Osservati speciali

Il Comitato europeo contro la tortura è in Italia per visitare le carceri (che scoppiano di detenuti)

Ermes Antonucci

Una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene e trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa è in Italia per valutare l'emergenza carceraria. Ma con le istituzioni si parla anche del caso Salis 

Secondo quanto appreso dal Foglio, una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene e trattamenti inumani o degradanti (Cpt) del Consiglio d’Europa si trova in Italia per valutare il trattamento e le condizioni di detenzione dei detenuti nelle carceri italiane e delle persone private della libertà. La visita rientra nell’ambito delle valutazioni periodiche svolte dal Cpt nei paesi membri del Consiglio d’Europa, ma stavolta assume particolare importanza per due motivi. Il primo è legato alla situazione di emergenza vissuta dal sistema carcerario italiano, il secondo al caso di Ilaria Salis, detenuta e sotto processo in Ungheria con l’accusa di aver aggredito due militanti neonazisti.

 

In questi giorni la delegazione, guidata da Alan Mitchell, capo del Cpt, ha già avuto modi di visitare alcune carceri italiane e di svolgere interlocuzioni istituzionali, incentrate anche sul caso Salis. Lo scorso febbraio, infatti, proprio Mitchell, su sollecitazione del Garante dei detenuti italiano, Felice Maurizio D’Ettore, aveva fatto sapere che l’organismo da lui presieduto “sta seguendo con particolare attenzione” la vicenda dell’insegnante detenuta a Budapest, sia nel contesto delle sue visite in Ungheria (l’ultima delle quali è stata condotta nel maggio 2023), sia “nel dialogo in corso con le autorità ungheresi”. Una vicenda, quella di Salis, che ormai ha assunto un rilievo istituzionale di primo livello, ancor di più dopo la telefonata con cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto esprimere personalmente solidarietà e vicinanza a Roberto Salis, padre di Ilaria Salis. Al termine del giro di visite negli istituti penitenziari in Italia, prima di redigere il rapporto, la delegazione del Cpt dovrebbe incontrare come da prassi i ministri della Giustizia Carlo Nordio e quello dell’Interno Matteo Piantedosi. Anche in quelle occasioni c’è da presumere che il caso Salis sarà all’ordine del giorno. 

 

A quanto risulta, le prime visite effettuate dalla delegazione del Cpt hanno riguardato i cosiddetti Cpr, i centri di permanenza per i rimpatri, cioè i luoghi di detenzione (amministrativa) in cui sono trattenuti i migranti extracomunitari sprovvisti di un regolare documento di soggiorno oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione. La questione delle condizioni di vita nei Cpr è tornata drammaticamente di attualità in seguito al suicidio, lo scorso 4 febbraio, di un giovane ventiduenne originario della Guinea nel Cpr di Ponte Galeria, alla periferia di Roma. Dopo il suicidio, nella struttura è scoppiata una piccola rivolta, interrotta solo dall’intervento delle forze dell’ordine.

 

L’attenzione degli osservatori del Cpt si concentrerà ovviamente anche sullo stato degli istituti penitenziari, ormai sempre più preoccupante. Oggi le carceri italiane ospitano 60.924 detenuti, a fronte di 51.187 posti, per un sovraffollamento del 119 per cento. Numeri in costante aumento, come quello dei suicidi dei detenuti in carcere. L’ultimo è avvenuto martedì nel carcere di Uta (Cagliari), quando la delegazione del Cpt già aveva messo piede nel nostro paese. Da gennaio 2024 sono 29 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere. Il trend, se rimarrà costante, porterà a fine anno a superare il record di 84 suicidi raggiunto nel 2022. Come già evidenziato nei giorni scorsi, se rapportati alla popolazione carceraria, sia il tasso di sovraffollamento sia quello dei suicidi risultano essere maggiori di quelli registrati proprio dal Consiglio d’Europa nelle carceri ungheresi. 

 

Insomma, la verità è che, messo per un attimo da parte il caso Salis, il rapporto che verrà stilato dal Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene e trattamenti inumani o degradanti rischia di essere molto duro nei confronti delle istituzioni italiane per quanto riguarda la gestione delle carceri. Se all’Ungheria (forse) verranno chiesti chiarimenti sul caso Salis, di certo all’Italia verrà chiesto di fornire soluzioni concrete per superare un’emergenza carceraria senza fine
 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]