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Salvare la giustizia con le mediazioni. Appunti per Cartabia

Ermes Antonucci

Per accelerare i tempi del processo civile occorre prima di tutto un cambio di passo culturale, dice il cofondatore di Adr Center

La giustizia civile in Italia rischia di collassare sotto il peso di una montagna di nuovi contenziosi. A lanciare l’allarme è stata la stessa ministra della Giustizia Marta Cartabia, nel suo primo intervento in Parlamento. Per la Guardasigilli “occorre prepararsi per tempo” in vista di una “possibile esplosione del contenzioso presso gli uffici giudiziari quando cesseranno gli effetti dei provvedimenti che bloccano gli sfratti, le esecuzioni, le procedure concorsuali, i licenziamenti, il contenzioso bancario”. Occorre evitare il disastro, dunque, soprattutto se si considera che già da anni ormai l’Italia è fanalino di coda delle classifiche internazionali sull’efficienza della giustizia civile. I fondi previsti dal Recovery Plan rappresentano un’opportunità unica per rilanciare il settore e per Cartabia una delle priorità sarà costituita dal rafforzamento delle misure alternative di risoluzione delle controversie, come mediazione, negoziazione e conciliazione: “E’ un dato di esperienza consolidata che le forme alternative di risoluzione producano effetti virtuosi sull’amministrazione della giustizia. Tutt’altro che alternative, queste forme rivestono un ruolo di complementarietà e di coesistenza”, ha dichiarato Cartabia.

 

La linea tracciata dalla Guardasigilli va nella direzione da tempo auspicata dagli operatori del settore. I numeri sono emblematici. Secondo un recente studio realizzato (sulla base dei dati forniti dal ministero della Giustizia) da Adr Center, organismo specializzato nella gestione del conflitto, le misure di mediazione, pur determinando effetti deflattivi significativi sulla giustizia civile, restano ancora poco impiegate. L’obbligo, introdotto dal D. Lgs. 28/10, di partecipare a un “primo incontro” di mediazione come condizione di procedibilità in alcune materie del contenzioso civile e commerciale ha prodotto un calo di iscrizione di controversie in tribunale in numerosi ambiti (diritti reali, usucapione, successioni, contratti assicurativi e finanziari): “Dal 2013 al 2019 – sottolinea lo studio Adr Center – il tasso medio di deflazione delle iscrizioni è stato del 34 per cento, con punte del 58 per cento nelle controversie in materia di usucapione”. Il problema, però, è che all’obbligo di partecipazione di persona a un primo incontro di mediazione sono sottratte ampi settori del contenzioso come le controversie derivanti da obblighi contrattuali, da responsabilità extra-contrattuale e da rapporti societari. “Oggi, questo incontro svolto in terreno neutrale come condizione di procedibilità è richiesto in una percentuale molto limitata pari al 15% di tutto il contenzioso civile ordinario”. Insomma, nonostante le  potenzialità il ricorso alla mediazione resta limitato.

 

L’errore è considerare la giustizia civile come sinonimo di giurisdizione – dichiara al Foglio Leonardo D’Urso, cofondatore di Adr Center – Ci si è innamorati del processo civile e delle sue molteplici sfaccettature dimenticandosi l’altra faccia della medaglia nel promuovere e facilitare il ricorso negoziale dei conflitti. Per un buon funzionamento del servizio giustizia civile volto alla risoluzione dei conflitti civili e commerciali in tempi rapidi, i metodi di stragiudiziali e giudiziali non devono essere considerati alternativi. La risoluzione dei conflitti deve essere affrontata in sequenza: prima si tenta di trovare un accordo negoziato sulla base degli interessi delle parti facilitato da un esperto nella gestione del conflitto. Solo al fallimento della mediazione si imbocca la strada della soluzione basata sul diritto deciso da un giudice o un arbitro”. Necessario dunque un cambiamento culturale all’interno del mondo della giustizia: “Le tecniche di negoziazione e di mediazione dovrebbero far parte della formazione dei giuristi per risolvere i conflitti prima di prendere il codice civile in mano”. Insomma, conclude D’Urso, “tocca al presidente Draghi e alla ministra Cartabia affrontare una sfida persa dai loro predecessori e (ri)scrivere un piano preciso all’interno del Recovery. Occorre valorizzare alcuni modelli che si sono dimostrati efficienti come il ricorso all’Arbitro Bancario e Finanziario, all’Agcom per le controversie tra operatori telefonici e consumatori, e alla mediazione civile”.

 

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