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l'editoriale del direttore

L'addio a Berlusconi è stato un inno all'anti moralismo. Spunti per la riforma della giustizia

Claudio Cerasa

Il modo perfetto per rendere omaggio alle battaglie del Cav. è sostenere ogni tentativo della politica di contrastare l’esondazione della magistratura moralista e contrastare la dittatura della gogna. Se ci riuscirà anche il disegno di legge del ministro Nordio ne godrà non la memoria del Cav. ma il futuro dell’Italia

"Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti”.  L’eroe del funerale di Silvio Berlusconi ha un nome, un cognome e un volto. Si chiama Mario Delpini. E’ l’arcivescovo di Milano. Ed è l’autore di una formidabile omelia, dedicata al Cav., che è insieme un saggio di vita, di fede, di amore, di speranza, di gioia e di anti moralismo. Il tono anti moralistico con cui l’arcivescovo di Milano ha scelto di salutare Berlusconi ci consente di avventurarci lungo un sentiero importante, che dall’universo del sacro ci riporta rapidamente al terreno del profano.

L’anti moralismo è stata una delle grandi cifre del berlusconismo, uno dei segreti della sua trasversalità, e il terreno su cui l’ex presidente del Consiglio è riuscito a mostrare con più forza la sua azione volta a contrastare l’affermazione di una repubblica fondata sul moralismo ha coinciso con le battaglie combattute sul terreno della giustizia. Battaglie combattute per difendere se stesso, naturalmente, ma attraverso le quali Berlusconi è riuscito a far coincidere la difesa della sua libertà con la difesa della libertà dell’Italia. Il moralismo è stato il concime che ha fertilizzato per anni il terreno su cui ha proliferato l’albero del giustizialismo ed è stato il terreno su cui le procure d’assalto si sono sentite autorizzate a promuovere una deriva grazie alla quale i magistrati ideologizzati, dall’alto della loro scelta di essere capaci di tutto ma responsabili di nulla, hanno trovato molte occasioni per trasformarsi in custodi più del codice morale che del codice penale, interessandosi cioè più ai fenomeni che ai reati, più alle condotte che ai crimini, più ai teoremi che alle prove.

In questi anni, l’Italia che ha tentato di trasformare Berlusconi in un totem del populismo ha dimenticato di notare che il populismo più pericoloso che ha attraversato il nostro paese ha coinciso con l’unico populismo che gli anti berlusconiani hanno scelto invece di legittimare: quello giudiziario. Nel corso della sua vita, Berlusconi ha combattuto con forza quel sistema barbarico chiamato circo mediatico giudiziario, che, trasformando la presunzione di colpevolezza nell’elemento centrale del nostro stato di diritto parallelo, ha  consentito al moralismo di diventare la bussola centrale dell’opinione pubblica italiana. Non può stupire che tra coloro che ieri hanno sofferto di più la gioiosa omelia pronunciata da mons. Delpini ci siano stati coloro che hanno cercato in questi anni di distruggere il berlusconismo a colpi di moralismo giudiziario. E non può stupire che tra coloro che considerano centrale nella parabola di Berlusconi l’approccio anti moralistico alla politica vi sia chi crede che il modo perfetto per rendere omaggio alle battaglie del Cav. sia sostenere con forza ogni tentativo della politica di contrastare l’esondazione della magistratura moralista facendo tutto il necessario per combattere la proliferazione della cultura del sospetto, contrastare la dittatura della gogna e scommettere sull’affermazione dell’unico antidoto possibile contro il populismo giudiziario: un improvviso bagno di garantismo. Una giustizia più giusta, dunque più anti moralistica. Ma nel concreto? Ce lo spiega al telefono il ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Scommettere su una nuova egemonia garantista significa enfatizzare la presunzione di innocenza: tutelare la libertà e l’onore del cittadino prima del processo, evitandone l’esposizione alla gogna mediatica, pur nel rispetto della libertà di stampa. E significa affrancare la politica dalle ipoteche delle indagini, ricordando che persino dei governi sono caduti a seguito di inchieste rivelatesi poi infondate”.

Il funerale di Berlusconi è stato un inno all’anti moralismo. Se lo sarà anche la prossima riforma della giustizia il regalo non sarà offerto alla memoria del Cav. ma sarà molto più semplicemente offerto al futuro della nostra libertà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.