Mauro Moretti (foto LaPresse)

La sentenza sulla strage di Viareggio non fa giustizia

Redazione

La Corte d'appello conferma la condanna a sette anni a carico dell'ex ad di Ferrovie, Mauro Moretti. La sua unica responsabilità, trovarsi ai vertici di un’azienda

I dirigenti della rete ferroviaria, a cominciare dall’ex amministratore delegato delle Ferrovie dello stato, Mauro Moretti, sono stati condannati a pesanti pene detentive dalla Corte d’appello di Firenze che ha confermato la sentenza di primo grado a sette anni di carcere. L’emozione suscitata dal gravissimo incidente di Viareggio di nove anni fa, il dolore delle famiglie delle 32 vittime, hanno superato il più che ragionevole dubbio sulle effettive responsabilità personali di Moretti e dei suoi collaboratori. Tutto si incentra sul concetto, assai fumoso, dell’omissione di controllo. Moretti doveva controllare che il treno tedesco, che aveva presentato tutti i documenti richiesti, avesse effettivamente i requisiti di sicurezza che invece erano stati violati? Avrebbe dovuto prevedere che il passaggio di quel treno per quella stazione (per la quale era passato in precedenza decine di volte), costituiva un pericolo mortale, tale da renderlo colpevole di strage colposa?

 

Le vittime hanno diritto alla giustizia, ma in uno stato di diritto non si può trasformare la responsabilità oggettiva del sistema ferroviario in responsabilità personale dei suoi dirigenti. Per le famiglie delle vittime, che hanno l’impressione che quella di oggi sia stata una buona giornata, si deve avere la massima comprensione. Però non è vero che abbiano ottenuto giustizia, perché è stata condannata una persona che ha l’unica responsabilità di essersi trovata ai vertici di un’azienda, per la quale peraltro si è prodigato anche per migliorarne gli standard di sicurezza.

 

Anche se urta la coscienza diffusa, gli incidenti esistono e non possono essere esorcizzati con la giustizia sommaria. C’è da sperare che nell’ultimo grado di giudizio sia possibile rimettere ordine, fare prevalere una concezione non vendicativa del diritto, un esame rigoroso che sappia identificare le responsabilità personali che ci sono e quelle che non ci sono.

  

Quello che si può dire già ora è che quella della conferma della condanna non è stata affatto una buona giornata, non solo per gli imputati, ma anche per l’accertamento delle responsabilità reali e quindi anche per la giustizia, cui aspirano giustamente in nome dei loro cari i famigliari delle vittime.