I nodi della riforma della giustizia tributaria. Parla Della Cananea

Luciano Capone

Il presidente della Commissione interministeriale per la riforma: "55 mila casi pendenti in Cassazione, 50% di decisioni annullate. Così si frena la crescita". Serve specializzazione, ma c'è divisione sulla soluzione: giudici onorari o professionali? "Tocca alla politica decidere"

Tra le tante riforme in cantiere ve n’è una di cui si parla poco, ma che è necessaria e fondamentale per migliorare il rapporto tra contribuenti, imprese e ed erario: quella della giustizia tributaria. “E’ un pezzo importante del Pnrr. E c’è un treno delle riforme collegato al Pnrr altrimenti si corre il rischio che la giustizia tributaria non venga più riformata”, dice al Foglio Giacinto della Cananea, professore di diritto amministrativo alla Bocconi, nominato dal governo presidente della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria che a fine giugno ha consegnato una relazione all’esecutivo su una riforma ritenuta cruciale per i cittadini e per le imprese.

 

“Il Pnrr e l’Ue, oltre alla giustizia civile e penale, pongono un’attenzione specifica alla giustizia tributaria – dice Della Cananea –. Il primo problema è quello del contenzioso presso la Cassazione, dove ci sono oltre 55 mila cause pendenti, di cui una buona parte depositate in primo grado da 10 anni”. Ma 50 mila è tanto o è poco? “Bisogna considerare che il flusso annuale è di circa 10 mila casi”. E’ come se ci fosse un ‘debito’ del 500%. Servono più giudici? “Sicuramente gioverebbero, ma se pure ipotizzassimo di avere 20 magistrati in più in Cassazione, se anche adottassero ognuno 200 sentenze in più l’anno, avremmo 4 mila sentenze in più. Per smaltire tutto servirebbero molti anni...”. Sempre se non aumenta il flusso. “C’è in effetti un rischio: che la ripresa dell’invio delle cartelle da parte dell’Agenzia delle entrate produca a un sovraccarico giurisdizione di merito e poi per la Cassazione. A seguito della crisi, il sistema che è già inefficiente potrebbe subire un ulteriore stress”.

 

Sembra un problema di una giustizia minore, ma in realtà ha enormi ricadute sull’economia. “E’ infatti un tema di crescita e di investimenti – enfatizza il prof. Della Cananea –. Un imprenditore italiano già sconta in partenza un fisco molto più complesso di altri, se poi si aggiungono i tempi di giudizio, meno di tre anni nel merito e poi cinque anni in Cassazione...”. Pensa un investitore estero. “Gli investitori esteri infatti non accettano proprio l’idea di aspettare anni per sapere di avere torto o ragione. Per questo motivo va quantomeno rafforzata la conciliazione”. Quali innovazioni sono previste? “Il Pnrr dedica attenzione a una cosa trascurata. Per la giustizia civile o amministrativa ci sono banche dati pubbliche, ma se vuoi conoscere le sentenze delle commissioni tributarie e sei un privato, non hai un accesso pieno, non c’è una banca dati nazionale accessibile. Ma senza conoscere i precedenti, non si comprende appieno se un’azione possa avere successo e questo fa aumentare i ricorsi. C’è modo, in 18 mesi, di indicizzare le sentenze e renderle accessibili al pubblico”.

 

Ma oltre ai tempi c’è anche un problema di qualità del giudizio. “C’è un dato a cui fa riferimento la Cassazione: essa annulla circa il 50% delle decisioni delle commissioni tributarie. E’ un tasso doppio rispetto al civile. Oltre quindi all’arretrato e ai tempi di gestione, c’è un problema ulteriore, che secondo molti richiede una maggiore specializzazione”. In che senso? “Quella tributaria è una magistratura onoraria, vuol dire che i giudici sono persone che svolgono un altro nella vita. Sono giudici ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e commercialisti. La giustizia tributaria non è la loro attività principale e questo non è coerente con le esigenze d’un settore sempre più specialistico”.

 

Su questo punto l’obiettivo è condiviso da tutti i membri della commissione: serve più specializzazione. Ma nella vostra commissione è emersa una spaccatura, o quantomeno una divisione, su cosa fare. C’è chi, il mondo delle magistrature, propone una riforma light e chi, il mondo dei professori e dei professionisti, un intervento più profondo. “Una prima posizione propone di intervenire solo sul secondo grado tenendo ferma la natura onoraria della magistratura onoraria. Mentre l’altra opzione ritiene che ci sia bisogno di giudici specializzati, quindi propone concorsi per assumere, nell’arco di cinque anni, 500 magistrati tributari a tempo pieno, con un periodo transitorio per passare dall’onorario a un sistema professionale”. E lei da che parte sta? “Io da presidente sono ovviamente rimasto imparziale. Da un lato abbiamo una linea che propone dei correttivi, dall’altro una riforma più ampia e ambiziosa. Ma l’impostazione che abbiamo dato alla commissione è stata molto chiara sin dall’inizio: i tecnici possono indicare soluzioni più o meno perfezionate, ma non sono questioni neutrali, pertanto richiedono un intervento e un impulso politico”.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali