La cancelliera tedesca Angela Merkel (foto LaPresse)

Siamo proprio sicuri che i tedeschi ci odino?

Matteo Scotto

I tedeschi ci amano molto di più ci quello che un rotocalco giornalistico in crisi voglia farci credere. Per questo, quando qualche giornalista ci offende, dovremmo scrollare le spalle e farci una grassa risata. 

Nelle ore più tristi che il dibattito tra opinione pubblica italiana e tedesca abbia conosciuto da anni, alimentato da articoli e copertine di alcuni rotocalchi giornalistici che, in profonda crisi, tentano di vendere qualche copia con titoli scabrosi, è arrivato il momento di fermarsi un attimo, usare la testa, e capire di che cosa stiamo parlando. Ci sono tre cose semplici, che se comprese, ci porteranno, la prossima volta che leggeremo un articoletto da quattro soldi che offende noi italiani, a scrollare le spalle e fregarcene, un po’ come fanno i tedeschi quando sono loro a essere offesi dai nostri giornalisti. Primo: uscire dalla retorica populista di reductio ad unum. Le istanze popolari, nel magico mondo della nostra democrazia fatta di tante voci e interessi, non sono in alcun modo rappresentabili da un unico amalgama unitario e indefinito. Come ben spiega il politologo tedesco Jan-Werner Müller, la più grande colpa del populismo contemporaneo è di aver fatto credere alla gente che il popolo sia un uno, che parla e si esprime da solista. Questo è profondamente falso, poiché non vi è giornale o partito oggi che possa in alcun modo racchiudere tutte le opinioni di un popolo in un solo strumento di comunicazione, sia esso mediatico o politico. Qualunque articolo e copertina non rappresenta dunque un’intera popolazione, italiana o tedesca che sia, e basta dare un’occhiata sui social dei giornali in questione per capire che le critiche sul loro operato arrivano tanto da una parte che dall’altra. Secondo: sempre nel magico mondo della nostra democrazia, esiste la libertà di stampa e opinione. Esistono quindi tanti giornali, ognuno che scrive, dice e pensa cosa diverse. Se proprio decidiamo di appassionarci improvvisamente di stampa tedesca, assicuriamoci almeno di controllare cosa scrivono tutte le testate, per evitare di incappare nel tranello abusato dai nostri leader politici populisti, che vedrebbe l’Italia sotto attacco dall’intero apparato stampa tedesco. Così non è. Sono stati molto più numerosi gli articoli di critica e analisi costruttiva sul nostro paese rispetto a quelli offensivo-propagandistici. Terzo e ultimo punto: i tedeschi ci amano. Se no non si preoccuperebbero dal mattino alla sera di quello che succede in Italia. Ci amano da molto prima che ci odiassimo negli anni bui del ‘900. Ci amano perché siamo un partner economico fondamentale e di grande rilievo, ci amano perché si emozionano davanti ai nostri laghi, ai nostri mari e alle nostre montagne, ci amano per come parliamo e per come mangiamo. Insomma, ci amano per tutto quello che provano quando superano le Alpi. La passione culturale tra Italia e Germania è molto più antica dei nostri confini e non basteranno certo 140 caratteri a cancellarla.