Pino Maniaci (foto LaPresse - Guglielmo Mangiapane) 

Il caso Pino Maniaci mostra i cialtronismi sans frontières della giustizia

Luciano Capone

Assolto il cronista antimafia sputtanato dall’antimafia

Alla fine, dopo il grande sputtanamento Pino Maniaci è stato assolto. Almeno dall’accusa più grave, quella di estorsione, mentre è stato condannato  per diffamazione. I pm della procura di Palermo avevano chiesto 11 anni e mezzo di reclusione, ne  hanno ottenuto 1 e mezzo per un reato molto più lieve (si vedrà in appello come andrà a finire). La storia aveva sconvolto, nel 2016, il mondo dell’antimafia. Pino Maniaci, il direttore di Telejato simbolo del giornalismo che lottava contro Cosa Nostra, finì  in una retata antimafia della procura di Palermo accusato di un’estorsione da 366 euro ai danni di due sindaci. Quel reato non c’entrava nulla con la mafia, ma Maniaci venne infilato nella stessa operazione con nove boss che accusava dalla sua emittente.

 

Nella conferenza stampa c’era tutta l’antimafia di Palermo, dal procuratore Franco Lo Voi all’aggiunto Vittorio Teresi, e i carabinieri prepararono anche un video con le intercettazioni montate a regola d’arte, inserendo questioni esterne all’indagine come l’uccisione di due cani non si sa per ritorsione mafiosa o se per questioni di corna. Insomma, una imponente operazione di sputtanamento che buttava l’“eroe” giù dal piedistallo nel fango. Le accuse erano inconsistenti e secondo Maniaci quella della procura è stato un complotto per farlo fuori visto che alcune sue inchieste giornalistiche hanno avuto come obiettivo il magistrato Silvana Saguto. A difenderlo è stato l’avvocato Antonio Ingroia che, avallando questa ipotesi, getta un’ombra sui metodi di lavoro di una procura che conosce benissimo.


Un altro aspetto interessante della faccenda, portato alla luce all’epoca dal Foglio, è che Reporters sans frontières (Rsf) sbianchettò il nome di Pino Maniaci dai “100 Information heroes”, in cui la ong l’aveva precedentemente inserito. Così i 100 “eroi dell’informazione” erano diventati 99. In pieno stile sovietico, senza alcuna comunicazione pubblica o al diretto interessato, il nome e la foto vennero cancellati. “Ci è capitato di apprendere che l’onestà di Giuseppe Maniaci è stata seriamente messa in discussione e che lo scorso maggio è stato incriminato”, risposte alla richiesta di spiegazioni del Foglio il chief editor di Rsf Gilles Wullus. “Fino a quando l’indagine non sarà finita, abbiamo scelto di ritirarlo dalla nostra lista di ‘Eroi dell’informazione’”.

 

La modalità fu davvero indecente per una ong che si occupa di libertà dell’informazione perché Maniaci all’epoca era solo indagato e non gli venne chiesta alcuna spiegazione per una valutazione giusta sia per garantire il diritto di difesa. Inoltre non fu un comportamento equo, visto che in quella lista tutt’ora ci sono personaggi che hanno ben più gravi problemi con la giustizia come Julian Assange. Il caso Maniaci è un altro esempio di come i diritti e le garanzie degli indagati vengano calpestati sia dai magistrati sia dai giornalisti. I “100 eroi dell’informazione” di Reporter senza frontiere sono sempre 99, anche dopo l’assoluzione di Pino Maniaci. 
 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali