Nello Rossi, direttore della rivista Questione giustizia di Magistratura democratica (Ansa)

Parla Nello Rossi, direttore di Questione giustizia (Md)

"Vaccini? La richiesta dei magistrati è stata un errore. Toni sbagliati ed equivoci"

Annalisa Chirico

Nello Rossi di Magistratura democratica spiega al Foglio: "Normali le spinte categoriali, eppure la politica ha mostrato una sostanziale cedevolezza. L’Anm non ha compreso che, dopo l’intervento di Draghi, si era ormai in un contesto nuovo"

“L’Italia è il paese di Guicciardini dove l’attenzione al proprio particulare prevale sul resto”, parla così al Foglio Nello Rossi, già procuratore aggiunto di Roma, avvocato generale in Cassazione e attuale direttore della rivista Questione giustizia di Magistratura democratica. “Chiunque poteva immaginare che, con l’avvio della campagna vaccinale, sarebbero emerse spinte categoriali, eppure la politica ha mostrato una sostanziale cedevolezza rispetto alle pretese di determinati gruppi”. Tra le categorie, dottor Rossi, s’inserisce la magistratura associata che, con l’Anm, ha richiesto una corsia preferenziale “non escludendo” la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente. “Quel comunicato, cui è seguita una pubblica retromarcia da parte della stessa organizzazione, aveva toni sbagliati, equivoci, fuori tempo. Come ha detto la segretaria di Md Mariarosaria Guglielmi, la pretesa di un accesso privilegiato al vaccino mostra una totale mancanza di empatia con il paese in un momento di grave difficoltà. Non siamo ancora usciti dalla crisi pandemica ed è normale che ogni categoria punti ad ottenere condizioni speciali. Le dirò di più: ogni categoria ha le sue ragioni, io penso spesso, per esempio, alle cassiere dei supermercati che sono rimaste al loro posto dall’inizio della pandemia. La magistratura poi è una galassia, la stessa Anm è un’associazione di componenti diverse, esistono uffici giudiziari ampi e arieggiati, altri invece insistono in spazi fatiscenti, veri buchi infetti. Le preoccupazioni espresse dai magistrati sono legittime e giustificate ma il punto non è questo. È stato un errore far sentire la propria voce ora che il presidente del Consiglio Mario Draghi si era espresso pubblicamente e autorevolmente su criteri e modalità esecutive del piano vaccinale”.

 

In effetti il premier Draghi ha chiarito che l’unico criterio è quello delle classi di età. “Il piano vaccinale di febbraio – prosegue Rossi – aveva provato a fissare un ordine di priorità ma con una caratteristica: non era una legge né un atto regolamentare, era un mero atto amministrativo, dunque violabile senza apprezzabili conseguenze. Sarebbe servito già allora un atto dotato di maggiore forza cogente e deterrente”. Insomma, l’Anm ha sbagliato tempo e modi. “L’Anm non ha compreso che, dopo l’intervento così autorevole di Draghi, si era ormai in un contesto nuovo. Vorrei aggiungere che pure il ruolo del ministro della Salute Roberto Speranza non ha aiutato a dirimere la questione: il ministro mi è parso un perfetto difensore della cittadella durante la prima fase ma poi si è rivelato assai meno efficace nella conduzione dell’offensiva. La campagna vaccinale avrebbe richiesto, sin dal principio, la fissazione di un ordine e di una tattica chiara, così non è stato e allora le spinte categoriali hanno preso il sopravvento di fronte a un potere politico incapace di arginarle”.

 

Tornando all’Anm, la posizione iniziale sembrava includere una velata minaccia: se non ci vaccinate blocchiamo l’attività. Come se, pure in tempi ante Covid, la giustizia italiana marciasse spedita… “Non mi pare che ci sia stata una minaccia. È un fatto che la magistratura è rimasta al suo posto operando in condizioni e contesti diversi, alcuni molto difficili. Il problema è che le categorie rappresentano delle esigenze e, in assenza di un potere politico capace di fissare una lista di priorità, si innesca la guerra di tutti contro tutti. Ci sono regioni che hanno privilegiato i giornalisti, altre gli avvocati, in alcuni posti i magistrati sono stati vaccinati prima degli altri.  Il Lazio è forse l’unica regione ad aver sempre impiegato il criterio anagrafico”.

 

Esistono anche vistose differenze tra le esigenze del processo penale e civile. “Io sarò sempre contrario al processo a distanza in ambito penale perché sarebbe falsato, su questo sono in totale sintonia con gli avvocati. Non si può rinunciare al contraddittorio e al confronto orale in presenza. Diverso è il caso di una causa civile che si presta con maggiore facilità alla digitalizzazione e alle modalità a distanza”. Ultima domanda: se i magistrati si lamentano degli spazi angusti, che cosa dovrebbero fare i detenuti ristretti in celle sovraffollate a sicuro rischio contagio? “Appartengo ad un area culturale (Md, ndr) che a questo tema ha sempre dedicato enorme attenzione. Nell’ultimo anno si è puntato molto sulla detenzione domiciliare limitando al minimo il ricorso alle misure cautelari in carcere, il che dimostra che la magistratura non è sorda a tali esigenze. Anche per i detenuti mi auguro che i vaccini arrivino, e presto”. 

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