Ansa
Da Bruxelles
Le conseguenze della scelta europea per finanziare Kyiv
Anche se l'Ucraina avrà 90 miliardi di euro per coprire le sue necessità finanziarie, la decisione di non utilizzare gli attivi russi testimonia la mancanza di coraggio e l'avversione al rischio dei leader europei, in una guerra che considerano come "esistenziale"
Bruxelles. L’Ucraina avrà a sua disposizione 90 miliardi di euro per coprire le sue necessità finanziarie per i prossimi due anni e continuare a difendersi nella guerra di aggressione condotta dalla Russia, ma i leader dell’Unione europea non hanno voluto assumersi il rischio di utilizzare i 210 miliardi di euro di attivi della Banca centrale russa. Dopo un’intensa giornata di negoziati, alle quattro del mattino di ieri, il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha annunciato un accordo molto diverso da quello su cui l’Ue ha lavorato per tre mesi. Niente “prestito di riparazione”. Il meccanismo messo in piedi per proteggere il Belgio, dove sono immobilizzati 185 miliardi di attivi russi, è stato considerato da molti leader troppo complicato e troppo costoso. In pochi minuti i capi di stato e di governo hanno spostato la loro attenzione su un piano B che faceva comodo a quasi tutti e che inizialmente era stato scartato per la minaccia di veto di Viktor Orbán: un prestito da 90 miliardi, finanziato con uno strumento di debito comune dell’Ue, ma limitato a 24 membri attraverso il lancio di una cooperazione rafforzata. Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca hanno preteso di rimanerne fuori, altrimenti avrebbero messo il veto.
L’Ucraina non dovrà pagare interessi sul prestito (saranno a carico del bilancio dell’Ue). Almeno formalmente, non dovrà restituire il capitale fino a quando la Russia non avrà pagato le riparazioni di guerra. L’Ue si riserva di usare i 210 miliardi di attivi sovrani russi immobilizzati per farlo. Viktor Orbán è il vincitore della trattativa. Il premier ungherese ha salvato il “tesoro” di Putin immobilizzato nell’Ue ed è stato esentato dai costi del sostegno a Kyiv. Il premier belga, Bart De Wever, è un altro vincitore: il suo paese sarà risparmiato da ricorsi e arbitrati che avrebbero potuto comprometterne la stabilità finanziaria. Giorgia Meloni è la terza vincitrice, dato che dall’inizio ha cercato di scaricare il finanziamento dell’Ucraina sul bilancio dell’Ue per evitare di pesare sul debito italiano. “E’ prevalso il buonsenso”, ha detto il presidente del Consiglio. Secondo alcune fonti, i tre si sono coordinati con altri leader per smontare il “prestito di riparazione”. António Costa – socialista portoghese, favorevole al debito comune dell’Ue – è stato al gioco. I perdenti sono il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e la presidente tedesca della Commissione, Ursula von der Leyen, che hanno speso enorme capitale politico sull’utilizzo degli attivi russi, hanno cercato di imporsi senza consultarsi con le altre capitali e, alla fine, si sono dovuti rassegnare al piano B.
La mancanza di coraggio e l’avversione al rischio dei leader europei in una guerra che considerano come “esistenziale” invia un brutto segnale al resto del mondo. L’uso degli attivi russi avrebbe dovuto dimostrare la determinazione dell’Ue a sostenere Kyiv qualsiasi cosa accada. Avrebbe anche dovuto metterli al riparo dalla tentazione di Donald Trump di usarli come pedina nelle trattative con Vladimir Putin. Non è un caso se il Cremlino gongola. L’emissario di Putin, Kirill Dmitriev, ha passato la giornata di ieri a postare messaggi su X per salutare la decisione di “buon senso” del Consiglio europeo e a chiedere le dimissioni di Merz e von der Leyen. Per cercare di evitare l’impressione di un fallimento, portavoce e diplomatici europei hanno alimentato la narrazione del successo. L’Ucraina ha ottenuto quello di cui aveva bisogno. Attivi russi o debito dell’Ue poco importa. “Avevamo preso un impegno, lo abbiamo mantenuto”, ha detto Costa. Gli analisti sono divisi. Il bicchiere è mezzo vuoto per chi sperava in una dimostrazione di forza dell’Ue, nel momento in cui è marginalizzata nei negoziati tra Trump e Putin. Giovedì il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva detto ai leader europei che i loro impegni valgono poco se non sono in grado di fornire una “garanzia di sicurezza finanziaria” usando gli attivi sovrani russi. Il prestito di riparazione avrebbe permesso di andare ben oltre i 90 miliardi in caso di necessità. Il giornalista Wolfgang Münchau ha notato che, dato che saranno i contribuenti europei a finanziare il prestito (salvo che la Russia accetti di pagare i danni di guerra), la retorica di alcuni leader è immediatamente cambiata. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha detto che l’Ue “deve trovare un quadro per riavviare un dialogo formale” con Putin.
Altri analisti sostengono che il bicchiere è più pieno che vuoto, non solo per l’Ucraina, ma per l’evoluzione futura dell’Ue. In una settimana sono state prese due decisioni senza precedenti, usando espedienti giuridici: passare al voto a maggioranza qualificata su una decisione di politica estera su cui è richiesta l’unanimità (per immobilizzare gli attivi russi a tempo indeterminato) e lanciare una cooperazione rafforzata per aggirare il veto sul debito comune dell’Ue. Si potrà fare di nuovo per l’Ucraina, ma il meccanismo della cooperazione rafforzata potrebbe essere esteso ad alcune delle proposte di Mario Draghi per rafforzare il mercato dei capitali, come il lancio del “safe asset”. Pur sconfitto, alla fine Merz si è mostrato flessibile, così come i leader di altri paesi frugali allergici al debito comune. “Mai avrei immaginato di vedere tedeschi e olandesi accettare in due ore e con tanta facilità uno strumento di debito dell’Ue”, dice un diplomatico.
La telefonata improvvisa