Tra Ucraina e Russia
Per Washington ora l'Ue e la Nato sono guerrafondaie. I termini del divorzio transatlantico
Quattro anni dopo l’invasione dell’Ucraina, gli allarmi delle intelligence diventano propaganda “guerrafondaia”, mentre Trump, Mosca e i loro alleati riscrivono cause, colpe e senso della sicurezza globale
Di questi tempi quattro anni fa, l’intelligence americana non faceva che lanciare allarmi: la Russia sta preparando l’invasione dell’Ucraina. Vladimir Putin ammassava truppe al confine, l’Amministrazione Biden cercava di dare seguito alle cosiddette garanzie di sicurezza che la Russia chiedeva all’America, i due presidenti si sentivano al telefono, Putin voleva che la Nato tornasse ai confini del 1997, Biden diceva che alcune condizioni erano inaccettabili e minacciava sanzioni, il mondo guardava allarmato: c’era appena stato il ritiro disastroso dall’Afghanistan da parte degli americani e c’era la linea della cautela adottata nel 2014, proprio in Ucraina, che aveva portato all’annessione della Crimea da parte di Putin e alla guerra cosiddetta “congelata” nell’est del paese, che aveva già fatto almeno 13 mila morti. La diplomazia avanzava zoppicando, così l’intelligence americana decise di rendere pubbliche le sue informazioni sui preparativi di guerra della Russia, e quel che non era pubblico arrivava comunque alle intelligence europee, che in parte reagirono, come dimostra il fatto che, quando come previsto Putin invase l’Ucraina, alcuni paesi, in particolare il Regno Unito, avevano già iniziato a mandare armi per la difesa ucraina. I russi dicevano che era il solito allarmismo guerrafondaio degli americani.
Quattro anni dopo, Tulsi Gabbard, la direttrice dell’Intelligence nazionale di questo secondo, tragico mandato di Donald Trump, dice che gli allarmi che arrivano sia dall’intelligence americana sia da quella europea sull’imminente minaccia russa contro i paesi dell’Unione europea e della Nato sono il frutto del “deep state” guerrafondaio e degli europei guerrafondai, che vogliono boicottare i negoziati di pace che l’Amministrazione Trump porta avanti con i russi e che utilizzano i media della propaganda guerrafondaia per farlo – ce l’aveva in questo caso con Reuters. Per Gabbard, l’Ue e la Nato sono guerrafondaie, e se per l’Ue può valere come linea guida il divorzio transatlantico in corso, per l’Alleanza atlantica la questione è un pochino più complicata: è un’alleanza militare di difesa guidata (e voluta) dagli Stati Uniti per proteggere gli alleati europei proprio dalla minaccia russa e oggi le decisioni sono prese da un generale americano.
Non bastasse questa torsione della storia e dell’ordine mondiale, subito dopo è arrivato Kirill Dmitriev, negoziatore dei russi in visita a Miami per colloqui cosiddetti “di pace”, ma si sa che se ci sono Dmitriev e l’inviato americano Steve Witkoff si parla di affari e non di pace. Il manager russo che posta albe e tramonti di Miami come un influencer trumpiano, ha commentato su X le parole della direttrice dell’intelligence. “Tulsi Gabbard ha denunciato i guerrafondai che stanno spingendo per una Terza guerra mondiale – e la macchina dei media che produce un’enorme narrazione falsa che vende la paura come sua politica. Dal buio alla luce” con l’emoji della colomba e delle stelline. In seguito, Dmitriev ha risposto a una domanda posta da un giornalista e trasmessa da Rt, il media russo che è sanzionato in Europa tanto è megafono di propaganda. Domanda: “I guerrafondai sono riusciti a sabotare i negoziati?”. Risposta: “Non ci sono riusciti, va tutto bene”.
Nel frattempo, il premier ungherese Viktor Orbán, di ritorno dal Consiglio europeo dove ha sventato, con l’aiuto di altri paesi dell’Unione, la “rapina” nei confronti della Russia (cioè l’utilizzo degli asset russi congelati nelle istituzioni finanziarie occidentali per finanziare l’Ucraina: quella che è banale giustizia, chi rompe paga, per i russi e i filorussi è una rapina), è andato nella città di Szeged, per il suo “tour del paese” elettorale. Orbán ha detto che se l’Ucraina collassa è un gran problema per l’Ungheria, che messa così è una cosa condivisibile, ma naturalmente lui non intendeva dire quel che dicono tutte le intelligence occidentali – se cade l’Ucraina, la prossima è l’Europa – bensì che bisogna fermare la guerra, fermare la difesa ucraina, fermare i guerrafondai europei e lavorare insieme per la pace – nella versione originaria dei “pacifisti” filorussi, cioè quella prima che gli americani la trasformassero in una faccenda di soldi e affari: capitolazione tout court. Poi Orbán ha lasciato cadere un’altra frase: “Non è chiaro chi ha attaccato chi”. Lui l’ha detta come se fosse una cosa normalissima, e probabilmente per lui lo è, ma si tratta di un’altra martellata al costrutto della difesa e della sicurezza comune, perché l’implicazione è chiara: quattro anni fa, Putin chiedeva di restringere la Nato, non è stato ascoltato e allora ha invaso l’Ucraina.
Quindi, lo stato del divorzio transatlantico è questo: gli alleati dell’Ue sono guerrafondai isterici, anche la Nato è una guerrafondaia isterica, i negoziati di pace vanno alla grande perché non partecipano i guerrafondai, e in ogni caso già nel 2022 l’isteria guerrafondaia occidentale ha scatenato Putin.
Nel dicembre del 2021, mentre ammassava le sue truppe ai confini dell’Ucraina, il Cremlino preparava anche video falsi dei maltrattamenti dei separatisti filorussi in Donbas da parte degli ucraini, in modo da creare pretesti per l’invasione – e l’intelligence americana li denunciò. Oggi non ne ha più bisogno.