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Per difendere Donzelli, Nordio inventa la “semi segretezza”. Ora sembra Conte

Salvatore Merlo

Conduceva battaglie contro la diffusione illecita delle intercettazioni, criticava le fughe di notizie dalle procure, sosteneva anche le virtù della chiarezza e della semplicità espressiva. Dov'è finito tutto questo?

Per difendere l’onorevole Donzelli, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha inventato una nuova sfumatura di colore. Nasce infatti il “grigio Nordio”, la zona inafferrabile, quella che sta a metà, un colore buono per le sfilate politiche della prossima primavera: il segreto che non è segreto, le conversazioni dell’anarchico Cospito con i mafiosi che non erano precisamente sensibili, né del tutto riservate, ma quasi. Perché erano a “diffusione limitata”. Ma limitata a chi? A tutti tranne che a Giovanni Donzelli, pare, che le ha rese pubbliche nell’Aula della Camera in diretta televisiva. E così in un lampo Nordio sembra quasi Giuseppe Conte, il body builder dell’opaco.

 

Conduceva battaglie contro la diffusione illecita delle intercettazioni, criticava le fughe di notizie dalle procure. Da commentatore e saggista, sosteneva anche le virtù della chiarezza e della semplicità espressiva. Specialmente nella scrittura della leggi. A dicembre, sintetizzava  infatti così le sue idee, per esempio, sul contrasto alla corruzione: “Servono poche leggi ma chiare”, spiegava. “Responsabilità e competenze devono essere sempre ben individuate”, aggiungeva. Perché Carlo Nordio è sempre stato infastidito dal linguaggio degli azzeccagarbugli, nell’attività legislativa come in quella amministrativa, nei tribunali come in Parlamento. E dunque in pubblico citava Tacito perché egli si rappresentava come l’avversario (veneto, quindi funzionalista) del contorsionismo semantico (spesso meridionale). Quel fenomeno da “intellettuali della magna Grecia”, per così dire, dietro al quale questo ex magistrato liberale ha sempre ritenuto che si nascondessero le patacche, i pasticci e i peggiori imbrogli d’Italia. Eppure adesso, con la “diffusione limitata” che evidentemente non vale per la Camera dei deputati e per la diretta televisiva, ecco che la figura del “ministro della chiarezza” va quasi sovrapponendosi a quella del “leader della vaghezza”. A Giuseppe Conte, insomma. Il politico astratto per prudenza, generico per forza, vaporoso per necessità, contorto per formazione. L’avvocato pugliese che ama le parole difficili credendo, da quando fa il professore a Roma, che la semplicità sia provinciale . Così, facendo il Conte in barile, adesso Nordio parla di “diffusione limitata”, si appoggia al concetto pensile della semi-segretezza, all’ossimoro del documento “quasi riservato”, proprio come il capo dei Cinque stelle inventava “l’obbligo flessibile” sui vaccini o proponeva, pensate un po’,  la tecnologia della “ossicombustione” per il termovalorizzatore a Roma, ovvero come Prometeo inventava  il fuoco senza fiamma. Un concetto che va ben oltre l’ossimoro perturbante di Freud e sfiora l’universo semantico di Wanna Marchi. Così, se la difesa di Donzelli  è politicamente comprensibile, resta tuttavia umanamente straziante questa trasfigurazione di Nordio. Ora mancano soltanto gli “affetti stabili” e “i congiunti” per completare la mutazione del ministro ben intenzionato che ormai ha preso a nuotare a rana nel grigio stagno della tortuosità e dell’imbonimento. A diffusione limitata. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.