Eva Cantarella

Filosofeggiando con… EVA CANTARELLA

Davide D'Alessandro

“L’Italia non ha bisogno di eroi, ma di persone che abbiano il senso dello stato. Se fossi obbligata a scegliere, sceglierei di essere una donna romana (libera, e non schiava), vissuta a Roma in età augustea. Edipo senza Freud sarebbe molto più di quello che è nella lettura freudiana. Antigone e Creonte avevano ragione entrambi”

Che cos’è il mito?            

I miti sono racconti tradizionali sedimentati nella memoria dei greci, ripetuti oralmente per secoli. Messi successivamente per iscritto, essi sono una preziosa fonte di informazione che, anche se attraverso molte mediazioni, ci consente di conoscere aspetti fondamentali della cultura greca.

Com'è nata la sua passione per l’antichità?

Credo proprio che abbia influito mio padre. Essendo un grecista, quando veniva incaricato di farmi addormentare, la sera, invece delle favole mi raccontava le avventure di Ulisse. Quando ho cominciato a leggere, uno dei primi libri che mi hanno regalato era intitolato Storia delle storie del mondo (scritto da Laura Orvieto, bellissimo!). A questo, anni dopo, si è aggiunto il fatto determinante che all’università, dove ho studiato Legge, ho avuto la fortuna di avere un maestro come Giovanni Pugliese, grandissimo studioso del diritto romano, grazie al quale ho scoperto la bellezza e l’importanza di quella materia (e negli anni successivi, del diritto greco antico).

Conta o pesa essere figlia del grecista Raffaele Cantarella?

Conta moltissimo. È stata una grande fortuna avere un padre come lui, che non solo non faceva pesare ma non esibiva mai la sua cultura, che non ha mai neppur pensato di influenzare le mie scelte di vita (né lavorative, né private), e che mi ha lasciato un’eredità preziosa come il piacere di studiare, che è ancora oggi  la cosa che più mi piace fare. Quanto al peso, mai sentito nessuna competizione, se pensava a questo, né alcun senso di inferiorità. Non ho mai neppur pensato di potere essere al suo livello.

Qual è la figura maschile dell’antichità da suggerire ai giovani?

A distanza di millenni, non ci sono personaggi che oggi  possano valere come esempi. Ci sono certamente personaggi da ammirare per alcuni aspetti del carattere o delle gesta, e anche se scegliere non è facile, per quanto mi riguarda uno di questi è certamente Ulisse.

E quella femminile?

Anche questa è una domanda difficile. Della vita delle donne antiche sappiamo veramente troppo poco, eccezion fatta per alcuni personaggi celebri (regine, principesse, mogli di imperatori, sante) che peraltro non rappresentano la condizione femminile.

Guai al Paese che ha bisogni di eroi. Ma l’Italia di oggi non ne avrebbe bisogno?

No, l’Italia non ha bisogno di eroi. Ha bisogno di persone che abbiano il senso dello stato, sia come cittadini che come governanti, che siano oneste e consapevoli del fatto che il perseguire esclusivamente i propri interessi vuol dire danneggiare quelli altrui, e alla lunga anche i propri. E non da ultimo, quale che sia il loro ruolo, che siano competenti.

Un suo libro, Sopporta, cuore…, mi sta a …cuore più degli altri. Colpa di Ulisse?

Come ho già confessato, quel libro sta molto a cuore anche a me, perché cerca di far conoscere alcune caratteristiche e qualità di Ulisse ignote agli altri eroi.

Sente più vicino il mondo greco o romano?

Difficile a dirsi. Per molte cose quello romano, verso cui abbiamo debiti non meno grandi di quelli che abbiamo verso i greci: e penso in particolare alla scienza giuridica. Il che non toglie che la Grecia tocchi in modo particolare le mie corde emotive.

“Non commettere adulterio” è soltanto un comandamento?

Indipendentemente dal fatto che per alcuni sia un comandamento, se per adulterio intendiamo in senso ampio tutto quello che è inganno e tradimento (ivi compreso quello dei propri principi), è un principio etico fondamentale.

L’amore al tempo dei greci e al tempo dei romani. Quale avrebbe voluto vivere?

Essendo una donna, nessuno dei due. Ma se proprio  fossi obbligata a scegliere, sceglierei di essere una donna romana (libera, e non schiava), vissuta a Roma in età augustea, quando la popolazione femminile (anche se solo temporaneamente) aveva raggiunto un buon livello di emancipazione e di libertà, sociale e intellettuale.

Quando Catullo chiede i baci di Lesbia e di Giuvenzio, lei come lo spiega ai suoi studenti?

Ai miei studenti non l’ho mai spiegato: ho sempre insegnato il diritto, e dal punto di vista giuridico i baci di Catullo e Giuvenzio erano del tutto irrilevanti. Quando ne parlo nei libri rivolti a un pubblico più ampio, li spiego come uno dei tanti esempi della relatività delle culture, delle quali l’etica sessuale è ovviamente parte.  

Il sesso, in fondo, è ancora un tabù?

Dipende. Nell’Italia di oggi, direi proprio di no. Ma in tante altre parti del mondo le cose sono molto diverse.

Secondo natura è il libro che ha scritto con più piacere?

Non più di altri. Mi è piaciuto scriverlo perché l’argomento era socialmente molto interessante in quel momento, così come, per le stesse ragioni, mi è piaciuto scrivere L’ambiguo malanno, che trattava della condizione femminile. Al di là di questo, comunque, non sono in grado di fare una graduatoria del piacere provato scrivendo: ogni libro è diverso e lo si ama per ragioni diverse.

Che cosa sarebbe Edipo senza Freud?

Sarebbe molto più di quello che è nella lettura freudiana. Nelle fonti greche ci sono molti Edipi. In Omero, per cominciare (anche se Giocasta, chiamata Epicaste, si uccide) c’è un Edipo che non si acceca e non va in esilio, ma continua a vivere e muore nella sua città, rimanendone il re. Come ha scritto Jean Pierre Vernant, è “un Edipo senza complesso”. E anche in Sofocle, dove la tragedia dell’incesto esiste, ci sono due diversi Edipi: quello dell’“Edipo re”, che quando scopre di aver sposato sua madre si acceca con lo spillone della veste di lei  e quello dell’"Edipo a Colono", che giunto al termine della vita riflette sul problema della colpa e dichiara di non essere colpevole perché, dice  “subii, non volendo, uccisioni e nozze e sventure: in me non esiste alcuna macchia di colpa”. A differenza del Sofocle dell’”Edipo re”, che si sente responsabile anche delle azioni commesse involontariamente, questo Edipo ritiene che si sia responsabili solo delle azioni compiute volontariamente.

Antigone aveva torto o ragione?

La grandezza dell’Antigone sta nel fatto che tra Antigone e Creonte non esiste uno che ha ragione e uno che ha torto. Hanno ragione ambedue, ma i sistemi di leggi cui si riferiscono è diverso. Il sistema di Antigone è quello delle leggi “non scritte”, che esprimono i principi etici da lei sentiti come imprescindibili, legati ai valori della famiglia; Creonte invece difende le leggi “scritte”, vale a dire quelle della polis che egli  governa e che quindi deve e vuole rispettare. Qui sta il dilemma tragico: nel fatto che ciascuno dei due sistemi di legge ha un suo fondamento.

Eteocle è il precursore dei tanti politici che non riescono a mollare la poltrona?

La cosa è discutibile: forse, infatti, il precursore di quei politici non è Eteocle ma suo fratello Polinice (nato, come lui, dal matrimonio di Edipo e Giocasta). Come spesso accade, anche di questo mito esistono versioni diverse. Quel che è certo, nella vicenda, è che i due fratelli avevano stretto un patto, stabilendo che avrebbero governato a Tebe a turno, ad anni alterni. E certamente uno dei due non mantenne la promessa. Ma quale dei due? Secondo la versione accolta da Eschilo nei Sette a Tebe è Polinice; secondo quella accolta da Euripide nelle Fenicie è Eteocle. Ma poco importa quale sia la versione da preferire: in ogni caso, uno dei due fratelli fu certamente il precursore di un lunghissima serie di politici.

Perché si tende a rappresentare Penelope come la donna modello?

Perché questo è il modo in cui vuole presentarla Omero. La poesia omerica presentava al pubblico dei personaggi che erano in realtà dei modelli di comportamento: alcuni positivi, lodati e celebrati, altri invece negativi, criticati e biasimati. In una cultura orale, qual era quella omerica, questo era il solo modo di diffondere i valori e le regole di comportamento  della comunità che ascoltava i poeti  e di adeguarsi a quelli positivi. In questo contesto, Penelope era  il modello della moglie perfetta (mentre Clitennestra rappresentava l’adultera infame e assassina).

La vendetta è un piatto da servire freddo?

La vendetta è un comportamento che in uno stato di diritto non dovrebbe esistere. È il residuato (o il riaffiorare, ahimè ultimamente molto forte) di una cultura precedente alla nascita di una comunità politica, e a questa antitetica. Tornando ancora una volta ai greci: ad Atene la vendetta venne vietata  dalla prima legge della polis, risalente al 621 a.C., secondo la quale, da quel momento, a difendere i componenti del gruppo sarebbe stato lo stato, e non la vittima (o chi riteneva di essere stata vittima) di un torto. Purtroppo, e incredibilmente, negli ultimi tempi stiamo assistendo a una rinascita del desiderio di vendetta che le autorità politiche, anziché combattere, sembrano incoraggiare, contribuendo alla diffusione di una mentalità e di comportamenti indegni di uno stato civile.

Lei ha detto di voler vivere a lungo. Quanto a lungo?

Certo che mi piacerebbe vivere a lungo. Viviamo in un momento di cambiamenti sino a pochi anni fa inimmaginabili. È un’epoca nella quale vengono messi in discussione principi etici sino a oggi  indiscussi, nella quale appare sempre più incerta la linea di demarcazione tra le diverse forme dell’animato e del non animato. All’umanità si aprono scenari dei quali mi piacerebbe essere testimone, anche se comunque e purtroppo solo per pochi anni. Certo, l’eternità non esiste (e non credo sia desiderabile), ma questo non mi impedisce di sperare di poter partecipare almeno all’inizio di questa nuova era. Fino a quando? Ovviamente fino a quando il fisico e soprattutto la testa me lo permetteranno, e a condizione di non essere di peso ad altri.