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Negli Stati Uniti

C'è molta ambizione per il post Trump nella guerra dei Maga. Intervista a Jamie Kirchick

Ani Chkhikvadze

Da Cruz a Rubio, ci sono tanti candidati per la nomination 2028. È improbabile però che Trump risolva presto lo scontro: "Non sosterrà Vance fin dall'inizio. Una volta che sostiene qualcuno, diventa di fatto un’anatra zoppa”, dice l'editorialista e scrittore americano

Washington. Lo scontro in corso nella destra americana determinerà non soltanto il futuro del Partito repubblicano, ma anche il ruolo dell’America nel mondo. In gioco c’è se il partito di Ronald Reagan – paladino della libertà individuale, del libero mercato e della chiarezza morale in politica estera – possa trasformarsi in qualcosa di fondamentalmente diverso: un movimento isolazionista e populista che ha più in comune con i partiti di estrema destra europei che con le tradizioni intellettuali del conservatorismo americano. “Molti si stanno rendendo conto che Donald Trump non sarà presidente per sempre, e quindi si sta sviluppando una lotta per la successione”, dice al Foglio Jamie Kirchick, voce di spicco del mondo conservatore, scrittore, collaboratore del New York Times ed editorialista per varie pubblicazioni. “La principale linea di frattura” tra le parti, dice Kirchick, “sono gli ebrei e Israele”. Al centro di questa battaglia c’è Tucker Carlson, un tempo il conduttore più popolare di Fox News e ora una figura mediatica indipendente con milioni di follower, che ha sostenuto Vladimir Putin, spinto linee cospirazioniste, anti israeliane e antiucraine. Accanto a lui c’è Candace Owens, commentatrice conservatrice che abbraccia teorie del complotto e retorica anti israeliana: “Tucker è il principale motore”, dice Kirchick.

 

Il conflitto è esploso pubblicamente durante una recente conferenza di Turning Point Usa a Phoenix. Lì, Ben Shapiro, fondatore di The Daily Wire, ha sfidato Carlson e Owens sulla retorica antisemita e sui complottismi: “Era una cosa attesa da tempo”, dice Kirchick. Il vicepresidente J. D. Vance ha in qualche modo rimproverato Shapiro, dicendo che i conservatori non dovrebbero “cancellarsi a vicenda”. “Shapiro ha reso un vero servizio tracciando una linea nella sabbia e chiedendo: da che parte state? – dice Kirchick – E il vicepresidente sembra stare dalla parte sbagliata di questa linea”. Perché ambiziosi politici repubblicani si allineerebbero con figure come Carlson e Owens? Kirchick pensa sia opportunismo calcolato. Questa fazione, sostiene, sta “guardando i sondaggi e vedendo dove sono gli elettori più giovani”: più anti israeliani, più isolazionisti in politica estera, più di destra culturalmente su questioni come immigrazione e identità di genere, ma più vicini alla sinistra sull’economia, a favore del protezionismo e dell’espansione dei programmi statali rispetto ai princìpi del libero mercato. Kirchick pensa che l’ambiente online stia accelerando la deriva: “Passano tutti troppo tempo online, e online si ha l’impressione che le frange siano più importanti di quanto lo siano realmente”. In quel mondo, le voci più forti dettano i termini e il dissenso diventa squalificante – e la destra populista inizia ad assomigliare a ciò che afferma di opporsi: una sinistra woke.

 

Questa visione del mondo rappresenta una rottura con il conservatorismo americano del dopoguerra. Le implicazioni vanno oltre la retorica: questa fazione sostiene il taglio degli aiuti all’Ucraina, l’indebolimento degli impegni nella Nato e la fine della relazione speciale dell’America con Israele. “Vance è un isolazionista vecchio stampo pre Seconda guerra mondiale – dice Kirchick – E questo approccio è stato un fallimento per l’America e il mondo nel corso della storia”. Se pensi che l’America non debba avere una relazione speciale con Israele, continua, “allora questo è un segno che non credi davvero che i valori debbano contare in politica estera. Se i valori non contano, allora perché dovremmo prendere le parti dell’Ucraina contro la Russia? E’ solo una guerra tra due paesi. A chi importa?”.

 

Ciò che rende possibile questa deriva è l’assenza di qualsiasi meccanismo istituzionale per sorvegliare i confini. Negli anni Sessanta, William F. Buckley Jr., figura di spicco di allora a destra, definì il movimento attraverso l’esclusione, o attraverso ciò che non doveva rappresentare, cacciando le fazioni che considerava troppo cospirazioniste, bigotte o razziste. Come ha notato lo scrittore conservatore Matt Continetti in un saggio intitolato “The Conservative Dark Age”, oggi non esiste una figura simile e coloro che Buckley espulse potrebbero prendere il controllo. “Ci sono così tanti influencer in competizione per l’attenzione delle persone”, dice Kirchick, “non c’è nessuna figura come William F. Buckley Jr. E non ci sarà più”. Il vuoto permette a chiunque si definisca conservatore di rivendicare una propria legittimità. Nick Fuentes, un nazionalista bianco di 27 anni che mette apertamente in discussione il diritto di voto delle donne, ha elogiato Hitler e Stalin e ha negato l’Olocausto, ricevendo in cambio posti in cui parlare invece di essere denunciato. Kirchick pensa che questo non sia soltanto moralmente sbagliato ma anche elettoralmente autolesionista: “Qualsiasi partito politico che abbraccia ciò che Tucker Carlson e Nick Fuentes stanno dicendo sarà per sempre un partito di minoranza”, dice.

 

E’ improbabile che Trump risolva presto questo scontro: “Trump non sosterrà J. D. Vance fin dall'inizio – prevede Kirchick – Una volta che sostiene qualcuno, diventa di fatto un’anatra zoppa”. Trump aspetterà, osservando quale fazione sembrerà più forte e quale candidato avrà più probabilità di vincere. Ciò lascia spazio ad altri contendenti come il senatore Ted Cruz o il segretario di stato Marco Rubio, per sfidare Vance per la nomination nel 2028. La scelta sarà poi fatta da migliaia di decisioni più piccole da parte di elettori repubblicani, donatori, figure dei media e politici. Seguiranno Shapiro nel tracciare linee? La risposta plasmerà non solo il Partito repubblicano, ma il ruolo dell’America nel mondo per gli anni a venire.

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