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residui di regime
Dai festeggiamenti alla violenza. Le proteste nell'ex roccaforte di Assad
Sebbene le contestazioni nelle due province costiere di Tartous e Latakia siano state in gran parte pacifiche, non sono mancati membri di fazioni armate fuorilegge, il cui obiettivo dichiarato è rovesciare l’attuale governo incitando attivamente alla violenza settaria
Damasco. A tre settimane dalle celebrazioni per il primo anniversario della destituzione di Bashar el Assad, le proteste nell’ex roccaforte costiera del dittatore hanno causato la morte di un membro delle forze di sicurezza del paese, colpito da colpi d’arma da fuoco attribuiti a “residui del regime”. Entro la fine della giornata sono stati segnalati altri due morti e decine di feriti. Un cartello scritto a mano, sollevato da un manifestante per chiedere il rilascio di una persona specifica, è diventato virale online dopo che un noto commentatore siriano ha fatto notare – pubblicando delle foto – che quell’individuo, negli anni precedenti, si era vantato di aver decapitato persone, presumibilmente come membro di una milizia affiliata al regime di Assad. Sebbene le proteste nelle due province costiere di Tartous e Latakia siano state in gran parte pacifiche, vi hanno preso parte anche membri di fazioni armate fuorilegge, il cui obiettivo dichiarato è rovesciare l’attuale governo e che incitano attivamente alla violenza settaria. Alcuni dei presenti alle manifestazioni hanno affermato di protestare per chiedere il federalismo, altri una maggiore protezione per la minoranza alawita dopo un recente attacco a una moschea nella provincia di Homs, altri ancora il rilascio di ex membri delle forze di sicurezza di Assad, che – a loro dire – non avrebbero le mani sporche di sangue. Gli alawiti rappresentano circa il 12 per cento della popolazione siriana, ma sono la setta della famiglia Assad, che ha governato la Siria dal 1971 fino allo scorso anno.
Nonostante molti siriani abbiano storie personali sulla brutalità di specifici ufficiali alawiti di alto rango – in un paese in cui oltre 100.000 persone risultano ancora scomparse dopo decenni di sparizioni forzate e arresti arbitrari sotto Assad – alcuni funzionari affermano di aver concentrato costantemente le loro risorse limitate soprattutto sui criminali appartenenti alla maggioranza sunnita, nel tentativo di scongiurare il rischio di conflitti settari. La percepita mancanza di inclusività e la protezione di manifestanti che incitano apertamente all’odio hanno tuttavia, a tratti, suscitato rabbia anche tra persone generalmente considerate sostenitrici del governo. I media statali hanno riferito che il membro delle forze di sicurezza ucciso domenica sarebbe stato preso di mira da “residui del regime” mentre stava garantendo la sicurezza delle proteste. Un video mostra giovani uomini con le caratteristiche uniformi nere delle forze di sicurezza, sconvolti davanti al volto insanguinato del loro compagno. Le proteste erano state indette da Ghazal Ghazal, capo di un organismo noto come Consiglio supremo alawita. In precedenza muftì della regione costiera di Latakia, Ghazal è stato nominato alla guida dell’organismo nel febbraio 2025, poco prima di un tentativo di insurrezione iniziato con l’uccisione di membri delle forze di sicurezza e culminato in un’esplosione di violenza su larga scala. In quell’occasione furono uccise oltre mille persone, per lo più appartenenti alla minoranza alawita locale.
Una commissione d’inchiesta istituita dal governo sulle uccisioni di marzo ha dichiarato a luglio di aver identificato individui accusati di violazioni, tra cui 265 affiliati a gruppi armati fuorilegge legati ai “residui di Assad” e altri 298 appartenenti a fazioni militari che avevano disobbedito agli ordini. In quel periodo Ghazal aveva affermato che la Siria fosse governata da un “sistema terroristico”. Il precedente regime di Assad, nel corso degli anni di guerra, aveva a sua volta definito “terroristi” i manifestanti e chiunque si trovasse nelle aree controllate dall’opposizione. Se da un lato alcuni sostengono che i manifestanti vogliano “uno stato laico”, altri osservano che ciò appare ironico, dato che seguono gli appelli di rigidi leader religiosi – legati all’Iran nel caso di Ghazal, a Israele nel caso dello sceicco druso di origine venezuelana Hikmat al Hijri a Suwayda, nel sud – che sembrano portare soltanto a ulteriore violenza e a una crescente diffidenza nei confronti delle minoranze coinvolte. Le invocazioni a favore di “un uomo forte” alla guida del paese e le accuse di “debolezza” rivolte all’attuale governo provengono in modo significativo soprattutto dai sostenitori di questi religiosi dalla barba bianca. Altri sostengono che, in un contesto di persistente carenza di servizi e di aspettative elevate, l’attuale governo debba comunque fare di più per garantire un’inclusività sia reale sia percepita.