L'indagine sospesa

Il caso Suarez e il solito caos della gogna mediatico-giudiziaria

Ermes Antonucci

Raffaele Cantone ha disposto il blocco dell'inchiesta per violazioni del segreto istruttorio. Aperto un fascicolo per verificare eventuali responsabilità per le notizie e le intercettazioni trapelate dalla procura di di Perugia

Il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, ha disposto il fermo dell'inchiesta relativa al caso Suarez, spiegando che le ripetute violazioni del segreto istruttorio. "Sono indignato per quanto successo finora", ha detto Cantone, "compreso l'assembramento dei mezzi d'informazione oggi sotto alla procura. Faremo in modo che tutto questo non accada più". A riguardo è stato aperto un fascicolo per accertare eventuali responsabilità.


 

“C’è la necessità di stabilire regole chiare sulla pubblicabilità delle intercettazioni, purtroppo abbiamo verificato che la semplice deontologia dei giornalisti non è sufficiente a stabilire un limite”. “Le intercettazioni servono per scoprire reati, non per finire sui giornali”. Sembrerà strano, ma a fare queste dichiarazioni qualche anno fa (rispettivamente il 17 aprile 2015 e il 15 giugno 2017) è stato Raffaele Cantone, colui che oggi è a capo di quella procura di Perugia dalla quale – come nella migliore tradizione della gogna all’italiana – da giorni stanno fuoriuscendo intercettazioni ancora coperte da segreto sul “caso Suarez”, tranquillamente pubblicate a puntate sui giornali. 

 

Ovviamente non è la prima volta che ciò accade, soprattutto se si considera che da un anno e mezzo la procura e la polizia giudiziaria di Perugia sono al centro di una continua fuga di intercettazioni coperte da segreto, e spesso del tutto penalmente irrilevanti, riguardanti l’esplosiva vicenda Palamara sulle nomine pilotate al Csm. 

 

Tuttavia, visto il pensiero espresso da Cantone in passato (anche in maniera coraggiosa se si considerano le resistenze interne al mondo della magistratura sul tema), ci si sarebbe aspettato un radicale cambio di passo sui modi di condurre le indagini e di gestire i rapporti con la stampa da parte della procura, dallo scorso 29 giugno sotto il comando proprio dell’ex presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.

  

Anche stavolta, invece, le cose sono andate secondo il solito copione del processo mediatico. Anzi, a ben vedere persino peggio. Basterebbe considerare il fatto che martedì scorso, a poche ore dallo scoppio del “caso Suarez”, il tenente colonnello della Guardia di Finanza di Perugia, Selvaggio Sarri, che ha coordinato le indagini sull’esame di lingua italiana sostenuto da Suarez, rilasciava ben due interviste radiofoniche, prima a una testata locale e poi a una nazionale. In queste interviste, il colonnello della Gdf rappresentava i fatti oggetto dell’inchiesta come già acclarati (“Si sono accorti che Suarez non spiccicava una parola in italiano e hanno fatto in modo che il corso fosse incentrato unicamente sulle prove finali e ciò configura il reato di rivelazione di segreto d’ufficio”), in sfregio, come al solito, al principio di presunzione di innocenza degli indagati. Non solo, il colonnello affermava pure che dalle indagini sembrava escludersi un coinvolgimento diretto della Juventus nella presunta truffa, esattamente il contrario di ciò che ora invece alcuni giornali stanno sostenendo pubblicando alcune intercettazioni. 

  

Non è tutto. Nelle interviste, lo stesso colonnello della Gdf spiegava pure che l’indagine era nata per caso, visto che l’inchiesta inizialmente era partita per svolgere accertamenti su “attività poco trasparenti” da parte dell’Università per stranieri di Perugia. A quanto pare, dunque, gli investigatori stavano realizzando intercettazioni per altre ipotesi di reato, quando poi all’improvviso si sono ritrovati per le mani la vicenda Suarez, finendo per ipotizzare il reato di corruzione. Il problema è che i risultati delle intercettazioni possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli per i quali le captazioni sono state autorizzate solo se vi è una connessione tra le due ipotesi di reato. Sul fronte dell’utilizzabilità o meno delle intercettazioni, non sono quindi da escludersi possibili sorprese. E poi, era proprio necessario far trapelare le intercettazioni penalmente irrilevanti che riguardano una persona non indagata (il rettore dell’Università statale di Perugia, che non c’entra niente con l’Università per stranieri), che ha semplicemente consigliato all’interlocutore di rivolgersi all’università che offre un di servizio di certificazione linguistica?

  

A dominare, insomma, è il solito caos della gogna mediatico-giudiziaria. In questo, la guida della procura di Perugia da parte di Cantone sembra collocarsi in perfetta continuità con il passato.