, presidente dell’Unione  delle camere penali italiane (Ucpi), che proprio per protestare contro l’adozione di “politiche securitarie e carcerocentriche inutili e inique” ha deliberato tre giorni di astensione, dal 5 al 7 maggio, con una manifestazione nazionale a Roma. 

 

Il presidente dei penalisti denuncia innanzitutto “l’abuso della decretazione d’urgenza” del governo, che ha trasformato in decreto legge un disegno di legge che era in discussione in Parlamento da oltre un anno: “La Corte costituzionale in passato ha ritenuto che fosse possibile la trasposizione dei contenuti da un disegno di legge in un decreto legge, ma al tempo stesso è sempre stata molto severa nell’imporre l’individuazione dei presupposti della necessità e dell’urgenza, ai quali invece il decreto Sicurezza fa riferimento in termini assolutamente generici”, sottolinea Petrelli. 

 

Ma ad apparire del tutto irragionevoli sono soprattutto i contenuti del decreto. “Ci sono norme, come quella relativa all’aggravante dei reati commessi all’interno o nelle adiacenze delle stazioni ferroviarie o metropolitane, che appaiono veramente senza senso. Intanto il governo dovrebbe spiegare il bisogno di aggravare i reati commessi nelle stazioni e non quelli commessi in un centro commerciale, un altro luogo molto frequentato nel quale i profili della sicurezza assumono uguale pertinenza”, dice il presidente dell’Ucpi. “Poi faccio notare un dettaglio – prosegue – E’ vero che rispetto al testo originario l’applicazione dell’aggravante è stata limitata ai reati contro la libertà della persona e il patrimonio. Però ci si dimentica che esistono dei reati che sono plurioffensivi. Ad esempio il peculato, che è un reato contro la Pa, è anche un reato contro il patrimonio, di conseguenza sarebbe punita più gravemente la condotta di un capostazione che commette un peculato nel suo ufficio rispetto a quella di un direttore del ministero che commette un analogo reato nel suo ufficio ministeriale. Sono situazioni paradossali che si spiegano solamente con questa spinta securitaria, più simbolica che reale”.

 

“Si pensi anche al reato di occupazione di immobili – aggiunge Petrelli – La condotta era già punita, seppur con pene meno elevate. E’ chiaro l’ambito in cui si inserisce quest’opera repressiva: quello delle occupazioni che hanno origine da un evidente disagio sociale, da una carenza di controlli di tipo amministrativo e dalla scarsissima o nulla presenza delle forze dell’ordine in determinati contesti. E’ agendo su queste leve che si risolvono quei problemi, non prevedendo giri di vite di chiara marca repressiva. Tutto questo sta a significare la volontà di voltare pagina rispetto ai princìpi fondamentali del diritto penale liberale, che vede nel ricorso allo strumento penale l’extrema ratio”. 

 

“Un’altra materia delicatissima è quella della rivolta in carcere. Anche qui c’è da ricordare che le condotte di minaccia, violenza, lesioni e danneggiamento in carcere venivano già punite”, afferma Petrelli. “Col decreto si è però voluto criminalizzare addirittura la resistenza passiva, che se commessa al di fuori di un carcere non è punita, ma se viene commessa all’interno di un carcere diventa un reato punito con una pena severissima (fino a cinque anni di reclusione). Tra l’altro, la condanna implica l’ostatività all’eventuale futura concessione di misure alternative alla detenzione”. “Come se non bastasse, analoga norma si applica ai Cpr e ai centri di trattenimento dei migranti. Siamo di fronte a una violazione clamorosa del principio di uguaglianza, perché in questi centri sono ristrette persone che non hanno commesso alcun reato”. 

 

L’introduzione di nuovi reati, l’aumento delle pene e le nuove ostatività, sottolinea Petrelli, “finiranno inevitabilmente per determinare un aumento del fenomeno del sovraffollamento carcerario, che è già drammatico, contribuendo anche all’aumento dei suicidi in carcere”, 29 nei primi quattro mesi dell’anno, un record.

 

“Il governo è rimasto sordo  alle nostre segnalazioni e agli inviti del presidente della Repubblica Mattarella, del vicepresidente del Csm Pinelli e di Papa Francesco di adottare provvedimenti di clemenza come amnistia e indulto o anche provvedimenti di liberazione anticipata speciale. Neppure la morte di Papa Francesco sembra aver modificato questo atteggiamento di totale chiusura”. 

 

“Dal 5 al 7 maggio ci asterremo dalle udienze, svolgendo una manifestazione  a Roma, proprio per indicare la necessità di soluzioni di questo genere, che vanno in senso totalmente difforme rispetto a provvedimenti securitari come il decreto adottato”, conclude Petrelli.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]