Michel Foucault. Foto tratta da eutopiainstitute.org

La vita del potere, da Foucault a Sloterdijk

Davide D'Alessandro

Nel mio ultimo libro ho sviluppato un percorso di studio sul bíos e sulla politica, sul loro inestricabile intreccio, sul controllo dei corpi, sui dispositivi del potere, sul potere che c’è, straborda, invade e cattura

Si può scrivere di un proprio libro, dopo aver scritto di tanti libri, di tanti autori, di tante emozioni, interne ed esterne, create e ricevute? Sì, certo che sì, soprattutto se La vita del potere. Una storia filosofica e politica, da Foucault a Sloterdijk, edito da Morlacchi, è alla prima ristampa e gode di un interesse particolare, non per mio merito, ma per merito del tema trattato, il potere, che mai tramonta.

In seguito all’esercizio compiuto sulla dottrina filosofica e politica di Niccolò Machiavelli, che mi ha discoperto tutte le radici e le ramificazioni del potere moderno, in questo mio volume che ho consegnato da qualche mese al lettore, facendomi guidare da alcune opere ritenute imprescindibili, ho sviluppato un percorso di studio, per me necessario, attento e ad ampio raggio, sul bíos e sulla politica, sul loro inestricabile intreccio, sul controllo dei corpi, sui dispositivi del potere (che, come il denaro di Wall Street, non dorme mai), sul potere che c’è, straborda, invade e cattura.

Ho risalito la corrente della biopolitica attraverso le fondamentali intuizioni di Michel Foucault, l’analisi puntuale delle prime tracce del discorso biopolitico e le ambivalenze presenti nella prospettiva del filosofo francese. Ma la ricerca, ovviamente, non poteva non giungere fino a noi, dando conto del lavoro eccelso di Giorgio Agamben, Roberto Esposito, Michael Hardt e Antonio Negri, tra i più convincenti nel disvelare i lati oscuri di un fenomeno enigmatico, la biopolitica, che minaccia continuamente di rovesciarsi in tanatopolitica. Ho fatto riferimento critico anche alle “mappe concettuali” di un’altra autrice, Laura Bazzicalupo, per illuminare il fondo buio di un percorso impervio, altrimenti inaccessibile.

Fuori, ma dentro e intorno ai contributi centrali nell’ambito della filosofia politica e della storia del pensiero politico, ho voluto porre in risalto un’ermeneutica del complesso rapporto tra biopolitica, biologia ed economia; tra sapere, potere e biopolitica; tra biopolitica ed eugenetica. Ho perlustrato gli stratificati terreni della biopolitica come governo attraverso biopolitica e governamentalità, i paradossi della sovranità, la sovranità della legge, la forma della legge, il governo della legge che assicura la vita, la nuda vita. Ho inoltre scandagliato tra impero moderno e postmoderno, mettendo a confronto i modelli della sovranità, per delineare un’anatomia del potere contemporaneo, le sue configurazioni nella società in rete (con Manuel Castells), il rapporto tra comunicazione e potere sul versante di una democrazia digitale sempre più pervasiva, i problemi della libertà, di quale libertà, nell’età della tecnica, dell’antropotecnica, per dirla con Peter Sloterdijk. Una storia filosofica e politica della vita del potere. Già, perché ha vita, il potere, una lunghissima vita. E sembra non conoscere fine. Non conoscere morte. Forse perché è morte, come sostiene Elias Canetti. A lui, non a caso, sarà dedicata la mia prossima fatica.