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allarme antisemitismo

“In Europa ci aspettiamo un massacro come a Sydney”, dice Margolin

Giulio Meotti

Intervista al capo dell’Associazione ebraica europea: “Non è questione di se, ma di dove e quando. Alcuni governi hanno smesso di proteggerci. C’è la globalizzazione dell’antisemitismo”

Roma. Nei giorni precedenti il massacro di Bondi Beach, numerose comunità ebraiche europee avevano già deciso di festeggiare Hanukkah al chiuso: niente piazze pubbliche, niente candele ai vetri. Yoni Wieder, rabbino capo d’Irlanda, ha detto che “anche nei momenti migliori alcuni ebrei preferiscono non esporre la Chanukiyah alla finestra”. Lo stesso ad Anversa, in Belgio. Nel quartiere Buitenveldert di Amsterdam, a forte prevalenza ebraica, l’accensione pubblica della menorah nel centro commerciale Gelderland è stata annullata su richiesta dei negozianti. Un centinaio di persone si sono radunate in Place de la République a Parigi per assistere all’installazione della menorah e applaudire l’accensione delle candele per la festa delle luci. E’ stato anche un modo per rendere omaggio alle vittime di Bondi Beach. Ma c’erano più poliziotti che fedeli.

 

La scuola ebraica di Tolosa. Il Museo ebraico di Bruxelles. Il supermercato kosher di Parigi. La Grande Sinagoga di Copenaghen. La sinagoga di Manchester. In Europa il sangue ebraico negli ultimi anni è scorso copioso. Ma Bondi Beach è ora lo scenario che più temono i capi delle comunità ebraiche. “Non è questione di se ma di quando e dove accadrà” ci dice il rabbino di Bruxelles Menachem Margolin, presidente dell’Associazione ebraica europea. “In Europa ci aspettiamo un massacro come a Bondi Beach. Ci sono molte persone qui che hanno i mezzi e la volontà di farlo e i governi non sono forti abbastanza per impedirlo. Stanno invece assimilando dentro le proprie mura l’antisemitismo. Gli ebrei di Bondi sono stati lasciati senza protezione. Avevamo detto ai governi europei, tutti, come a quello australiano prima del massacro: il livello di odio è pazzesco e i governi preferiscono ignorare l’antisemitismo per non mettere in discussione la loro stupida tolleranza. C’è poi una pressione demografica islamica in Europa e ci sono ragioni elettorali: molti sono arrivati in Europa portando il conflitto mediorientale, considerando tutti gli ebrei responsabili. Dove e quando sarà il prossimo massacro? Sono le uniche domande che ci restano a quanto pare”. Alcuni governi stanno facendo meglio di altri. “Ci sono governi più forti, come la Germania e spero l’Italia. Due elementi: protezione e pene severe per gli antisemiti, che devono sapere di pagare un prezzo. Molti governi sono indietro su entrambi. Siamo davvero nei guai in Europa”.

 

Questa estate il volto e il nome di Margolin sono apparsi su una serie di manifesti nelle vie attorno alla sede della Commissione europea con la scritta “Lobby per il genocidio”. In pratica è come mettere un bersaglio. Margolin non ha ancora dismesso la kippah, come altri leader ebraici, religiosi e civili. “Indosso la kippah a Bruxelles e ogni giorno mi offendono per strada” ci dice Margolin. “Ai miei figli consiglio di non indossarla sui trasporti pubblici. Negli ultimi due anni il livello di odio è cresciuto di giorno in giorno. Ci attaccano durante le feste perché odiano gli ebrei e non sopportano di vederli felici. C’è una globalizzazione dell’odio, non c’è più un posto sicuro per gli ebrei fuori da Israele. In Australia abbiamo visto l’alleanza fra islamisti e sinistra radicale”. Due mesi fa, in una lettera ai presidenti di Commissione europea, Consiglio europeo e Parlamento europeo, Ursula von Der Leyen, António Costa e Roberta Metsola, centinaia di rabbini europei guidati da Margolin hanno scritto: “Le nostre comunità ci chiedono costantemente se ci sia davvero un futuro per gli ebrei in Europa. Vi scriviamo chiedendovi di affrontare con urgenza la necessità di rafforzare le misure di sicurezza nei nostri luoghi di culto, negli edifici della nostra comunità e in tutti i quartieri ebraici con protezione armata. Senza queste azioni, temiamo che il senso di abbandono provato dalle comunità ebraiche nei confronti dei loro governi raggiunga un punto critico e, di conseguenza, possiamo aspettarci l’inizio di un esodo di massa degli ebrei europei dalle comunità in cui hanno vissuto, alle quali hanno contribuito e che hanno amato per così tanto tempo, 80 anni dopo la liberazione di Auschwitz”. In caso di assenza di un cambio di paradigma, entro qualche anno sarà finita. “Senza un cambio, l’Europa sarà jüdenrein nei prossimi anni” conclude Margolin. “Gli ebrei se ne andranno. Ma anche l’Europa pagherà: gli ebrei erano qui prima che l’Europa fosse chiamata Europa. E quando ce ne andremo sarà la fine anche per il continente”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.